Call of Duty: Infinite Warfare – Recensione

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Com'è l'appuntamento annuale con Call of Duty?

Call of Duty: Infinite Warfare
Call of Duty: Infinite Warfare – Recensione

L'appuntamento annuale con Call of Duty si chiama Infinite Warfare, sviluppato dallo stesso team che ha creato la serie di Modern Warfare. La trama si fa ancora più futuristica, fino ad arrivare nello spazio in assenza di gravità. Oltre a questo, però, le Edizioni Speciali del gioco includono un Remaster del capitolo più amato di sempre, Call of Duty: Modern Warfare.

Data di Uscita:Genere:PEGI:Sviluppatore:Editore:Versione Testata:

Durante il periodo di promozione per Call of Duty: Infinite Warfare è stato fissato un record in negativo, ovvero uno dei trailer più disprezzati su YouTube. A frenare l’entusiasmo per il nuovo capitolo della serie è stato il background ultra-futuristico, autentica spina nel fianco per i puritani che ancora restano attaccati alle origini del gioco. Non solo armi fantascientifiche, ma anche viaggi nello spazio, battaglie a gravità zero e il famigerato doppio salto grazie ai jetpack: una buona fetta dell’utenza si è sentita tradita dalla voglia di andare sempre di più verso il futuro, ma ci sono anche molti giocatori che hanno accettato la nuova sfida.

Come non si può giudicare un libro dalla copertina, sarebbe sbagliato fare lo stesso anche guardando il trailer di un videogioco: Call of Duty: Infinite Warfare non è poi così male come era sembrato dai video iniziali, grazie ad una campagna variegata, ad un comparto multiplayer ancora divertente e ad una modalità Zombies talmente malsana da creare dipendenza.

Nel gioco ci sono parecchie cose da fare e sfumature da esplorare, come le side quests o la personalizzazione delle armi, ma Infinity Ward pecca nel non aver fatto quel miglio in più. In generale il contenuto è buono, con una tale varietà di gameplay che avrebbe potuto veramente riscrivere alcuni canoni della serie. Ciò però non è successo e ha resto Infinity Warfare solo un altro Call of Duty.

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Spesso per scherzo, (ma a volte anche seriamente) la trama dei Call of Duty viene descritta come sommaria, quasi inesistente e superficiale. Molti giocatori infatti la ignorano completamente, lanciandosi direttamente nel multiplayer competitivo per precedere tutti gli altri e sbloccare così gli armamenti migliori. Visto che un tale comportamento è iconico della serie, per Call of Duty: Infinite Warfare era ancora più difficile far cambiare idea agli utenti e portarli finalmente ad apprezzare la storia. In tutto questo, i trailer iniziali di sicuro non hanno aiutato.

Questo è un peccato, perché la campagna principale di Call of Duty: Infinite Warfare è tutt’altro che scadente e più memorabile di altre, seppur con qualche dettaglio che non le permette di decollare: il semplice fatto che la storia sia interplanetaria permette alla linea narrativa di spaziare tra diversi tipi di gameplay, includendo anche una costruzione con missioni secondarie facoltative. La base è sempre quella, ovvero una lotta tra il bene ed il male, con un cattivo senza pietà ad un manipolo di scagnozzi pronti ad obbedire ai suoi ordini.

L’antagonista principale è l’ammiraglio Kotch, interpretato dal Kit Harington di Game of Thrones. Già solo per questo è quasi impossibile non chiamarlo Jon Snow durante tutta la campagna, anche se non ci sono lupi, pellicce o scene di sesso spinto a contornare la conquista della Galassia. Kotch è a capo del Settlement Defence Front, una associazione indipendentista con l’unico intento di governare Marte e distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Sotto lo slogan “Mars aeternum”, Kotch non ha pietà di nessuno, nemmeno dei suoi sottoposti: “La morte non è un disonore” e questo gli permette di esercitare la sua tirannia su chiunque, senza che nessuno gli volti le spalle.

Come controparte c’è l’UNSA, che difende la Terra da eventuali attacchi nemici, fallendo ovviamente nella prima missione per dare inizio alla trama: il capitano Reyes, controllato dal giocatore, è colui che deve riportare la stabilità nello spazio e garantire nuovamente ai cittadini una vita tranquilla e dignitosa. Circondato da persone fidate, come Salt e Raines, sulla sua strada incontra anche Ethan, un soldato robotico intelligente ed in grado di sfruttare in modo perfetto il suo modulo sarcastico. Ethan è come un fratello, in grado però di aprire una persona in due ed infiltrarsi facilmente nei sistemi di sicurezza.

La campagna principale di Call of Duty: Infinite Warfare è tutt’altro che scadente

L’intera ciurma, eccetto Raines, risiede sull’enorme nave spaziale Retribution, che funge da base operativa durante l’intera trama. Grazie al computer in plancia si può consultare una mappa galattica e scegliere le varie missioni da intraprendere sui pianeti. Nella stanza del capitano ci sono inoltre un computer per archivio ed una bacheca coi ricercati del SDF, denominati Assi e sparsi per la Galassia: per ucciderli tutti non basta seguire la linea principale della trama, ma bisogna anche completare tutte le missioni secondarie.

Per questo conviene capire come muoversi in tutti i tipi di missione: ci sono ovviamente quelle classiche, piedi a terra, che vengono però affiancate da quelle a gravità zero e dalle battaglie spaziali, autentica novità per la serie. Durante le missioni normali in stile Call of Duty, l’approccio viene deciso preventivamente, tramite un’armeria con tutte le armi sbloccate: si può scegliere di stare lontani dall’azione con un fucile da cecchino, oppure lanciarsi senza pensieri con una piccola SMG. Anche in caso di battaglie spaziali, il proprio Jackal può essere accessoriato con diversi cannoni, livree e sistemi potenziati.

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Detto così sembra tutto rose e fiori, ma dove sono veramente i punti deboli della campagna? Risiedono soprattutto nel gameplay, ma ce ne sono alcuni anche a livello narrativo. Prima di tutto, Call of Duty: Infinite Warfare sembra voler fare le cose in grande, ma si ferma proprio ad un passo dal completamento: le missioni a gravità zero sono estremamente interessanti, ma non sfruttate a dovere. È possibile utilizzare un rampino per spostarsi o attaccare i nemici, ma ci si dimentica ben presto della sua esistenza. Ad affossare però questa modalità c’è una gestione approssimativa delle telecamere, che non permettono di capire dove siano i nemici: già è difficile vederli durante le missioni normali, dove sono posizionati in luoghi anche comprensibili, ma provate a pensare quanto questo sia difficile in un ambiente a 360 gradi, dove un nemico può essere anche sopra o sotto di voi. All’inizio della sparatoria, i bersagli vengono segnalati per qualche secondo, per poi confondersi con l’oscurità dello spazio: diventa così impossibile distinguerli e capire da che direzione si viene colpiti e ciò diventa estremamente frustrante a difficoltà Veterano o, ancora peggio, Specialista (equivalente a permadeath).

Per quanto riguarda le battaglie spaziali, il lato negativo è l’evidente ripetitività del gameplay: si tratta di un semplice “cerca, insegui, distruggi”, senza grande varietà tra le diverse missioni. Per quanto sia una novità per Call of Duty: Infinite Warfare, sarebbe potuta essere molto più di impatto. A goderne sono ancora una volta le missioni classiche, che sfruttano tutte le classiche meccaniche di Call of Duty, opportunamente riciclate per essere adattate alle nuove strumentazioni per il giocatore.

A livello di trama, invece, ci sono due punti che non permettono a Call of Duty: Infinite Warfare di essere memorabile, senza nulla togliere alla presenza di missioni secondarie: per quanto le personalità di Reyes, Salt, Raines ed Ethan siano ben costruite, la presenza di Kit Harington non basta per caratterizzare quella di Kotch. Call of Duty: Infinite Warfare ha infatti un nemico anonimo, con un temperamento spietato ma sterile: le sue motivazioni non trovano alcuna base se non quella di rompere letteralmente le scatole ai terrestri. Kotch è lungi dal comportamento di altri cattivi, come quello interpretato da Kevin Spacey. Manca personalità e Kit Harington, dispiace dirlo, non ha avuto la possibilità di far trasparire le sue doti artistiche. Oltre a questo, durante la trama non c’è nemmeno quel colpo di scena che ci si aspetta solitamente da Call of Duty, sia esso banale o clamoroso: non c’è proprio e la trama ne risente parecchio.

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Ciò che resta invece nei suoi canoni è la modalità multiplayer, la cui base è ormai la stessa da tempo. Per quanto Call of Duty: Infinite Warfare possa vantarsi di aver introdotto un valido aggiornamento, ovvero le armi craftabili, sotto sotto si tratta sempre della stessa costruzione, ormai rodata da tutti. Non per questo si può dire che essa non sia divertente, ma sarebbe anche carino aspettarsi qualcosa di più, specialmente da Infinity Ward.

È chiaro che la base del comparto multiplayer sia Black Ops 3, perché fin dall’inizio è notevole la sensazione di essere ancora nello scorso capitolo di Call of Duty. Resta salda la divisione in 6 classi con diverse abilità, ma aumenta la possibilità di personalizzare le varie configurazioni per avere armi differenti o mosse speciali di vario tipo. Nel creare una classe bisogna tenere conto dei 10 punti a disposizione, che permettono di accessoriare al massimo la propria arma, lasciando però scoperti slot del giocatore. Progredendo nella modalità multiplayer si comincia ovviamente a sbloccare nuovo equipaggiamento e a personalizzare al massimo il proprio outfit: la quantità di elementi estetici è qualcosa di incredibile, con un vasto numero di skin e punti nei mirini.

Fin dall’inizio è notevole la sensazione di essere ancora nello scorso capitolo, Call of Duty: Black Ops 3

Se siete puritani dello stile classico di Call of Duty, forse questa notizia non fa per voi: tutti i giocatori sono dotati di jetpack, per saltare in alto o per correre sulle pareti. Una volta presa confidenza con queste meccaniche, esse diventano pura routine durante le partite, insieme alla scivolata tattica. Pare che la strada di Call of Duty sia dunque questa e che gli sviluppatori siano intenzionati a percorrerla ancora per un bel po’ di tempo.

Call of Duty: Infinite Warfare mantiene attivo il sistema delle Scorestreak: esse vanno a variare completamente il modo in cui si attivano le diverse ricompense decise dai giocatori nella propria classe. Non si tratta più infatti di accumulare un certo numero di uccisioni consecutive, bensì di raggiungere punteggi fissati: il modo in cui si uccide un nemico assume dunque maggiore importanza, insieme alle varie situazioni che si possono affrontare sul campo di battaglia.

Il grosso cambiamento nella modalità multiplayer è dato invece dalle armi craftabili. Certe armi possono infatti essere personalizzate ancora più a fondo rispetto a quelle classiche, ma ciò richiede una grossa quantità di crediti interni al gioco: dopo ogni partita si viene ricompensati con della valuta necessaria per sbloccare nuove armi o comprare pezzi craftabili, ma il loro alto prezzo potrebbe portare i giocatori ad utilizzare microtransazioni e portare così nel gioco il famigerato concetto pay-to-win.

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Per la prima volta nelle mani di Infinity Ward, arriva anche la nuova modalità Zombies: i camminatori senza cervello si spostano in un parco divertimenti abbandonato, ma pur sempre colmo di attività e condito con qualche meccanica in più. Zombies in Spaceland è senza dubbio la parte più divertente di Call of Duty: Infinite Warfare, perché unisce 4 giocatori in un’esperienza cooperativa dove i lupi solitari sono condannati al fallimento, oltre ad essere estremamente frenetica e longeva. I personaggi sono quattro semplici ragazzi rinchiusi nella struttura, con un esercito di zombies dietro le spalle che fa contrasto con l’ambiente giocoso e colorato. La struttura del gameplay rimane sempre la stessa: uccidendo gli zombies si guadagnano soldi, utilizzabili per comprare armi, munizioni, accedere alle varie aree della mappa e sfruttare gli elementi ambientali in giro per il parco divertimenti.

Prima della partita si possono scegliere varie carte da utilizzare, che conferiscono bonus temporanei non appena raggiunto un obiettivo. Ovviamente è impensabile essere in grado di sopravvivere in un posto così ostile al primo tentativo: Zombies in Spaceland è fatto apposta per tirare calci nelle gengive dei giocatori, punendoli al minimo errore e costringendoli a ripartire da capo, per esplorare completamente la mappa e scovare nuovi metodi di sopravvivenza.

Zombies in Spaceland è senza dubbio la parte più divertente di Call of Duty: Infinite Warfare

Gestire l’economia è essenziale, perché in certi momenti ci si può ritrovare ad aprire una porta, rimanendo però senza soldi e senza munizioni. Farsi strada a coltellate tra gli zombies è una pessima idea, perché si finisce squartati in pochi secondi, ma non tutto è perduto: una volta finito il countdown che permette la rianimazione, il giocatore non viene messo in modalità spettatore, ma si ritrova in una specie di limbo, una sala giochi dal tono estremamente squallido con mini giochi che farebbero impallidire anche il peggior bar di Caracas. Per ritornare in vita occorre continuare a passare tra le varie attrazioni, come la classica sfida a basket, skeeball o tiro al piattello: insomma, una volta recuperati abbastanza punti per tornare in vita, potete anche decidere di entrare nel portale e lasciarvi alle spalle quella stanza decadente, a meno che non vi venga da pensare “ma sì dai, ancora una partita”. Anche nella mappa principale non mancano le attrazioni visitabili: ci sono scivoli enormi che permettono di tornare indietro fino all’area iniziale, oppure montagne russe per guadagnare qualche soldo in più. L’importante è sparare ad ogni cosa che si muove, pena la perdita del cervello.

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E visivamente com’è questo Call of Duty: Infinite Warfare? Bello, senza dubbio, anche se poco cambia da Black Ops 3, ancora una volta. Non sono stati fatti grossi passi in avanti: Call of Duty: Infinite Warfare mantiene una grafica molto buona, con un frame rate solido e senza compromessi. Nel gioco, inoltre, sono spesso assenti le schermate di caricamento, coperte presumibilmente dalle varie discese con l’ascensore nella nave Retribution: è infatti situazione ordinaria l’essere insieme a Salt nell’ascensore che porta all’hangar o all’armeria. Ciò consiste in qualche secondo di dialogo, dove presumibilmente viene caricata la parte successiva della missione.

Il cambiamento più visibile nella grafica è subito dopo le cutscene: non essendoci appunto una schermata di caricamento, i video vengono istantaneamente affiancati al ritorno nel gameplay. A causa di questo si può notare subito sia la differenza dei dettagli grafici, sia il cambiamento del frame rate da cinematografico a videoludico.

Durante i combattimenti nello spazio è gradevole il colpo d’occhio, specialmente se si può balzare da un asteroide all’altro oppure ruotare su se stessi mentre si insegue una nave nemica. Ancora una volta, il frame rate non sembra essere affatto intaccato dall’azione spaziale, nonostante il numero di elementi fluttuanti sia maggiore, come anche la distanza di rendering. Ovviamente non si può pretendere di avere la stessa qualità grafica di altri giochi in circolazione, ma anche Call of Duty potrebbe comunque fare quel passo in più, soprattutto ora che PS4 Pro è in vendita.

Conclusioni

L’appuntamento annuale con Call of Duty è arrivato e ha già colpito la maggior parte dei giocatori. Poteva andare meglio, ma almeno si è rivelato essere molto più di quello mostrato dal famigerato trailer di qualche mese fa. Call of Duty: Infinite Warfare è infatti un buon gioco, che purtroppo non osa abbastanza col suo contenuto e si piazza nella lunga lista di shooters sul mercato.

Oltre a questo, purtroppo, arriva nel periodo peggiore, poiché deve vedersela con i due ottimi titoli di EA, Battlefield 1 e Titanfall 2, sfornati a breve distanza l’uno dall’altro: molti fan hanno deciso di tradire la propria tradizione per spostarsi su lidi apparentemente più floridi, ma altrettanti hanno voluto fidarsi di Infinity Ward e sono stati parzialmente ripagati.

Call of Duty: Infinite Warfare è senza dubbio uno dei Call of Duty con la maggior quantità di contenuto: una campagna in singolo finalmente munita di side quests è in grado di trattenere il giocatore per qualche ora, anche se la trama non risulta memorabile per colpa di qualche piccola scelta discutibile, mentre il multiplayer continua a divertire senza variare la propria formula. È però Zombies in Spaceland a monopolizzare veramente l’attenzione. Detto ciò, di sicuro ne avete abbastanza per un anno intero, finché un altro Call of Duty non arriverà a cibarvi col solito “more of the same”.

Good

  • Campagna con missioni secondarie
  • Zombies in Spaceland è fantastico
  • Multiplayer ancora divertente...

Bad

  • ...ma poco cambia da Black Ops 3
  • Ripetitività in alcune missioni
  • Trama a volte superficiale
7.5

Niente male

Sta cercando da tempo di trasformare le sue passioni in un vero lavoro. A parte i videogiochi, ciò che sogna è essere regista/sceneggiatore di un film, visto l'amore per fotografia e video-editing. Nel frattempo fa vedere quanto è scarso su Twitch (http://www.twitch.tv/ilcermallo).

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