Call Of Duty: Black Ops III – Recensione

Call Of Duty: Black Ops III – Recensione

Se c’è una sicurezza in questo mondo, oltre la morte e le tasse, è l’uscita annuale di un nuovo capitolo di Call Of Duty. Quest’anno a sviluppare il titolo ci sono i navigati ragazzi di Treyarch, ideatori di quel Black Ops che tanto è piaciuto ai fan degli shooter in prima persona e che ora, sulle console di nuova generazione e PC, arriva all’epica conclusione, con l’ultimo tassello della trilogia. Dopo il poco convincente Ghosts e l’appassionante Advanced Warfare, anche la saga Treyarch sposta le lancette temporali verso un imprecisato futuro, mettendo i giocatori nei panni di un soldato dotato di potenziamenti cibernetici e armamenti futuristici, alle prese con un complotto che mira a mettere in ginocchio il nuovo ordine mondiale.

Partendo da una campagna che purtroppo non vanta la caratura (scenica ed attoriale) del capitolo precedente,Black Ops III si presenta al grande pubblico con un pacchetto davvero ricco di modalità, tra cui ovviamente spiccano il multiplayer online e Zombi, divenuto marchio di fabbrica della serie e tornato nelle sapienti mani dei creatori originali.
Purtroppo però, stiamo sempre parlando di Call Of Duty, uno sparatutto divenuto iconico, eppure ancora terribilmente ancorato a dinamiche di gioco antiquate, ma non per questo incapaci di divertire e intrattenere il giocatore.

 Call Of Duty: Black Ops III

Piattaforma: PS4/Xbox One/PS3/Xbox 360/PC

Genere: Sparatutto in prima persona

Sviluppatore: Treyarch

Publisher: Activision

Giocatori: 1

Online: 2-16

Lingua: Completamente in italiano

Versione testata: PS4

Fin dai primi teaser si era intuita la natura futuristica di questo Black Ops III. Nonostante il tema inizi a diventare ridondante e lo stesso prologo ci racconti scene già viste e vissute in molte altre produzioni, la fitta trama del titolo spinge il giocatore ad assaporare la campagna  con curiosità e incrollabile fede.
Nel 2065 non è raro che le forze armate siano “potenziate” con innesti cibernetici in grado di moltiplicarne le prestazioni sul campo e protesi robotiche che sopperiscano a inutili menomazioni: ogni soldato è una vera e propria arma perennemente connessa, un hardware in movimento, dotato di innesti neurali capaci di scaricare dati, intercettare conversazioni e, all’occorrenza, controllare a distanza apparecchiature elettroniche.
E queste sono solo alcune delle abilità che il vostro protagonista, reduce da un incidente che lo ha devastato nel corpo e nella mente, sarà in grado di compiere.

Una volta terminato l’addestramento, che consiste nel rivivere atti terroristici passati e cercando di evitarli grazie alle nuove possibilità, l’approccio alle singole missioni della campagna cambierà radicalmente rispetto agli standard di Call Of Duty: all’interno di una stanza che funge da Quartier Generale, potrete infatti scegliere con cura l’equipaggiamento da portare in missione, modificandone ogni aspetto e sbloccando eventuali accessori con i kit di fabbricazione ottenuti durante il completamento delle sfide in-game, oppure selezionare il ramo deitalenti multifunzionali più adeguato al vostro tipo di gioco.
Disattivare i robot ostili, prendere il controllo di torrette remote o proiettare uno sciame di nano-droidi contro i nemici sono solo alcune delle svariate capacità sbloccabili nel corso del gioco, ognuna delle quali è migliorabile. Questa introduzione modifica il consueto gameplay a cui siamo da sempre abituati, mettendoci per la prima volta nelle condizioni di organizzare le fondamenta tattiche di missione in missione, cosa che si rivelerà fondamentale soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati.

Ogni soldato è una vera e propria arma perennemente connessa, un hardware in movimento, dotato di innesti neurali capaci di scaricare dati, intercettare conversazioni e, all’occorrenza, controllare a distanza apparecchiature elettroniche

Come sempre, la task force di cui fa parte il personaggio principale farà il giro del mondo; la varietà delle ambientazioni permette di apprezzare il generoso lavoro tecnico e i fatiscenti scheletri di quella che un tempo fu una civiltà all’apice della propria storia, sono una suggestiva quanto riuscita cornice alle cruente battaglie combattute senza sosta.
La varietà dei nemici incontrati vuole in qualche modo giustificare la presenza di così tante abilità disponibili ed è per questo che oltre alla classica fanteria, affronteremo nemici totalmente artificiali, che oltre ad essere molto più resistenti del normale, tenderanno ad ignorare ogni sistema di copertura o salvaguardia, per avere come unico scopo l’eliminazione degli obiettivi designati.
Questo però li rende un facile bersaglio e di conseguenza l’hacking su androidi e droni spesso e volentieri diventa il lasciapassare più sicuro per liberare in fretta una zona ad alto rischio. Ma questo non significa che la campagna di Black Ops III sia facile: dal livello di difficoltà “Esperto” in poi, l’IA diventa molto più agguerrita e il massimo di danni subiti prima di soccombere cala drasticamente, obbligando di fatto il giocatore ad individuare rapidamente i punti deboli nemici e aggredirli con ogni mezzo possibile, sfruttando anche le coperture presenti.

Il numero di antagonisti è molto più alto rispetto al passato ed in più di un’occasione toccherà eliminare interi plotoni di soldati e robot con intenzioni tutt’altro che amichevoli. Talvolta la situazione può degenerare in un vero e proprio inferno di proiettili, dove diventa complesso intuire l’esatta origine del fuoco nemico, aspettando quindi che ci pensino i nostri pigri compagni di squadra.

Fortunatamente ogni membro potenziato della Black Ops può attivare una visione migliorata, una sorta di radar che evidenzia all’istante tutti i pericoli dell’area, le zone ad alto rischio, le caratteristiche di ogni ostile e persino l’arrivo di una granata. Se da una parte lo sfrenato utilizzo di questa feature può facilitare eccessivamente i combattimenti, dall’altra è una novità che si amalgama perfettamente con il contesto narrativo del gioco, strizzando l’occhio a produzioni futuristiche dello stesso calibro.

Per la prima volta nella campagna principale, sarà inoltre possibile personalizzare il proprio alter-ego, scegliendone i tratti somatici (anche se le possibilità sono davvero pochissime) e finanche il guardaroba, grazie ai completi che verranno sbloccati ad ogni missione completata. Le stesse missioni sono state rimpolpate di collezionabili non più fini a se stessi, ma riconducibili ad eventi dei giochi passati, intrecci segreti o curiosità; in più la massiccia presenza di encomi, ottenibili attraverso il completamento di determinate sfide in-game, rendono ogni singolo incarico un’ostica competizione, introduzione ideale per i giocatori più agonistici.
Purtroppo, in un single-player ricco di contenuti è proprio il filone narrativo la parte più debole e incerta. In tutta la prima fase della campagna, la storia fatica a decollare, non riuscendo a prendere una forma chiara e decisa, come è sempre accaduto in passato. I veri obiettivi della squadra restano fumosi, senza motivazione e con improvvisi colpi di scena che fanno perdere momentaneamente la bussola.

Nella seconda metà di gioco, le cose si aggiustano e si riprende parzialmente il ritmo forsennato che ci si aspetta, ma nel complesso sembra proprio che Treyarch non sia riuscita a tenere testa alle contorte macchinazioni mentali che hanno così brillantemente sostenuto i primi due capitoli della serie, perdendosi in un calderone di bivi narrativi non ben esplicitati. Anche l’assenza di una nemesi degna di questo appellativo, com’è statoJonathan Irons (l’eccezionale Kevin Spacey di Advanced Warfare) o Raul Menendez prima di lui, contribuisce alla parziale anonimia di Black Ops III, lasciando un po’ di amaro in bocca a chi la saga l’aveva largamente apprezzata e sperava in una degna conclusione.
La possibilità di giocare ogni missione con altri 3 giocatori online, dona nuova linfa alla spompata campagna in singolo, che finalmente può fregiarsi di un aspetto cooperativo da sempre chiesto dai fan.
Com’è ovvio, non ci saranno palesi differenze tra le missioni affrontare in singolo rispetto a quelle cooperative, ma è innegabile il divertimento di affrontarle assieme ad amici, magari settando al massimo la difficoltà e collaborando per ottenere tutti gli extra.

Nel complesso sembra proprio che Treyarch non sia riuscita a tenere testa alle contorte macchinazioni mentali che hanno così brillantemente sostenuto i primi due capitoli della serie Black Ops

Ma si sa, il cuore pulsante di Call Of Duty è l’immensa modalità multiplayer online, che anche quest’anno si presenta carica di novità: qualcuna sicuramente positiva, qualche altra non troppo convincente.
Ciò che salta subito all’occhio è l’introduzione delle cosiddette classi di Specialisti, personaggi selezionabili che avranno abilità uniche utilizzabili in battaglia. Ogni combattente ha due facoltà speciali, una per l’arma ed una che potenzia le capacità fisiche del soggetto; non possono essere selezionate entrambe, ma il giocatore può decidere match per match cosa è meglio. Nonostante la scelta degli specialisti sia abbastanza generosa (9 in tutto per un totale di 18 abilità, molte palesemente prese in prestito da altri giochi, tipo Destiny), alcuni di questi potenziamenti sono decisamente sbilanciati rispetto ad altri.
Battery ad esempio, può usare un lanciagranate che spara ordigni rimbalzanti dalla potenza devastante, Outriderpuò individuare la presenza nemica, mentre Reaper può letteralmente sdoppiarsi per ingannare il nemico con i suoi cloni di luce. Anche se queste abilità sono temporanee ed i tempi di ricarica sono piuttosto lunghi, accade spesso che squadre composte dai “giusti” specialisti abbia la meglio senza troppa difficoltà, al di là della bravura del singolo.

Per le armi, il discorso cambia drasticamente, con un settaggio preferenziale pressoché illimitato, grazie alla moltitudine di accessori, perks, equipaggiamento aggiuntivo e verniciature da far impallidire. Le armi principali ora hanno un peso maggiore nell’esito degli scontri e sono tutte ben calibrate: la differenza tra l’una e l’altra si riscontra maggiormente rispetto al passato ed il gunplay ne giova moltissimo.

Paradossalmente la notevole personalizzazione che Sledgehammer Games aveva inserito lo scorso anno è andata quasi completamente persa, complice anche una diversa gestione delle casse di rifornimento, che ora vanno acquistate singolarmente al mercato nero, in cambio dei Punti Sblocco ottenuti dopo ogni partita.
Gli specialisti possono modificare solo l’armatura generale e l’eventuale casco di protezione, affiancando a questi la personalizzazione di provocazioni e gesti, con i quali schernire i perdenti una volta terminata la battaglia.

Presenti come sempre le serie di punti (18 totali) che affiancano gli onnipresenti UAV, casse di approvvigionamento e torretta mobile con il gradito ritorno della HC-XD, l’inserimento delle RAPS (gigantesche palle rotanti esplosive) e della Fanteria Robotica di supporto. Un plauso va sicuramente alle mappe di gioco, appositamente per sfruttare al meglio i rinnovati movimenti dei personaggi, che ora possono correre sui muri e saltare più in alto grazie al boost del jetpack, prendendo a piene mani dal riuscito gameplay di Titanfall. La verticalità eccessiva, gli stretti cunicoli e finanche la possibilità di nuotare sott’acqua, favorendo gli agguati alle spalle dei nemici, sono tutte conferme di un egregio sviluppo e consapevolezza di voler portare sugli scaffali un prodotto con un supporto online valido e appassionante. I giocatori si muovono più velocemente senza EXO, scattano, piroettano e concludono epiche eliminazioni avendo il pieno controllo delle proprie possibilità: è il trionfo di quel multiplayer caratteristico ed esclusivo della serie, o si ama o si odia.

Nessuna novità particolare dal punto di vista delle modalità, sempre tantissime, a cui si aggiunge qualche marginale innesto, ma senza troppi clamori, a parte la Corsa Libera che permette ai giocatori di cimentarsi in adrenaliniche gare acrobatiche e l’Arena, dove disputare partite classificate competitive con regole molto più severe e fuoco amico attivo.
Ovviamente torna anche la modalità Zombi, la cui origine è avvenuta proprio grazie alla fantasia di Treyarch. InShadow Of Evil, il primo capitolo disponibile nel pacchetto, un massimo di 4 giocatori potrà cimentarsi in un’ostica prova di sopravvivenza ad orde crescenti di non-morti e altre creature demoniache.

Anche qui il gameplay rimane fedele alla tradizione, con l’aggiunta di piccole novità più o meno rilevanti, come la possibilità di trasformarsi in Bestia, o le boss-fight, che si presentano occasionalmente e rappresentano senza dubbio una sfida per gruppi davvero affiatati. Purtroppo la presenza di una singola mappa e il matchmaking imperfetto (che per fortuna attanaglia solo la modalità Zombi) tendono ad annoiare in fretta, lasciando spazio al multiplayer competitivo, molto più stimolante.

I giocatori si muovono più velocemente senza EXO, scattano, piroettano e concludono epiche eliminazioni avendo il pieno controllo delle proprie possibilità: è il trionfo di quel multiplayer caratteristico ed esclusivo della serie, o si ama o si odia

Black Ops III si difende bene anche dal punto di vista tecnico, grazie ad un motore grafico che mette in risalto la cura e il dettaglio delle ambientazioni così come quelli dei singoli personaggi principali. La fluidità è ancora uno dei punti di forza del brand e come sempre, ci attestiamo su valori che non si muovono dai 60fps, seppur con qualche sporadico rallentamento durante le cut-scene.
I panorami post-apocalittici e l’uso generale di toni cupi e scuri, aiuta ad immergersi nell’idea di un mondo ormai sopraffatto dalla devasta impronta umana, che con le guerre e lo scellerato avanzamento tecnologico ha alterato i meccanismi stessi della natura. Sono occasionali i ritardi nel caricamento delle textures, sia durante le sessioni online che durante la campagna, ma in genere la situazione si normalizza in non più di qualche secondo. Unlevel-design ricercato e riuscito quindi, che trova conferma nello stile utilizzato per creare lo spicchio “cibernetico” della produzione.
Ottimo anche il sonoro, con un doppiaggio in italiano di altissima qualità ed effetti scenici paragonabili ad un blockbuster hollywoodiano, paragone a cui Call Of Duty non si è mai sottratto.

In conclusione…

L’episodio finale della saga Black Ops III non è esattamente quello che ci saremmo aspettati, almeno dal punto di vista narrativo. C’è del buon materiale e soprattutto verso la fine, le sorti di una campagna tendenzialmente piatta si risollevano in men che non si dica. Ma dati gli ottimi precedenti, ci si sarebbe aspettato uno sforzo maggiore, puntando di più sull’individualità che sull’anonimato di squadra.
D’altra parte, Call Of Duty Black Ops III convince pienamente dal punto di vista multigiocatore, con modalità divertenti, un’enorme quantità di nuovi elementi e un gameplay soddisfacente come pochi altri. E’ vero che l’introduzione degli specialisti sposta pericolosamente l’ago del bilanciamento a favore di poche reiterate classi, ma nel complesso l’esperimento è interessante, soprattutto in prospettiva di aggiustamenti e ricalibrazioni tramite patch future.

E’ senza dubbio la grande quantità di contenuti che tiene insieme l’ultima fatica Treyarch, capace di sorprendere come non mai: dall’avventura in singolo all’entusiasmante multiplayer, dalla modalità Zombi all’arcade segreto Dead Ops II, dalle arene e-sports competitive alla possibilità di rigiocare la campagna con il mondo invaso dai non-morti. C’è così tanto da fare, da scoprire e da giocare, che non si può non apprezzare il mastodontico sforzo prodotto dalla software house americana. Non è il Call Of Duty rivoluzionario che aspettiamo da sempre, ma Black Ops III risulta comunque essere uno shooter solido e appagante come pochi.

Voto: 8/10

Amante dei tatuaggi e del buon vino, crede fermamente nella vita extraterrestre. Ha una passione viscerale per i videogames maturata nel tempo, che lo ha portato a scrivere per molte riviste italiane e siti web specializzati nel settore.

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