Back 4 Blood – Recensione

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L'erede spirituale di Left 4 Dead è arrivato: molto spirituale e un po' meno erede

Back 4 Blood
Back 4 Blood – Recensione

Back 4 Blood è lo sparatutto in prima persona cooperativo a tema zombi realizzato da Turtle Rock Studios, il team creatore del celeberrimo franchise di Left 4 Dead.

Da quando Valve fece uscire Left 4 Dead 2 nel 2009, i giochi cooperativi non furono più gli stessi. Ci fu un dilagare di uscite di shooter a quattro giocatori che continuò per parecchi anni, ma che non vide mai una terza iterazione del franchise iniziato proprio da Turtle Rock Studios (all’epoca erano noti come Valve South) con il primo Left 4 Dead. Da dodici anni i giocatori sono orfani di un vero e proprio sequel (spirituale o meno) di quel gioco e nonostante i vari tentativi di ricreare quella strana alchimia fra zombie e sopravvissuti (fra i quali citiamo lo sfortunato Evolve, altro lavoro di Turtle Rock Studios), nessuno ci è mai davvero riuscito.

Non sorprende quindi la decisione di Turtle Rock Studios e Warner Bros Interactive Entertainment di rimettersi al lavoro su di uno shooter cooperativo a tema zombie, che possa diventare finalmente quel Left 4 Dead 3 che Valve non ci darà mai (sappiamo bene che nella compagnia di Gabe Newell non si conta fino a 3). Ed è così che è nato Back 4 Blood, che in tutto e per tutto (nome incluso) vuole scimmiottare Left 4 Dead per farci capire che sì, è proprio lui l’erede spirituale del franchise e che sì, sarà proprio come una volta, ma meglio. Almeno, queste erano le intenzioni dello sviluppatore, perché la realtà è leggermente diversa.

Back 4 Blood deve molto al suo illustre predecessore, ma è profondamente diverso da Left 4 Dead e dal suo sequel, nel bene e nel male. E questo non solo perché lo studio ha abbandonato l’oramai vetusto (ma ancora ottimo) motore Source a favore dell’Unreal Engine, ma per una valanga di fattori che andremo presto a esaminare.

back 4 blood

Gli infestanti “speciali” vi ricorderanno sicuramente qualcosa…

Prima di cominciare questa recensione, devo però fare una doverosa premessa. Chi vi scrive ha giocato per oltre 800 ore a Left 4 Dead 2 esplorando l’allora mondo competitivo che ruotava intorno a quel gioco, quindi la mia opinione sarà un po’ più critica rispetto a quella del recensore medio. Bene, detto questo, iniziamo: abbiamo già assodato che Back 4 Blood vuole a tutti costi dimostrare di essere il terzo capitolo mai arrivato di Left 4 Dead, che vi ricordo essere un gioco estremamente semplice e accessibile, dotato però di una buona profondità (specialmente in PvP). Dopo la sfortunata avventura di Evolve, Turtle Rock Studios si è smarcata dal suo precedente publisher, 2K, e ha intrapreso una nuova strada con Warner Bros. E la decisione di tornare a parlare di zombie e infezioni è venuta praticamente da sé. Per differenziarsi un po’ dal gioco di Valve, Back 4 Blood ci mette nei panni di sterminatori -non di sopravvissuti- gente che di mestiere riempie di piombo gli infestati (non chiamiamoli zombie, i nostri infetti hanno dei parassiti vermiformi che li rendono quel che sono) e pulisce le strade dalle sempre più aggressive e fameliche orde.

Back 4 Blood vuole farci capire farci capire che è proprio lui l’erede spirituale del franchise di Left 4 Dead

I nostri sterminatori iniziali sono quattro: Evangelo, Walker, Holly e Ma’, ma possiamo sbloccare ulteriori quattro personaggi proseguendo nella storia. C’è da dirlo subito: a differenza di Left 4 Dead, Back 4 Blood va giocato esclusivamente online. Certo, potete farvi la vostra sparacchiata offline, ma in questo modo non accumulerete nessun preziosissimo Punto Rifornimento, essenziale per migliorare i vostri personaggi tramite l’acquisto delle (solitamente poco apprezzate) “carte”. Se a nominare le parole “mazzo” e “carte” vi si è acceso un campanello d’allarme o un deja-vu di Battlefront II, beh, non avete del tutto torto. Il gameplay di Back 4 Blood è legato a un meccanismo di carte da gioco che conferiscono precisi bonus in game durante tutti gli atti della campagna principale. A seconda del nostro schieramento di carte (e di quelli dei compagni e delle compagne) potremo essere più forti in mischia, rianimare i caduti più velocemente, correre per più tempo, avere munizioni in più e via dicendo. A contrastare questo elenco di power up ci penserà il Game Director, sostanzialmente l’IA del gioco, che schiererà alcune speciali Carte Corruzione pensate per rendere la vita difficile agli sterminatori. Come avrete capito, il mix di carte renderà ogni approccio agli atti della campagna leggermente diverso rispetto al precedente, in modo da non risultare mai un’esperienza identica.

back 4 blood

L’uscita dalla Safe Room, esattamente come i vecchi tempi.

Ora, non voglio dire che il sistema di carte non sia funzionale – lo è eccome – ma semplicemente (opinione personale) tende a frustrare il/la giocatore/giocatrice, già preoccupato/a a cercare armi, potenziamenti per le stesse e loot vario durante le varie run e obbligato/a a reperire sul campo i famosi Punti Rifornimento per acquistare nuove carte. Se da un lato questo sistema di progressione rende il gioco più vario, dall’altro si rischia di cadere nel grinding che, diciamocelo, non è che sia un granché piacevole. Comunque, i potenziamenti sono acquistabili in un apposito hub di gioco denominato Fort Hope (altra grossa differenza col franchise di L4D), una sorta di insediamento fortificato dove potremo pianificare le prossime mosse, preparare uno o più mazzi e testare le armi in un apposito poligono di tiro. Insomma, tutto secondo il vademecum del sopravvissuto all’apocalisse zombie. 

La progressione è legata a un meccanismo di carte da gioco che conferiscono precisi bonus in-game

Il gameplay nudo e crudo di Back 4 Blood è più o meno simile a quello di Left 4 Dead: si va da un punto A a un punto B nella mappa, ammazzando tutto quello che c’è nel mezzo. Di solito l’obiettivo principale è arrivare alla Safe Room successiva (una sorta di checkpoint dove potersi curare liberamente e acquistare armi) in modo da portare a casa la pellaccia e prepararsi per il prossimo step. Ho detto che è “più o meno” simile a L4D perché non è proprio la stessa cosa: manca il bash (il colpo con il calcio dell’arma che allontanava gli infetti), lo smembramento degli zombie non è proprio il massimo, così come le animazioni e i modelli delle ustioni (diventano arancioni dopo una molotov!). Interessanti invece la presenza di “intermezzi” fra le meccaniche di gioco che danno varietà al gameplay e spezzano la monotonia: trovare una safe room subito per poi essere costretti a recuperare qualcuno, picchiare degli infetti col braccio morto di un uomo per aprire una porta biometrica e molti altri stratagemmi narrativi aggiungono varietà e soddisfano chi cerca un’esperienza meno lineare rispetto al classico. Il resto invece è quello che ci si aspetterebbe dal seguito spirituale di Left 4 Dead: infestati speciali (chiamati mutazioni) che fungono da mini boss e boss del livello, orde di infetti che ci tormentano, difficoltà sempre crescente e una modalità PVP chiamata “Sciame.”

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Si tratta sostanzialmente della controparte della modalità “avversario” di Left 4 Dead 2. Una fazione, composta da quattro player, impersonerà gli umani e affronterà uno scenario contrastato da altri quattro giocatori che utilizzeranno gli infestati mutati (gli infetti “speciali”, insomma) che cercheranno in ogni modo di fare la pelle agli Sterminatori. Nulla di nuovo quindi, ma solo una bella (e divertente) modalità per sfidarsi in maniera competitiva con amici e giocatori/giocatrici online. Da notare la possibilità di giocare in cross-play, abbandonando quindi i limiti imposti dal proprio sistema di gioco casalingo. Inutile sottolineare quanto la possibilità di giocare con gli amici renda Back 4 Blood molto più divertente, proprio come i “vecchi tempi” di Left 4 Dead 2. È proprio il gioco multigiocatore duro e puro a rendere il grinding meno pesante, le sessioni più coinvolgenti e l’intera formula molto più riuscita. Di questo c’è sicuramente del buono da riconoscere a Turtle Rock Studios.

Il mix di carte renderà ogni approccio agli atti della campagna diverso rispetto al precedente

A livello tecnico, il gioco non fa gridare certo al miracolo: l’Unreal Engine 4 rende bene le deformazioni degli infestati e le ambientazioni tetre dell’apocalisse zombie, tuttavia ci sono stati tanti (troppi) cali di framerate anche con un hardware estremamente performante (esperienza PC) oltre che qualche bug, lag e compenetrazione poligonale. Nulla che non sia sistemabile con un po’ di lavoro, ma è bene segnalarlo. Discreto il gunplay, tanto che spesso ci si sente dentro uno sparatutto vero e proprio, come Battlefield. Ottimo invece il comparto sonoro, con un sorprendentemente valido doppiaggio in lingua italiana che aggiunge un po’ di immersività al calderone zombesco di Turtle Rock. C’è poi qualche dubbio su come verrà mantenuta la continuity post lancio, dato che è chiara l’intenzione di Turtle Rock Studios di monetizzare il più possibile il gioco inserendo update a pagamento. Probabilmente si parla di campagne aggiuntive con nuove Mutazioni, carte e quant’altro. Lo studio ha già dichiarato di non voler dividere la community di gioco: se il “capo gruppo” della lobby avrà il DLC, anche tutti gli altri giocatori potranno usufruirne. Scelta interessante, ma ancora rimangono alcune domande che troveranno risposta solamente quando questi fantomatici contenuti saranno usciti e se la community sosterrà Back 4 Blood. 


Conclusioni

Back 4 Blood non è Left 4 Dead 3. È diverso, sotto molti punti di vista: certo, è chiaramente ispirato al leggendario sparatutto post-apocalittico, ma è anche divergente da quella visione, in molti modi. Dal sistema di crescita dei personaggi, una novità inesistente nei giochi di Valve, alle varie combinazioni di armi e equipaggiamento fino al mazzo di “carte” da utilizzare in combo con i propri compagni per rendere il gioco meno ostico. Senza dimenticare poi il sistema di combattimento vero e proprio, che differisce pesantemente dal passato (e non è detto che sia una cattiva cosa). 

Invece, Back 4 Blood è un nuovo tentativo di riportare alla ribalta un meccanismo di gioco sicuramente datato ma ancora dannatamente divertente, che aveva urgente bisogno di una svecchiata per essere nuovamente popolare. E un bel trattamento ringiovanente agli zombie è stato fatto: il titolo di Turtle Rock Studios è veloce, frenetico, divertentissimo in compagnia e abbastanza profondo da coinvolgere giocatori e giocatrici per diverse ore. Certo, non tutti gli appassionati di Left 4 Dead gradiranno il sistema di carte e il combattimento divergente dalla serie che amavano, ma è così un po’ per tutte le novità. Come ho detto, Back 4 Blood non è Left 4 Dead 3. Ma forse questo è il suo vero punto di forza.

Back 4 Blood è disponibile in formato fisico da GameStop Italia.

 

La recensione di Back 4 Blood è stata realizzata grazie a un codice fornitoci da Turtle Rock Studios.

Good

  • Divertentissimo zombie shooter in multigiocatore
  • Gioco frenetico e cross play
  • Riprende le meccaniche di Left 4 Dead...

Bad

  • ... Ma gli manca qualcosa per essere il suo vero erede
  • Sistema di carte confusionario
7.5

Niente male

Nato nel medioevo videoludico, i fantastici anni ’80, Amedeo è cresciuto con i grandi classici del gaming, passando per tutte le console sulle quali riuscisse a mettere le mani. Appassionato fino alla morte di Star Wars e The Witcher, vive fra mondi fatti di LEGO e GDR cartacei. Nel tempo libero gli piace dare legnate in palestra e leggere libri.

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