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ADR1FT – Anteprima E3 2015

Los Angeles – Saranno anche degli indipendenti, ma i ragazzi di THREE ONE ZERO non sono certo degli sprovveduti. Del resto, non ci si inventa mica a caso un nuovo genere di intrattenimento videoludico, che il team con base a Santa Monica ha fieramente ribattezzato FPX: First Person Experience. E a ben vedere non possiamo trovare definizione migliore per questo ADR1FT, il titolo d’esordio di questa squadra di appassionati: un’esperienza immersiva da levare il fiato in quel che resta di una base spaziale in orbita, immersi in una solitudine totale a gravità zero dove il poco ossigeno rimasto finisce per diventare l’unico sottile confine tra la vita e la morte. Un’avventura in prima persona, resa ancor più “prima persona” dalla compatibilità al visore di OculusVR, di un perfetto sconosciuto che si risveglia inconsapevole in un teatrino sull’orlo del tracollo, dove nessuno può sentirti gridare e dove, a migliaia di chilometri dalla Terra, ogni minimo errore può costare caro.

L’idea alla base di ADR1FT, un miscuglio ben bilanciato di terrore fantascientifico preso a piene mani dalla cinematografia Hollywoodiana (qualcuno ha detto Gravity?), è semplicemente geniale. In un mercato videoludico sempre più proteso alla realtà virtuale, sogno bagnato di molti giocatori solo cinque anni fa e oggi già pronta a saturare il mercato con una serie di apparecchi uno più prodigioso dell’altro, THREE ONE ZERO compie la classica mossa vincente, colmando quanto più possibile il dazio legato all’immancabile inesperienza con un prodotto che ruota interamente attorno al concetto di immersione.

Pur essendo disponibile anche in versione “tradizionale” (quindi senza caschetti o altre diavolerie simili), ADR1FT nasce con la realtà virtuale stampata in fronte: e lo fa con cognizione di causa, con la consapevolezza che non servono armi futuristiche, mostri enormi o esplosioni alla Micheal Bay per intrattenere in questa nuova dimensione di gioco. Basta un silenzio assordante, interrotto da qualche suono sporadico di uno sportello elettronico che si apre, e una stazione orbitante misteriosamente svuotata in procinto di collassare, asettica, accecante tanto a tratti è luminosa. E, già che ci siamo, aggiungeteci pure una passeggiata nello spazio facendosi strada tra satelliti in fiamme e rottami alla deriva. Fidatevi, non serve altro per perdere completamente il contatto con la realtà.

Sulla storia di ADR1FT, in realtà, non sappiamo molto più di quanto vi abbiamo detto nelle righe precedenti. Nei panni di un misterioso cosmonauta, ci risvegliamo in una base orbitante pericolosamente vicina al tracollo. Chi siamo, perché siamo lì e, soprattutto, perché non ci sia anima viva in tutta questa desolazione è un mistero. E toccherà a noi trovare tutte queste risposte, cercando tra le varie cose di sopravvivere e riportare la pellaccia a terra. Il che non sarà affatto cosa semplice, visto lo stato della struttura e i milioni di inconvenienti che, da un’istante all’altro, possono verificarsi nello spazio aperto.

Partiamo dalle cose più importanti: nonostante la struttura in prima persona, ADR1FT non è uno sparatutto. La demo che abbiamo provato presso la Permanent Room di 505 Games è solo un assaggio del gioco completo, che tuttavia non prevede l’utilizzo di armi da fuoco nel modo “tradizionale”. A ben vedere, non sappiamo nemmeno se in tutto il playthrough incontreremo altri esseri viventi al di fuori del nostro alter ego, al che un approccio “combat” del genere è completamente assurdo. Piuttosto, quello di THREE ONE ZERO è un’avventura nel vero senso del termine, focalizzata quasi interamente sull’esplorazione degli scenari meravigliosi (interni e soprattutto esterni) di cui si compone il titolo e sulla risoluzione di puzzle ambientali di matrice prettamente fisica.

Qualcosa dell’ordine di aprire una porta bloccata riattivandone i circuiti elettrici interrotti, di riparare parti di un satellite per ripristinare (almeno in teoria) una qualche comunicazione o di abbattere ostacoli e detriti che impediscono di procedere in una determinata area. Le casistiche possibili di ADR1FT sono ragionevolmente varie, e derivano da un level design non solo sontuoso agli occhi, tanta è la cura a ricreare la dimensione spaziale in cui ci muoviamo, ma anche architettato a tavolino dallo sviluppatore per rendere difficilissima la vita a chi gioca.

Perdersi all’interno dei vari moduli, almeno nelle battute di gioco iniziali, sarà la norma. Aggiungiamoci la difficoltà nel manovrare il nostro alter ego a gravità zero (specie nella variante in VR) e le rotazioni che il suo corpo subisce non appena viene in contatto con un altro corpo e capirete da soliperchè, inizialmente, vi sentirete davvero al limite dell’inerme. A tal riguardo, la fisica di gioco è esemplare: non solo perchè ricrea alla perfezione il comportamento di un corpo rigido all’interno di uno spazio antigravitazionale, ma – e soprattutto – perchè calcola in real time un’elaborata serie di formule matematiche tutto tranne che basilari, in modo da dipingere su schermo un modello verosimile oltre ogni previsione.

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Nel corso della nostra prova, ad esempio, avvicinandoci ad un’enorme porta abbiamo “sbagliato le misure”, andando ad urtare con la parte destra del corpo un montante posizionato nelle sue vicinanze. Nemmeno il tempo di correggere il malfatto et voilà, l’urto contro una struttura fissa ha impresso un momento al nostro corpo, che ha iniziato a ruotare lentamente facendoci perdere ulteriormente ogni parvenza di equilibrio. Una sensazione che già nelle versioni non a realtà virtuale si fa apprezzare moltissimo: provate ad immaginare con un Oculus piantato in testa. Certo, si tratta di piccoli accorgimenti che, in molti casi, rischiano anche di passare inosservati (bastava inforcare correttamente la porta e non ce ne saremmo mai accorti): essi, tuttavia, denotano un lavoro certosino dello sviluppatore, intenzionato a portare alla luce un’esperienza sì fantascientifica, ma quanto più reale possibile.


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A favorire questa immersione nell’universo di ADR1FT contribuisce anche un control schema estremamente essenziale, che non necessita (almeno sulla carta) di un lungo rodaggio: basteranno poi le frequenti situazioni “a testa in giù” a rendervi la vita molto più difficile. Stick sinistro per muoversi sull’asse, stick destro per la rotazione, trigger posteriori per alzarsi e scendere di quota e quadrato per afferrare gli oggetti fluttuanti. Niente di più; peccato che, quando vi ritroverete al di fuori della navetta ad osservare casa vostra dall’altro, raccogliere una tessera magnetica che volteggia ad una decina di metri sarà tutto tranne che una passeggiata.

L’unico pericolo che correrete al di fuori della base (non che all’interno non ve ne siano, ma nella nostra prova non ne abbiamo incontrati di significativi) e che, guardacaso, ha sancito la fine della nostra prima esperienza spaziale in VR, è l’ossigeno: nella parte inferiore a destra dello schermo troverete infatti un simpatico indicatore OXY, il cui socpo altro non è se non informarvi sulla quantità della preziosa miscela rimasta all’interno delle bombole. Come ogni astronauta che si rispetti, il tempo a vostra disposizione “in cielo aperto” dipende in modo insindacabile dalle vostre risorse di ossigeno, sicchè prima di avventurarvi tra le stelle fareste bene a riempire le bombole all’inverosimile.

Anche perchè, vale la pena sottolinearlo, una volta “fuori” non sarà così facile ricaricarle. E vuoi perchè buona parte dei task che saremo chiamati a compiere ci faranno volare da una parte all’altra della struttura esterna, vuoi perchè basta una semplice rotazione del nostro alter ego a farci perdere ogni eventuale riferimento (e ve lo possiamo garantire, è esattamente quanto successo a noi con Oculus Rift, nonostante i nostri sforzi per mentenere equlibrio e orientamento) si finisce rapidamente per consumare più OXY di quanto stimato inizialmente. E, inutile sottolinearlo, potete pure dire addio al vostro orticello sul pianeta Terra.

Da un punto di vista tecnologico, la versione PS4 del titolo (per la quale non è disponibile al momento il supporto a Morpheus) ci è sembrata estremamente nitida e dettagliata, con una cura del dettaglio encomiabile e una realizzazione delle strutture volumetriche e particellari esemplare. Il grado di realismo della base spaziale, così come degli squarci “aperti” con la Luna o la Terra in lontananza levano il fiato tanto sono ampi, e la presenza di oggetti (inermi e non) che gravitano placidi nello spazio rende il tutto ancora più evocativo. Ottimo anche il sistema di illuminazione degli interni, così come geniale a dir poco è l’alternanza del ciclo giorno/notte del nostro pianeta, che potremo osservare comodamente in orbita… sempre se avremo tempo di farlo.

Inutile dire che quanto visto su PS4 trova ulteriore conferma su PC, con un frame rate ancora più alto e una fluidità, già ragguardevole su console, ancor più evidente. Ottima la prova sul campo anche della variante per Oculus Rift, che pur “sporcando” parzialmente la resa visiva di ADR1FT (la risoluzione non era ottimale, così come il livello generale del dettaglio – tutte cose che saranno chiaramente sistemate da qui alla release date del visore) regala un’immersione senza precedenti. E forse è il caso di dire che, per un titolo come questo, gli aspetti tecnologici passano in secondo piano rispetto a quanto riesce a regalare la realtà virtuale. Certo, manca ancora un po’ di lavoro per percorrere questa strada senza incertezze: ma le premesse sono sensazionali.

Lo spazio non è mai stato così reale. 

 

Difficilmente prima d’ora mi ero mai sentito tanto in ansia di fronte ad un videogioco, come con ADR1FT. Sarà per il silenzio surreale di una base lunare disabitata a svariati chilometri sul livello del mare, sarà per quell’impressione di “esserci davvero dentro” che il visore di Palmer Luckey è riuscito a trasmettere in una decina di minuti di prova, ma il titolo d’esordio di THREE ONE ZERO ha delle potenzialità al limite dell’incredibile. Un’esperienza che ti scalda il cuore, quando ti ritrovi in orbita e piegando la testa verso il basso ti fa vedere la Terra; che ti fa sentire quasi onnipotente, quando ti fa fluttuare liberamente tra satelliti dismessi mentre le radiazioni solari irradiano la tua tuta e la Luna si nasconde dietro il nostro pianeta. Che ti trasmette un’ansia senza uguali, quando la riserva di ossigeno inizia a calare, e le spie all’interno del casco iniziano a suonare e a colorarsi di rosso.

Ed è a quel punto che ADR1FT mostra il suo lato “crudele”, mettendo alla prova il sangue freddo del giocatore. Giocatore che dovrà riuscire a mantenersi lucido mentre il suo corpo ruota senza gravità, mentre il sotto diventa il sopra e viceversa, mentre ogni riferimento pare svanire in pochi secondi. Il tutto, avvolti in un silenzio che sembra fracassare i timpani, interrotto soltanto da qualche tonfo ovattato in lontananza e dal respiro sempre più pesante e veloce di un povero astronauta, solo nel mezzo dello spazio più profondo. Lo spazio non è mai stato così reale.