Returnal – Recensione

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Un ouroboros di sofferenza e soddisfazione

Returnal
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Combatti per sopravvivere su un pianeta ostile che cambia a ogni morte. In Returnal i giocatori possono cambiare istintivamente modalità di fuoco utilizzando un solo grilletto adattivo e tornare in azione dopo la morte in pochi secondi grazie a tempi di caricamento virtualmente istantanei.

Data di Uscita:Genere:, PEGI:Sviluppatore:Editore:

Effettuare un atterraggio di emergenza su un pianeta sconosciuto, ricevere un criptico messaggio nel bel mezzo della discesa e, come prima cosa, trovarsi davanti al proprio cadavere, non è proprio il massimo. È così che prendono il via Returnal e il viaggio di Selene, la protagonista dell’atipica esclusiva PlayStation 5 targata Housemarque. E no, tranquilli, nessuno spoiler.

Anche perché la morte, in questo caso, è solo l’inizio e il mezzo di un viaggio lungo, anzi, potenzialmente infinito: un eterno ritorno, un ouroboros che si morde perennemente la coda, pronto per essere spezzato dal giocatore, DualSense alla mano. Non sarà semplice, ci teniamo a dirlo sin da subito, ma al contempo, sappiate anche che il bello è proprio quello: prendere o lasciare.

Ecco perché qualche riga più in alto abbiamo parlato di “atipica esclusiva”: perché non succede tutti i giorni di vedere un così peculiare mix di generi e meccaniche, un rischio, un esperimento (spoiler: riuscitissimo), piazzarsi così prepotentemente davanti le luci della ribalta. Ed è ancor più raro vedere uno shooter un po’ platform, tanto roguelite, ricevere il supporto di un publisher come Sony, che lo ha persino collocato come produzione di punta della sua ammiraglia next-gen che, come la concorrente, ancora arranca un po’ (siamo ancora nel mezzo di una pandemia, del resto). Attenzione però: non commettete l’errore di sdoganarlo come un mero contentino in tempi di magra.

Returnal non è un gioco per tutti, ma chi è pronto ad accettare la sua sfida ritroverà tra le sue mani qualcosa di speciale, questo è poco, ma sicuro.

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Abbiamo anticipato un po’ di ciò che potrete aspettarvi da quest’esclusiva PS5, ma proviamo a semplificare ancor di più le cose citando qualche corrispettivo videoludico (o non solo) per descriverlo ancora meglio: immaginate un incrocio tra il gameplay di Vanquish, velocissimo e adrenalinico, mescolato a una gestione dei livelli randomica ma non procedurale, al massimo “modulare” (un po’ come visto in Mothergunship), e aggiungete al mix un tocco di platform e inquietanti sequenze narrative vissute in prima persona (in contrapposizione alla visuale in terza che avrete in azione).

Inserite il tutto in un bicchiere tratto dal merchandise di Prometheus (per atmosfere e comparto artistico), una narrazione centellinata ma comunque compatta, nonostante la frammentazione tipica del genere (un po’ come fatto, in quel caso divinamente, da Hades), e mandate tutto giù. Le influenze sono molteplici (sia visivamente che ludicamente), ma il talento di Housemarque è su vari fronti, a partire dalla capacità dei finlandesi di far convivere egregiamente tra di loro tutte queste anime, e di spingere un po’ più in là le frontiere di un’etichetta (più che un “genere”) estremamente particolare, provando a sdoganarlo a un pubblico decisamente più ampio del normale.

Returnal è un mix riuscitissimo di tante anime e meccaniche

Il risultato, come anticipato, funziona alla grande, ma nutriamo qualche dubbio sull’universalità che un’esclusiva per una home console punta sempre ad avere. Non che sia una legge scritta, come dimostra ampiamente un capolavoro del calibro di Bloodborne (e le sue 2 milioni di copie vendute), ed è chiaro come il rischio di Sony sia comunque calcolato.

Non fosse chiaro il motivo del nostro dubbio, entriamo ancor più nel dettaglio delle meccaniche principale di Returnal, che come si evince dal nome ha al centro della sua esperienza il concetto di “ritorno”, di una non-fine che impedisce alla protagonista di trovare la libertà dal pianeta Atropo su cui è piombata, o quantomeno la pace dalle spoglie mortali. Ogni morte sul campo di battaglia si traduce infatti con un ritorno all’inizio, al momento del devastante impatto: lo dimostrano i cadaveri sparpagliati della protagonista in ogni angolo dei vari biomi di cui è composto il pianeta o gli audio-diari che lei stessa ha disseminato qua e là, utile a farci capire qualcosa di più sul suo destino, sul limbo in cui è intrappolata, ma anche sul passato dei misteriosi abitanti del pianeta.

Pare trattarsi di una civiltà evoluta ma apparentemente estinta che ha lasciato tracce (anche nella forma di glifi da tradurre), ologrammi e tanta tecnologia, tra potenti armi, portali e dispositivi che Selene potrà sfruttare per fabbricare oggetti (di cura e/o di supporto) o reperti con cui migliorare le proprie statistiche, o ripristinare l’integrità della sua tuta, o persino ottenere una seconda chance prima di ritornare all’inizio del giro dell’oca.

Returnal rinvio data uscita

A ogni nuovo inizio avremo (noi e la protagonista) coscienza di quanto sta accadendo, di questa non-fine in questo non-luogo, di questa ineluttabilità, ma poco altro dal precedente viaggio: manterremo il prezioso etere, una delle valute presenti (insieme agli oboliti ottenuti dai nemici, che al contrario, spariranno ogni volta), così come alcuni selezionatissimi oggetti chiave ed elementi necessari per combattere (come una cazzutissima spada laser fondamentale per distruggere gli scudi) ed esplorare gli anfratti del pianeta (rampino, teletrasporto e altri gingilli che non vi sveleremo). Lo stesso vale per la nostra conoscenza e dimestichezza con le tante armi che troveremo in maniera completamente casuale, ognuna dotata di fuoco secondario (limitato da un cooldown più lungo, in contrapposizione al più corto di quello primario, vincolato a un sistema di ricarica attiva à la Gears of War che rende tutto ancor più elettrizzante e rischioso) e tratti, potenziamenti di vario genere da apprendere usandole il più possibile, e da mantenere negli usi futuri. E, cosa più importante, i boss affrontati potranno essere ignorati, e ci verranno offerte scorciatoie per raggiungere i biomi successivi.

A ogni nuovo inizio avremo coscienza di quanto sta accadendo, di questa non-fine in questo non-luogo, di questa ineluttabilità, ma poco altro dal precedente viaggio

Il resto, faticosamente conquistato, sparirà in un soffio, e via, verso nuovi orizzonti, pressoché nudi, in un pianeta diverso dal precedente: già, perché come se non bastasse, oltre alla variegata e incazzatissima fauna pronta a sputare milioni di proiettili e raggi laser (in alcuni momenti vi sembrerà di giocare a Ikaruga – o a Resogun, per restare nel recinto di Housemarque -, come in una delle boss fight, tra le più belle viste negli ultimi anni, ndr), le varie sezioni o “stanze” di cui è composto ognuno dei 6 biomi presenti (tra ghiaccio, deserti, e persino gli abissi) cambieranno disposizione, delle stesse e di porte, oggetti e nemici al loro interno. Ci saranno luoghi opzionali che prima non c’erano, ora custodi di un forziere o un sarcofago pieno di oboliti, ora di un mid-boss che vi massacrerà con un colpo o giù di lì, stanze di passaggio tranquille e silenziose in cui tirare il fiato prima di un’arena in lockdown da cui poter uscire solo vivi, o prima di un altrettanto silenzioso altare in cui rivivere momenti chiave dell’antica civiltà che abitava il pianeta.

Come detto di procedurale non c’è nulla, sono tutte stanze “pre-confezionate”, ma sono davvero tante, e, per quanto identiche visivamente, difficilmente vi indurranno alla stanchezza, anzi: le poche differenze basteranno a dare un tocco di novità (dopo decine e decine di cicli ci è capitato di trovare trappole mai viste, ad esempio), e con l’esperienza apprezzerete la familiarità di alcune stanze, che vi permetteranno di affrontare con un minimo di cognizione le tante minacce incontrate.

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Che sì, sono tante, agguerritissime, animate da una IA sublime e vi ammazzeranno con una facilità estrema, tra cure scarse (via fiale di silfio acquistate, o frammenti grezzi trovati in giro), e tutta una marea di bonus e malus che vi appiccicherete addosso con i parassiti, creaturine che vi daranno dei benefici (in cambio però di grane non indifferenti), o con le avarie, delle maledizioni associate a forzieri e oggetti maligni che potrebbero (il caso e la fortuna la fanno da padrone in Returnal) infestarvi con qualche fastidioso effetto collaterale (dalla mappa non funzionante all’indebolimento delle difese, da una pozza di acido lasciata dai nemici fino all’impossibilità di afferrare nuove armi), da risolvere svolgendo delle mini-task (aprire un forziere, uccidere un tot di nemici e così via). Insomma, ogni minimo gesto ha delle ripercussioni, e starà a voi decidere se rischiarvela per recuperare delle cure potenzialmente letali, o se ignorare e provare a giocare sul sicuro. Solo una cosa è certa, anzi, due: che morendo tornerete all’inizio (ma ci sono modi per avere qualche possibilità extra), e che se c’è un gioco che riesce genuinamente a restituire la sensazione di trovarsi soli su un pianeta realmente sconosciuto e inospitale, beh, quel gioco è Returnal.

Se c’è un gioco che riesce genuinamente a restituire la sensazione di trovarsi soli su un pianeta realmente sconosciuto e inospitale, beh, quel gioco è Returnal

Ad arricchire quella sensazione ci pensa lo splendido comparto artistico, con biomi che peccano di varietà strutturale ma non visiva, e forti influenze provenienti tanto dal filone sci-fi (Alien, Prometheus e affini), dalla pittura più morbosa di visionari come Beksiński, e dagli orrori lovecraftiani, riscontrabili non solo nei convincenti design dei nemici, stracolmi di tentacoli, ma anche nelle location che incontreremo nel nostro incerto cammino. Il tutto in 4K e 60 fps fluidissimi e pressoché mai scalfiti, nemmeno nelle situazioni più concitate (che saranno la norma), e anche senza l’immancabile patch D1, che però, almeno per la nostra esperienza, ha davvero ben poco da sistemare: tolta qualche sporadica compenetrazione e confusione in alcune azioni (come un aggancio mancato, o un input erroneo verso un elemento diverso da quello desiderato), Returnal funziona egregiamente. Al massimo ci piacerebbe vedere qualche lieve correzione all’interfaccia utente, non sempre chiarissima (soprattutto il design degli oggetti da raccogliere), qualche ammorbidimento ad alcune animazioni un po’ legnose, e all’algoritmo che regola la disposizione di stanze e oggetti, dato che ci sono capitate alcune run decisamente troppo ostiche e stracolme di nemici, ma a dirla tutta fa parte dell’esperienza punitiva che Housemarque vuole offrire, coerente peraltro con il concept stesso del gioco, quindi non ce la sentiamo di considerarlo un vero e proprio demerito, ma lo segnaliamo per chi non è altrettanto ben disposto ad accettare le manovre del Fato (o chi per esso).

Returnal

Ottimo anche il sistema di illuminazione, che regala momenti sbalorditivi in alcuni frangenti, così come gli effetti particellari di laser, pioggia, sabbia e tutti gli elementi che coinvolgono i differenti biomi su cui Selene metterà piede. La struttura chiusa dei livelli aiuta in tal senso, ma il lavoro e la pulizia garantiti dal team finlandese sono encomiabili anche sotto quell’aspetto, impreziosito peraltro da un comparto audio di primo livello (sia in termini di effetti sonori, tanto in-game quanto prodotti dal controller, che di accompagnamento sonoro), e da un utilizzo intelligente e convincente delle feature esclusive del DualSense, tra la vibrazione che enfatizza ogni minimo elemento (il tintinnio della pioggia incessante del primo bioma è un ottimo esempio), e un utilizzo funzionale dei grilletti adattivi, con il fuoco secondario che è attivabile unicamente facendo scorrere il grilletto sinistro lungo tutta la sua corsa, mentre fermandosi a metà si mira normalmente (ci vuole un po’ ad abituarsi, ma si è rivelata una soluzione più comoda del previsto).

Tra i punti di forza di Returnal c’è anche la sua longevità, complice delle interessanti trovate legate all’online

Ciliegina sulla torta: come se non bastasse, Returnal può potenzialmente tenervi impegnati molto, molto a lungo. Completare i singoli biomi, sulla carta, non porta via chissà quanto tempo, ma tra l’ostico tasso di difficoltà e la necessità di prendere dimestichezza con le sue meccaniche, anche solo per vedere i titoli di coda vi ci vorrà un po’ (tenendo conto di un bel po’ di tentativi, a noi è servita una ventina di ore circa). Ma per spolparlo per intero, raccogliendo tutti gli elementi presenti in banca dati, sbloccando tutti i tratti delle singole armi, e vedere tutto ciò che ha da offrire, il monte ore garantito salirà vertiginosamente.

Per non parlare degli elementi online che il team ha previsto, come delle tostissime sfide giornaliere (con ricompense e leaderboard da scalare) e una intrigante meccanica presa in prestito da Nioh, ma reinterpretata: in giro per le stanze troverete gli ologrammi di altri giocatori in carne ed ossa, che vi mostreranno gli ultimi momenti della loro morte, e sacrificando etere potrete decidere di saccheggiarne il cadavere, o di vendicarli fronteggiando i nemici (o il boss) che li hanno massacrato, garantendovi così premi e sfide ancor più elettrizzanti. Insomma, anche a gioco concluso, tra la generazione randomica e le mille variabili che il gioco offre, avrete di che divertirvi con Returnal per settimane, se non mesi.

Conclusioni

Returnal propone tante meccaniche e influenze, che per quanto distanti tra loro, nell’insieme funzionano alla grande. Il tasso di difficoltà è elevato, ed è bene precisarlo: tra il suo gameplay veloce, un fattore casualità dominante e un margine di errore bassissimo, serviranno pazienza e nervi di acciaio, come in un qualsiasi roguelite, del resto. Housemarque, gli va concesso, ci prova a rendere la vita più sopportabile, e con un minimo di strategia, anche la run peggiore può avere il suo senso (se la si sfrutta per sbloccare nuovi tratti o accumulare etere, ad esempio), ma ogni morte, soprattutto quando si raggiungono i biomi più avanzati, sarà pesantissima, oltre che time consuming, visto che potrete serenamente buttare uno o più ore di gioco per una distrazione, dovendo ripartire da un inizio (non ce n’è uno solo ma non entriamo il dettaglio per non rovinare troppo l’esperienza).

Al contrario di altri esponenti del genere, Returnal fortunatamente mantiene alcuni dei progressi ottenuti (un boss sconfitto, uno specifico portale aperto, una struttura dei biomi completati che si riadatta e che accorcia il tragitto per chi si è guadagnato l’accesso ai biomi successivi), quindi la frustrazione viene e non poco stemperata. Ma come da tradizione nelle esperienze più dure e insormontabili, la sensazione dopo esserci riusciti, complice anche il goduriosissimo e frenetico gunplay, è stupenda. Per questo ribadiamo che Returnal non è assolutamente un gioco per tutti o universale, ma se siete in cerca di una sfida e siete in possesso di una PlayStation 5, non potete non farlo vostro.

Returnal è acquistabile da GameStopZing Italia in esclusiva su PS5.

Good

  • Punitivo ma tremendamente appagante
  • Longevo
  • Visivamente e artisticamente impressionante e suggestivo
  • La generazione randomica garantisce una rigiocabilità potenzialmente infinita...

Bad

  • ... ma non sempre l'algoritmo si rivela impeccabile
  • Una maggiore varietà "strutturale" dei biomi non avrebbe guastato
  • Non è un gioco per tutti: pazienza e dedizione saranno fondamentali
8.5

Imperdibile

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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