Outlast 2 – Anteprima E3 2016

Fields of blood ...

Outlast 2 – Anteprima E3 2016
Outlast 2 – Anteprima E3 2016

Lost Angeles – Se c’è una cosa che il primo Outlast mi ha insegnato è che non importa quanto fottutamente grande possa essere lo scoop a cui dai la caccia: a farti gli affari tuoi, campi come minimo una decina d’anni in più. Il titolo d’esordio dei ragazzi di Red Barrels, apparso inizialmente su PC e seguito a passo breve da una release apprezzatissima anche su console, riuscì a fare il proverbiale botto nel fandom degli amanti dell’horror per un motivo estremamente semplice: faceva paura. Dannatamente paura, soprattutto nelle fasi iniziali di gioco quando, l’allora folle giornalista, decideva di entrare in un manicomio tappezzato di sangue e organi interni a registrare qualche simpatico video ad infrarossi. Il resto della storiella, un mix di schizofrenia, incubi e amenità del genere, la conosciamo tutti: un po’ come il simpatico tizio impalato (nel vero senso della parola) che, poco dopo l’ingresso nel manicomio, ci diceva con l’ultimo alito di vita rimasto di girare i tacchi, salutar tutti e tornare a casa. Ma noi siamo giornalisti, diamine, e viviamo per lo scoop: quindi grazie, simpatico amico impalato dal corpo martoriato, ma pensa a morire tranquillo che al resto ci pensiamo noi.

Perfetto: oggi, in questo E3 2016, abbiamo imparato per l’ennesima volta non solo che la storia si ripete ciclicamente, ma che chiunque abbia una telecamera in mano, statisticamente, sarà destinato a serate poco tranquille e ad essere inseguito da energumeni impazziti con la bava alla bocca e armati di accetta. Blake Langermann e gentil signora, Lynn, sono due giornalisti investigativi, due tizi disposti a qualsiasi rischio pur di scavare nel torbido dell’animo umano e di portare alla luce storie che nessun altro si sognerebbe manco di ascoltare. Stavolta, però, l’affare è una bomba: l’omicidio di una giovane donna incinta, Jane Doe, apparentemente inspiegabile e, giusto per non farsi mancar nulla, avvolto in una serie di misteri che sguazzano nell’esoterismo e nella demonologia. Roba da Studio Aperto, insomma. E dunque pronti via, a macinare chilometri nel deserto dell’Arizona alla ricerca di indizi. Indizi che, dopo un rovinoso incidente che costringe i due a separarsi, ci portano in un villaggetto contadino sperduto e all’apparenza disabitato. Campi di granoturco alti due metri si intravedono nell’oscurità, illuminata fiocamente da qualche lampada in procinto di regalare l’ultimo sussulto di vita. E silenzio, tanto silenzio. Che durerà ancora per poco, ma questo ve l’aspettavate un po’ tutti.

Outlast 2 (1)

Outlast 2, o per la precisione la demo che i simpaticissimi Producers di Red Barrels ci hanno riservato nell’ultimo giorno di kermesse, copre precisamente gli eventi narrati nell’incipit di cui sopra. Blake si separa da Lynn – manco a farlo apposta, vero? – e, dopo un ruzzolone di un paio di metri, si ritrova solo, con gli occhiali strisciati e la fedelissima telecamera. Fedele e fondamentale, visto che in quel villaggio rurale dell’Arizona l’unica roba che abbonda è il buio più pesto. Toccherà quindi riprendere da dove ci eravamo lasciati, equipaggiando la telecamera col dorsale sinistro e, all’occorrenza, attivando la modalità notturna ad infrarossi con la pressione dello stick destro. Rispetto al titolo precedente, in queste fasi è a dir poco evidente il netto balzo tecnologico in avanti: l’immagine notturna non solo è estremamente realistica e, proprio per questo, fortemente inquietante, ma presenta tutti quei filtri (motion blur, difficoltà di messa a fuoco, frattali e via dicendo) che chiunque abbia provato la registrazione ad infrarossi conosce alla perfezione.

Questo, dicevamo, va a braccetto con una realizzazione tecnologica estremamente interessante. Outlast 2, che abbiamo provato nella versione Xbox One, abbandona le location claustrofobiche del manicomio del primo episodio e, pur offrendo sequenze interne dove si respira tanta di quell’ansia che metà basta, predilige le zone esterne, ariose, dove il cielo e le stelle sono quasi sempre in bella vista. Una soluzione spaziosa e comoda per un’eventuale fuga, direte voi: ma vuoi per la scelta artistica dei level designer di Red Barrels, che gioca astutamente con (poche) luci e (tante) ombre, vuoi perché quando la paura inizia a impadronirsi del corpo di chi gioca non esiste centimetro quadro di terra che sia sicuro, si finisce per ritrovarsi in uno stato perenne di “chi va là”, con la telecamera costantemente accesa e pronta a zoomare in lontananza, per accertarsi che il tragitto sia privo di ostacoli.

Che poi, state tranquilli, il tragitto di ostacoli ve ne metterà a sufficienza. Peccato che, con estrema maestria, riuscirà a farlo proprio quando meno ve lo aspettate. Outlast 2 fa ricorso, come lecito aspettarselo, ai cosiddetti Jump Scares: ma contrariamente ad altri titoli che basano interamente la propria filosofia del terrore su questa meccanica, Red Barrels li utilizza in modo più astuto, per non dire quasi subdolo. Vi ritroverete, per esempio, a camminare lungo il corridoio della piccola scuola del villaggio: silenzio tombale, interrotto da dei rumorini che sembrano provenire da alcune porte chiuse a chiave. L’illuminazione praticamente assente, il sibilo elettronico della telecamera accesa e gli scricchiolii che provengono da ogni angolo sono abbondantemente sufficienti a non mettere il giocatore a proprio agio: vi muovete, trovate un piccolo carillon in un armadietto e lo fate suonare. Niente per una decina di secondi, seguiti da un tonfo sordo, che proviene da dietro le vostre spalle, e nell’istante in cui lo udite vedete distintamente un ombra muoversi dietro ad una porta di vetro, quasi vi stia seguendo.

Outlast 2 (4)

Vi guardate alle spalle, zoomate con la telecamera, ma nulla. Fate un paio di passi e il corridoio impazzisce sotto i vostri occhi, con rumori assordanti da ogni dove e le porte degli armadietti che sbattono a pochi centimetri dalle vostre braccia. La telecamera dà di matto, il rumore è sempre più forte e, in preda ad un buon inizio di panico, iniziamo a correre verso l’unica porta aperta prima che, sai mai, arrivi qualcuno a farci compagnia. Lo stesso qualcuno che, guarda caso, è esattamente dietro quella porta e, dopo aver mugugnato qualcosa di incomprensibile, ci scaraventa svariati metri più indietro – mentre il sottoscritto richiamava a sé l’attenzione di mezza West Hall dopo aver urlato qualcosa di non riportabile.

Quello appena descritto, che giusto per dovere di cronaca ha quasi mandato al manicomio una giornalista americana (che si è messa ad urlare così forte al punto da far preoccupare i ragazzi di Red Barrels) è solo un esempio, paradossalmente anche il più prevedibile, delle abilità dello sviluppatore di giocare con il terrore di chi stringe tra le mani il pad. Outlast 2 evolve la propria dimensione della paura, non limitandosi più a dei proverbiali spaventi studiati a tavolino e scatenati al punto giusto, ma piuttosto con un gioco più subdolo del gatto e del topo, con una costante destabilizzazione del giocatore, che difficilmente potrà mantenere sangue freddo e nervi sciolti anche in quelle situazioni in cui, incredibile a dirsi, non succederà nulla se non una sana esplorazione.

C’è quasi un pizzico di Silent Hill, insomma, in questo secondo capitolo: manca la profondità narrativa e psicologia del capolavoro Konami, il che è abbastanza evidente trattandosi comunque di due tipologie di horror completamente differenti. Il sobillar nervosismo e tensione costanti, la capacità di bloccare il giocatore al punto da rendergli terrificante l’idea di procedere, agghiacciato dal non saper cosa troverà dietro l’angolo, rappresentano un’evoluzione non da poco nel franchise, che pur senza tradire le proprie origini acquisisce maturità e profondità.

Con Outlast 2, insomma, ce la siamo fatta sotto.

E poi ok, impossibile non aspettarsi un gran finale da una demo come questa. Un finale in grandissimo stile, una fuga in mezzo ai campi di grano rincorsi dagli ospitali abitanti di questo villaggio – che, alla fine della fiera, proprio abbandonato non era. Il buio pesto e le alte piante azzerano praticamente la visibilità, rendendo di fatto l’infrarosso obbligatorio: non fosse che quest’ultimo è miele per api per i nostri inseguitori, che potranno trovarci in men che non si dica e regalarci un comitato di benvenuto a base di accette, falci e randellate. Si tratta di una situazione critica e ricreata alla perfezione, dove la frenesia della fuga e l’ansia di essere attaccati alle spalle si coniuga in modo terrificantemente riuscito  con la necessità di muoversi al buio, possibilmente accucciati nei campi di grano, ma anche con quella di dover accendere la telecamera per capire dove si sta andando. Perché a correre a caso per i campi, la probabilità di muoversi in cerchio e di ritrovarsi esattamente al punto di partenza, stavolta con più amici di prima, non è così bassa. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Se del comparto grafico abbiamo già parlato, col netto revamp dell’inquadratura da telecamera, questa demo non ci ha fornito particolari novità in quanto a meccaniche di gioco. Sarà ancora possibile aprire porte e cancelli con velocità variabile (lentamente, per non farsi scoprire, o di getto e senza tanti pensieri, in caso di fuga), posizionarsi da dietro gli angoli per sbirciare impunemente la situazione o, alle brutte, trovare un nascondiglio sotto un letto o dentro un armadio in attesa che passi la tempesta (una soluzione che avremmo potuto adottare anche nella fuga di cui sopra, ma eravamo così angosciati che abbiamo optato per la fuga senza mai voltarsi): il resto, come in Outlast e nel DLC Whistleblower, lo fa la nostra fedele telecamera.

Poche novità, insomma, relegate principalmente ad un tessuto narrativo all’apparenza più articolato che in passato e ad una direzione grafico/artistica convincente anche da questa versione demo: ma, a ben vedere, difficile chiedere di più ad un horror come Outlast 2, che va a correggere il tiro proprio dove serve: nella capacità di terrorizzare il giocatore. In modo astuto, articolato e mai banale, dall’inizio alla fine dei nostri 25 minuti circa di hands on. Perché, non dovesse esservi ancora abbastanza chiaro, con Outlast 2 ce la siamo fatta sotto: e ne valeva davvero la pena.

E3 - 2016 - Anteprime

Bello, simpatico, intelligente e super esperto di videogiochi, ha sviluppato un'incredibile capacità nello scrivere cazzate.. Gioca ai giochini elettronici dall'86 e ci scrive a riguardo dal 2006 o giù di lì.. Ma non fateglielo notare, che poi si monta la testa..

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