Mosaic – Anteprima GDC 2018

Prigione metropolitana

Mosaic – Anteprima GDC 2018
Mosaic – Anteprima GDC 2018
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San Francisco – Probabilmente tuttora esistono persone che nei videogiochi vedono solo violenza e tempo sprecato, ma chi un minimo conosce questo mondo sa quanto invece i videogiochi rappresentino una forma d’intrattenimento al pari di quella cinematografica. Ma non solo, alcuni videogiochi rappresentano più di altri una forma d’arte, d’espressione a livello estetico e stilistico: giochi come Journey, il più recente Cuphead, o anche Inside di PlayDead sono solo alcuni dei giochi che ci vengono subito in mente. E probabilmente quest’ultimo, Inside, è stato il primo gioco a cui abbiamo pensato dopo aver visto girare su uno schermo lungo uno dei corridoi della GDC il gioco in questione, Mosaic.

Le tonalità cupe, o meglio grigie, sono le stesse, così come la forma squadrata degli ambienti e delle persone che popolano questo mondo. Eppure non c’entra niente con quelli di PlayDead, perché gli sviluppatori sono quelli di Among the Sleep, titolo di discreto successo, però completamente diverso da questo. Un’avventura grafica è sicuramente il genere che più gli si avvicina, anche se qui si parla di un’avventura che trasmette e racconta la sua storia principalmente attraverso le immagini.

Non c’era bisogno che ce lo dicessero, perché era palese che il mondo in cui si trova il nostro personaggio è piatto e sistematico come i colori e le forme con cui è dipinto. Un sms ci avvisa del fatto che a causa di un ritardo di 11 minuti e svariati secondi al lavoro, ci verrà decurtata parte del nostro stipendio, cosa confermata da un altro sms che ci avvisa proprio della decurtazione avvenuta. Poco dopo, mentre camminiamo lungo un marciapiede popolato principalmente dal grigiore, arriva un altro sms che ci dice che siamo in ritardo sul percorso che ci porta a lavoro, per cui faremmo bene a sbrigarci. Una realtà concentrata sul lavoro, monotona, di cui siamo palesemente schiavi, dove non c’è spazio per le emozioni, almeno in superficie. Eh sì, perché dentro di alcuni di noi probabilmente un barlume di amore e di ricerca di qualcosa di più colorato, esiste ancora: basta infatti una farfalla che si trova su un fiore dall’altra parte della strada a risvegliare il nostro personaggio dal torpore e dall’inerzia del tragitto casa-lavoro, farfalla che da quel momento controlleremo, fino a che verrà divorata dai macchinari di una società capitalista, insieme alle nostre emozioni.

Camminiamo ancora un po’, e anche se non facciamo nulla di eccezionale, ammiriamo i ritratti di quella società, che forse vuole farci capire dove potremmo arrivare noi, con la nostra di società. Qualche cutscene veloce di altre parti del gioco ci fa capire che c’è ancora molto da raccontare e da scoprire in Mosaic, e noi non vediamo l’ora di farlo.

Ahinoi ancora non sappiamo nulla su una possibile data d’uscita, ma nel caso avessimo aggiornamenti ve lo faremo sapere. E sì, sembreremo ripetitivi ma anche in questo caso è proprio questa l’unica cosa “negativa” di questo gioco, che ha carisma da vendere. Magari qualcuno potrà dire che Mosaic sembri un po’ troppo ispirato ad Inside, ma quello che possiamo dirvi è che anche se visivamente lo fosse, anche se in qualche modo i due mondi fossero vicini, beh, le nostre impressioni rimarrebbero uguali e se solo avessimo una data d’uscita, inizieremmo da ora a contare i giorni che ci separano da essa.

Mosaic fonde arte, narrazione e una tristissima fotografia di una società che potrebbe essere proprio la nostra. Lo fa con un gioco accessibile a tutti, ma a cui probabilmente non tutti si avvicinerebbero. Per coloro che hanno una certa predisposizione per questi giochi, per coloro che hanno amato Limbo ed Inside, ma anche Journey, Flower e chi più ne ha più ne metta, basterà il trailer che trovate in alto a farvi capire che questo è un gioco da mettere nella vostra wishlist. Un’avventura apparentemente semplice e scorrevole, ma altrettanto profonda ed introspettiva, un’altra papabile opera d’arte che va a rafforzare quella che è la percezione generale del videogioco.


 

E' passato troppo tempo per ricordare il mio primo approccio al mondo videoludico... Limpido è invece il ricordo della prima console, un Atari 2600, e dei giorni interi passati a giocarci. Da allora sono cambiate molte cose: i videogiochi sono diventati il mio lavoro, non ho più tutto quel tempo per giocarli ed ormai sono pochi quelli che mi lasciano a bocca aperta. Ma al di là di tutto, l'amore c’è ancora, così come la voglia di arrivare un giorno a crearne uno… Ecco, se non si fosse capito, sono un eterno “sognatore"!

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