Moons of Madness – Anteprima gamescom 17

Le montagne della follia

Moons of Madness – Anteprima gamescom 17
Moons of Madness – Anteprima gamescom 17
Data di Uscita:Genere:, Sviluppatore:Piattaforma:, ,

Colonia – Le avventure grafiche hanno ormai trovato una nuova dimensione attraverso la visuale in prima persona. Giochi come Gone Home hanno rappresentato solo l’inizio di questo genere, definito come “walking simulator”, che però a seconda del gioco può richiedere una maggiore o minore interazione col mondo circostante. O meglio, un’interazione che porta ad una conseguenza immediata, come nel caso proprio di Moons of Madness, piuttosto che un indizio atto a farci ricomporre mentalmente la storia (come nel caso del sopracitato Gone Home). Se quindi questo genere ha ormai una folta schiera di ammiratori, lo studio norvegese Rock Pocket Games ha pensato bene di aggiungere qualcosa che potesse attirare ancor di più il pubblico: la prima, Marte, sogno inesplorato dell’umanità; la seconda, l’horror, quello lovecraftiano, fatto di follia e interrogativi perpetui.

Ci ritroveremo così in una stazione di ricerca sul pianeta Marte, in un futuro non troppo lontano (a “soli” 8 anni da oggi), nei panni di Shane Newehart, il quale dovrà lottare prima di tutto con gli ostacoli del pianeta e degli strumenti a disposizione per svolgere il proprio lavoro, ma soprattutto con una forza oscura e misteriosa che vive sul pianeta, o forse proprio dentro di noi. Parlandovi di un gioco simile, la cui durata potrebbe essere di circa 7 ore a seconda della voglia di esplorare del giocatore, preferiamo raccontarvi quanto meno possibile: a dire il vero, noi stessi preferiamo scoprire unicamente il minimo indispensabile per farci un’idea della qualità del prodotto, per capire se valga la pena tenerlo d’occhio. E dopo averlo provato per una mezz’oretta possiamo dirvi che sì, Moons of Madness merita la nostra, e quindi la vostra attenzione.

Non sappiamo bene a che punto della storia si trovi la sezione di gioco che abbiamo provato, fatto sta che durante la guida del nostro veicolo spaziale a sei ruote, con annessa discussione via radio sulla musica di David Bowie con un altro membro della spedizione, Orson, il veicolo ha un malfunzionamento e siamo costretti a fermarci. Proviamo a riavviarlo con i mezzi a disposizione all’interno dell’abitacolo, ma non c’è nulla da fare, Orson ci invita a scendere dal veicolo ed andare a cercare della corrente elettrica nella stazione presente nei paraggi.

Così scendiamo, tenendo sempre sotto controllo il nostro livello di ossigeno attraverso l’indicatore presente nel casco, facendo attenzione a non farlo scendere sotto il livello consentito, cosa che si rivelerebbe fatale. Naturalmente quella che sembrava una passeggiata di salute, si rivela più complicata del previsto, e collegare la spina del veicolo ad una fonte di energia elettrica richiederà ben più di qualche passo sulla superficie di Marte. A questo punto iniziano infatti una serie di enigmi piuttosto semplici, che ci permettono prima di arrivare in cima alla collina su cui si trovano i pannelli solari, e poi a dirigerli in modo che funzionino e possano far arrivare energia al generatore (e di conseguenza al veicolo). Anche in questo caso, però, qualcosa va storto: mentre Orson ci aiuta via radio dandoci istruzioni sul da farsi, sentiamo la sua voce allarmarsi,  come se ci fosse qualcuno in pericolo, ma non capiamo cosa succeda, e ad un certo punto la comunicazione si interrompe.

Proprio in quel momento, nel panico più totale, scorgiamo una caverna e sentiamo come una voce, o una forza che ci chiama e ci invita ad addentrarci in quel cunicolo oscuro. Entriamo quindi nella fase più lovecraftiana della nostra partita, fatta di allucinazioni ed elementi astratti, senza senso, che non dovrebbero essere lì, come nostra madre o una lettera su una scrivania. Continuiamo a scendere nella caverna, o nel profondo della nostra anima, questo non lo sappiamo ancora; tuttavia alla fine di quest’incubo ci risvegliamo dove eravamo prima che iniziassero le allucinazioni, con Orson che ci chiama via radio chiedendoci se è tutto ok. Cosa sarà successo? Stiamo impazzendo, o è Marte che vuole farcelo credere? È presto per scoprirlo e come detto, preferiamo farlo quando, nel 2018 avremo tra le mani il gioco completo.

Se dal punto di vista tecnico il gioco sembra essere già pronto ad esser divorato da noi videogiocatori, quello che farà la differenza sarà la trama ed il susseguirsi degli eventi, uniti alla tensione che un gioco “horror-psicologico” come questo dovrebbe suscitare.

Per cui se da un lato Moons of Madness ha attirato la nostra attenzione e la nostra prova ci ha fatto capire il perché, bisognerà scoprire se la sua parvenza lovecraftiana è uno stratagemma per attirare i videogiocatori, o se davvero merita di essere accostato, seppur lontanamente, ad un pilastro come il geniale e tormentato scrittore di Providence. D’altronde questo aspetto potrebbe essere un plus, come potrebbe farlo sprofondare nella desolazione marziana, dopo essersi caricato di troppe aspettative da parte del pubblico.

In conclusione

Quando abbiamo visto l’ambientazione spaziale sci-fi, unita al genere “horror”, ci siamo fiondati su questa promettente avventura in prima persona che uscirà nel 2018 su PC, PS4 ed Xbox One. La nostra prova ha confermato che al di là della produzione dalla portata “ridotta”, i ragazzi abbiano le idee chiare su quello che stanno facendo. Certo, in questo genere di giochi è il coinvolgimento a doverla fare da padrone, e mai come in questo caso, accostandosi ad H.P. Lovecraft, ciò che la narrazione riesce a depositare nell’animo del giocatore, per cui un giudizio vero e proprio lo potremo dare solo fra qualche mese. Quello che possiamo suggerirvi, è di appuntarlo sulla lista dei titoli da tenere d’occhio per il prossimo anno.

E' passato troppo tempo per ricordare il mio primo approccio al mondo videoludico... Limpido è invece il ricordo della prima console, un Atari 2600, e dei giorni interi passati a giocarci. Da allora sono cambiate molte cose: i videogiochi sono diventati il mio lavoro, non ho più tutto quel tempo per giocarli ed ormai sono pochi quelli che mi lasciano a bocca aperta. Ma al di là di tutto, l'amore c’è ancora, così come la voglia di arrivare un giorno a crearne uno… Ecco, se non si fosse capito, sono un eterno “sognatore"!

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