Iron Harvest – Recensione

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Tradizione e utopie

Iron Harvest – Recensione
Iron Harvest recensione
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Dando anche solo uno sguardo alle opere ispiratrici è facile capire dove risieda la potenza di Iron Harvest. Il videogioco mette in moto il mondo e i personaggi partoriti dall’estro creativo e dalla mano dell’artista polacco Jakub Różalski, dà vita alle sue evocative illustrazioni, che raffigurano un 1920 alternativo nel quale la Prima Guerra Mondiale, appena conclusasi, ha visto il debutto di nuove, devastanti, macchine da guerra: mech alimentati a gasolio.

Nelle opere di Różalski li vediamo torreggiare tra covoni di fieno, quasi confondersi nella nebbia che avviluppa una foresta, persino sembrare che facciano la guardia a un gregge di pecore. Queste colpiscono grazie a un fascino innegabile, ma soprattutto stupiscono per la loro capacità di risultare credibili, una qualità della quale può fregiarsi anche il gioco. Se ci dicessero che cento anni fa il mondo era davvero così, che gli eventi narrati sono veritieri, non faticheremmo a crederlo, anche se mech non ne abbiamo mai visti. Paradossalmente, ci risulterebbe molto più difficile accettare che una ragazzina abbia come animale da compagnia un orso, come la Anna tra i protagonisti delle vicende.

Iron Harvest screenshot

La trama di Iron Harvest, a ulteriore conferma di quanto appena scritto, prende alcuni elementi storici e li rielabora a proprio piacimento per mettere insieme una successione di eventi coerente e appassionante. L’atavica debolezza della Polonia, stretta tra la Germania e l’Unione Sovietica, i conflitti interni della seconda, l’espansionismo tedesco diventano le dinamiche che regolano i rapporti di forza tra Polania, Rusviet e Sassonia, che ne sono le versioni del 1920 alternativo. Le loro non sono vicende separate, né offrono differenti variazioni dello stesso canovaccio: il gioco esprime quindi la sua narrazione attraverso tre diverse campagne, che vanno a comporre una storia unica, corale, appassionante, ben proposta sia a livello di intreccio, chiara e coerente com’è, che a livello tematico, generalmente affrontando le molteplici forme del nazionalismo e le sue conseguenze.

Il clamoroso immaginario, supportato da una tecnica all’altezza e raccontato da una colonna sonora perfettamente a tema, e una narrazione di qualità sono quanto compone una presentazione eccellente quindi, ma che sarebbe fine a sé stessa se la produzione di King Art Games non fosse supportata da un impianto di gioco all’altezza. Cosa che per fortuna avviene, con estrema soddisfazione del giocatore, in special modo di quello appassionato di strategici in tempo reale.

Il clamoroso immaginario e una narrazione di qualità sono quanto compone una presentazione eccellente

L’impostazione è quella comune a molti dei congeneri più o meno moderni, con un ruolo importante degli eroi, unità di fazione particolarmente potenti, ma non decisive nell’economia delle battaglie, che vengono vinte soprattutto grazie al sapiente utilizzo della tattica e alla capacità di sfruttare l’unità giusta al momento giusto. Il che si traduce, detta facilmente, nel non buttare tutta la propria forza contro il nemico e nel sapere che sia la fanteria sia i mech hanno nemici contro i quali sono particolarmente efficaci (e, viceversa, deboli). Il selezionare unità solo puntando sul fattore numerico e attaccare una posizione senza pianificazione alcuna si tradurrà facilmente già al livello di sfida intermedio in un bagno di sangue e in un trionfo di esplosioni, a vostre spese.

Iron Harvest screenshot

Occorre quindi avere pazienza e ragionare, secondo un approccio che gli stessi sviluppatori hanno sintetizzato con una efficace frase, che benissimo descrive la natura dell’esperienza di gioco: “tattiche>click per secondo”. È sempre bene muovere la fanteria utilizzando i ripari, dai quali combattere in caso di incontro con un nemico, e i mech con giudizio (ovvero ben supportati dai soldati), perché per quanto spesse le loro corazze non sono impenetrabili, soprattutto alle esplosioni. Il gioco insegna molto presto a farlo, impone di non dimenticarlo mai, punendo severamente ogni leggerezza, e costringe il giocatore ad aggiornare costantemente le proprie tattiche attraverso missioni i cui obiettivi sono sempre molto dinamici, cambiando anche radicalmente rispetto alla situazione di partenza. È quindi perfettamente possibile che una missione nella quale imbastire una forza sufficiente a conquistare una posizione si tramuti alla fine in una sua difesa all’ultimo soldato.

È apprezzabile il dinamismo delle missioni, che dona alle tre campagne una convincente varietà

Forse è anche per questo motivo, per assecondare il più possibile l’apprezzabile dinamismo delle missioni, che dona alle tre campagne una convincente varietà, che la componente legata al reperimento delle risorse e della costruzione della base sia così poco strutturata. Sono gli stessi soldati a ottenere in giro per le mappe il metallo e il petrolio necessari, scovando casse e barili o ottenendo il controllo di miniere e giacimenti, e sono solo tre gli edifici che è possibile costruire e dai quali generare unità. Si tratta di un approccio che potrebbe far storcere il naso a qualche tradizionalista, ma che funziona benissimo per come è inserito nella struttura di gioco.

Quel poco che c’è da eccepire sul gameplay è relativo piuttosto alla differenziazione tra le tre diverse fazioni. Posto che le unità di fanteria sono tutte uguali, e già questo è un elemento che poco convince, si distinguono solo per i mech: più mobili ma meno corazzati quelli della Polonia, bilanciati quelli di Rusviet, devastanti ma costosi quelli della Sassonia. L’impressione generale però è che solo i giocatori più scafati, soprattutto tra tutti quelli che consumeranno il multiplayer (ancora poco sostanzioso ma ancora in fieri, sul quale non ci sentiamo di esprimere un giudizio), ne riusciranno a sfruttare al massimo le unicità, tutti gli altri si limiteranno a utilizzare le stesse tattiche indipendentemente dalla nazione che controlleranno.

Conclusioni

Erano anni che in uno strategico in tempo reale non si vedeva un pacchetto così completo e curato, che abbina alla tradizione del genere una campagna dalla progressione molto varia e un immaginario tremendamente affascinante. Un’interpretazione più fresca nelle dinamiche di gioco sarebbe stata la classica ciliegina sulla torta, ma anche al netto di una certa tradizionalità Iron Harvest riesce a proporsi come un esponente del genere estremamente godibile.

Iron Harvest è già disponibile su PC. È possibile prenotare da GameStop Zing Italia in versione PS4 e Xbox One.

Good

  • Un immaginario estremamente intrigante
  • Una campagna molto dinamica
  • Un gameplay soddisfacente...

Bad

  • ...Ma che per molti potrebbe essere troppo tradizionale
8

Imperdibile

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