Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings – Recensione

Chi è l'alchimista migliore del reame?

Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings – Recensione
Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings

In Atelier Lydie & Suelle The Alchemists and the Mysterious Paintings, le due gemelle Lydie e Suelle si trovano risucchiate all'interno di un misterioso dipinto sul quale stanno indagando, finendo coinvolte in un'avventura che le porterà a conoscere moltissime persone e fare nuove esperienze, utili al raggiungimento del loro obiettivo: diventare il miglior atelier del mondo.

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Atelier è una serie longeva, che conta ormai diciannove capitoli, ma è soprattutto una serie che si è lentamente trasformata diventando molto più di semplici personaggi e ambienti colorati, nemici dall’aspetto buffo e quei tocchi di fanservice che variano dalle gonne corte, o vestiti in generale succinti, a un cast quasi interamente femminile. Atelier è un franchise fatto di piccole tradizioni e di impegno nel perseguirle, come narrazioni prive di un vero antagonista e la volontà di dipingere le numerose protagoniste come forti e determinate. Qualità spesso nascoste dal fanservice ma che a ben guardare, superata questa barriera, ci sono e si sentono, definendo così alcuni dei migliori personaggi femminili quando si parla di JRPG – personaggi che imparano dalle loro esperienze per diventare fonti di ispirazione e leader per chiunque li circondi, passando di gioco in gioco il loro sapere alla futura generazione di alchimiste. Atelier è un lungo filo rosso che si intreccia attorno alle sue protagoniste, richiamandole alla memoria persino quando hanno ormai fatto il loro tempo nella serie.

I giochi hanno spesso toccato tematiche cupe, come la scomparsa o la morte di persone care e persino un’apocalisse che minaccia il mondo intero. Anziché usare questi spunti per alimentare la rabbia e l’angoscia, però, ogni gioco sceglie di portare avanti a modo proprio una visione utopica di questi disastri: l’idea che le comunità possano unirsi e prendere quanto di buono ha la vita da offrire in un contesto tanto opprimente. Si potrebbe considerarla una visione naïve ma sarebbe una concezione dovuta a una mancata familiarità con la cultura giapponese, che si basa sulla solidarietà e sulla forza di volontà nell’andare avanti a dispetto di una situazione negativa. Prendere il buono della vita, insomma. Ancora una volta dunque è opportuno sottolineare come sia solo la serie Atelier a esplorare fino in fondo questo aspetto, poiché la maggior parte dei JRPG sente la necessità di porre un conflitto come punto focale della narrazione e un antagonista contro cui rivolgere la propria rabbia. Atelier percorre una direzione diversa, meno abusata – quella dell’ineluttabile.

Si dice che un’immagine valga più di mille parole e la nostra recensione potrebbe anche superare un simile numero, ma in Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings queste stesse parole hanno un valore quasi nullo rispetto a quanto può offrire un’immagine. Nel diciannovesimo capitolo della serie, le gemelle Lydie e Suelle scoprono nel loro seminterrato un misterioso dipinto dal quale vengono poi risucchiate, ritrovandosi nel fantastico mondo al suo interno. Da qui inizia l’avventura delle due protagoniste ma come abbiamo avuto modo di specificare all’inizio, Atelier non è un franchise che si sofferma sul conflitto né offre un nemico concreto da affrontare: così succede anche qui e nonostante la realtà del dipinto abbia un suo fascino, Lydie e Suelle hanno un obiettivo da conquistare nel loro mondo – diventare le migliori alchimiste mai esistite – e non possono assolutamente perdere tempo a vagare in un posto del quale non fanno parte… o forse sì?

Proprio come i suoi predecessori, il gioco si discosta un po’ dai classici JRPG: niente demoni da sconfiggere o mondi da salvare, piuttosto due semplici ragazze che cercano di sbarcare il lunario mentre il loro discutibile genitore si perde dietro qualsiasi attività creativa colpisca la sua mente. Sono orfane di madre, situazione abbastanza tipica nella serie, perciò è tutto sulle loro giovani spalle mentre ammirano l’atelier di successo della loro amica Lucia e si ripromettono di superarla, un giorno. La vita potrebbe sembrare dura per le due ma ecco che la cultura giapponese si fa sentire, tramite l’atteggiamento positivo verso la situazione e il senso di comunità che spinge gli abitanti del villaggio a trattarle con riguardo. In difficoltà o meno, l’opportunità di realizzare il loro sogno si palesa di lì a breve: poco dopo essere entrate nel dipinto, il Regno di Adalett implementa l’Atelier Ranking System, permettendo a qualsiasi alchimista qualificato di registrarsi. Più alto è il grado, più prestigio e denaro si ottengono. Lydie e Suelle non si lasciano certo sfuggire l’occasione ed eccoci dunque coinvolti per il resto del gioco in una scalata alla classifica in modo da conquistarne la vetta e farci un nome. Come vedete, l’obiettivo non coinvolge altro che non sia la realizzazione di un sogno per due giovani protagoniste.

In Atelier Lydie & Suelle si insegue il sogno delle due giovani protagoniste

La costruzione del mondo in Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings è uno dei suoi più grandi punti di forza: la città che funge sia da hub principale sia come luogo per la realizzazione dell’obiettivo delle gemelle, la periferia della regione in cui si trovano, l’interno delle abitazioni dei personaggi, tutto trasuda vivacità e personalità. Sebbene molte di queste immagini prendano spunto solo da quei pochi aspetti che concorrono a differenziare ogni personaggio, questa relativa semplicità non è d’ostacolo per impedir loro di bucare lo schermo. L’atmosfera fiabesca pone le basi per l’aspetto estetico migliore di tutto il gioco, lo stesso che poi vi fa da titolo: i misteriosi dipinti. Lydie e Suelle non tarderanno a scoprire come esistano particolari dipinti creati da altri alchimisti, che ospitano interi mondi al loro interno. Una consistente parte della narrativa si concentra dunque sul ritrovamento e l’esplorazione di questi quadri, che offriranno ciascuno ambientazioni, mostri e materiali differenti. Il primo mondo ad esempio ha un’atmosfera che fa molto Halloween e i tocchi acquerello che punteggiano i bordi dello schermo ogni volta che il party entra in un dipinto aggiungono la sensazione di poter giocare con l’arte. Questo aspetto del gioco tende a bilanciarne un altro che purtroppo stona un po’ con la “missione” della serie Atelier: la piattezza delle due protagoniste. Non riuscendo a farle emergere come è stato invece per altri personaggi, Gust concentra l’attenzione del giocatore su ciò che vede e fa, creando attorno a Lydie e Suelle una serie di mondi vibranti e coinvolgenti che – pur cadendo nelle sterotipo visivo tipico dei JRPG, con caverne ghiacciate e paesaggi circondati da lava incandescente – le abbraccia talmente bene da farvi passare sopra alla caratterizzazione.

Se la struttura del mondo rappresenta la forza narrativa di Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings, aumentare il rango di Lydie e Suelle è il cuore della progressione. Ottenere promozioni significa aggiungere al mix nuovi personaggi, mondi dipinti da esplorare, nuove storie secondarie e ricette da mettere in pratica. Che si tratti di una commissione per un altro personaggio o trovare il percorso attraverso un nuovo dipinto, tutto sembra sempre ricondurre alla creazione. Potrebbe essere un aspetto fastidioso se ci trovassimo di fronte a un sistema di crafting semplice ma non è questo il caso: Gust ha avuto molto tempo per metterlo a punto e lo dimostra chiaramente. La maggior parte delle creazioni si realizzano con il calderone nell’atelier delle gemelle, interagendovi una volta che si hanno tutti gli ingredienti necessari: inizia così il processo di elaborazione, attraverso diversi schemi a griglia sui quali sono presenti quadrati colorati che possono essere arricchiti da bonus nel caso in cui si decida di utilizzare un ingrediente aggiuntivo come catalizzatore. Ogni ingrediente offre colori e forme specifici con cui lavorare e ciascun quadrato riempito sulla griglia aumenta la qualità dell’oggetto che si vuole realizzare, mentre la sovrapposizione porta invece a una penalizzazione. Da qui si capisce come creare oggetti richieda una particolare attenzione e pianificazione, supportate dall’implementazione di un’enciclopedia che tiene traccia degli ingredienti scoperti e le rispettive qualità. A volte capita persino suggerisca quali usare. L’unico aspetto negativo è che non si possono realizzare oggetti in lotti.

Per quanto divertente sia l’uso del calderone, è inutile se non si hanno i materiali adatti. Si può utilizzare pressoché qualsiasi cosa ma è ovvio che gli oggetti migliori sono lasciati cadere dai mostri. Ecco dunque che entra in gioco il sistema di combattimento, che segue la classica impostazione a turni tipica dei JRPG ma riesce ad avere un paio di guizzi interessanti. Naturalmente mantenere in salute le due gemelle è fondamentale e a questo possono sopperire i membri del party mano a mano che li otterrete ma, volendo, potete anche strutturare il tutto a coppie – attacco e supporto – con gli attaccanti sul fronte e i difensori alle loro spalle. Questi ultimi non hanno un turno proprio ma si faranno avanti nel momento in cui occorreranno determinate condizioni, come utilizzare un’abilità o perdere una determinata quantità di punti vita. L’aggiunta più di rilievo è comunque il Battle Mix, che consente a Lydie e Suelle di creare istantaneamente un oggetto unico nel bel mezzo dello scontro: questi non sono così forti come quelli realizzati in maniera tradizionale ma funzionano abbastanza bene. Nel complesso, il sistema di combattimento è divertente e interessante ma non al punto da passarvi più tempo del necessario – gli amanti del grinding in particolare potrebbero non trovarlo sufficientemente appetibile.

Dove Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings mostra il fianco è nell’inutile “fluff” che lo circonda: molti filmati di cui non si sente il bisogno interrompono un ritmo altrimenti semplice e conciso, senza contare che molti meccanismi chiave vengono diluiti in maniera eccessiva, frammentando il gioco e impedendo di godere appieno di un’esperienza che, altrimenti, sarebbe stata piacevole. In molti casi la sensazione è di star perdendo tempo per un dettaglio inutile.

Conclusioni

Atelier Lydie & Suelle: The Alchemists and the Mysterious Paintings è il tipo di gioco che si apprezza meglio quando si vuole semplicemente sedersi e rilassarsi per un po’. La sua mancanza di urgenza combinata con l’uso di colori vivaci, toni musicali allegri e personaggi straordinariamente ottimisti lo rendono un’esperienza che non può fare a meno di strappare un sorriso. Il combattimento è abbastanza vario da impedire che la caccia agli ingredienti ristagni, mentre la ricerca di questi stessi ingredienti nel mondo di gioco sarebbe stata più piacevole se non fosse dipesa così tanto dall’ora del giorno e dalle condizioni meterologiche, a volte frustranti. Il suo pregio maggiore comunque è di essere un titolo da giocare quando si vuole staccare da trame complesse e salvataggi del mondo per trascorrere diverse ore in totale tranquillità: a volte è bello anche solo uccidere alcuni funghi dall’aria imbronciata e sintetizzare tutto l’oro liquido possibile, che tuttavia la presenza dell’alchimia svaluta sul mercato quando vogliamo venderlo. La serie Atelier celebra quest’anno il suo ventesimo anniversario e sebbene questo capitolo non sia poi così rivoluzionario, non necessariamente lo si deve vedere in chiave negativa: è poco più di ciò che la serie ha sempre offerto e va bene così. I fan esistenti lo apprezzeranno tanto quanto i titoli precedenti, mentre tutti i nuovi arrivati avranno una buona idea di ciò che si sono persi fino adesso.

Good

  • Affascinante la costruzione del mondo
  • Un gameplay coinvolgente
  • Ottimo da giocare sul lungo periodo

Bad

  • I personaggi sono piatti
  • La storia ha ben poco impatto
  • Il combattimento andava rifinito meglio
7.5

Niente male

Cresciuta negli anni ’90 con un Game Boy e un Nintendo 64, è poi diventata ancora bambina un’adepta Sony a tempo pieno, ma appena può si dedica anche ad altre console.

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