Come tre giochi mi hanno fatto smettere di giocare ai Tie-in…

Perché farne dei videogiochi?

Come tre giochi mi hanno fatto smettere di giocare ai Tie-in…

Avete mai provato quella sensazione, mentre giocavate, di urlare al mondo intero: “ma che cos’è questa schifezza?”. Ahimè, personalmente parlando, mi è capitato più di una volta nel corso della mia lunga carriera da videogiocatore. Per farvi capire meglio cosa intendo, giusto qualche settimana fa, mentre stavo giocando ad A Way Out, mi è venuto alla mente un particolare Tie-In che, paradossalmente, aspettavo con certa trepidazione circa 8 anni fa. Parlo nello specifico di Prison Break: The Conspiracy, un particolare videogioco che su carta doveva farci sentire dei galeotti alla ricerca della via di fuga, un po’ come avviene nella serie TV, apprezzatissima sia oltreoceano che da noi.

Onestamente è stato come se avessi ricevuto un pugno nello stomaco, trovandomi in sostanza qualcosa di particolarmente datato nel 2010 che è riuscito a trasmettermi più frustrazione che divertimento. Che poi non è che avesse una trama così brutta, anzi, ma era proprio nel gameplay che non sono riuscito a trovare una tale motivazione da giustificare una spesa di circa 60 euro. In soldoni è una sorta di Hitman ma molto, molto più brutto, con personaggi privi di espressività e un gameplay basato quasi esclusivamente sullo stealth al fine di recuperare oggetti per i vari detenuti (intervallato a volte da fasi rissose). La passione nei confronti della serie televisiva, unita a quel pizzico di “masochismo” intrinseco nella mia persona, mi hanno fatto stringere i denti ed andare avanti fino al punto di finirlo; ma le sole voci degli attori originali (in lingua madre) non sono bastate per evitare di farmi lanciare custodia, libretto e videogioco fuori dalla mia finestra (direte “beato a chi l’ha trovato“? Chissà…).

Tie-in

Se ci si ferma a valutare un gioco da alcuni screenshot il rischio di scottarsi rimane comunque alto

Ma di certo la mia “grande passione” (sempre meglio virgolettare) non è limitata solo a Prison Break: ho continuato con foga ad addentrarmi nel mondo dei Tie-in videoludici. Con mia grande gioia mentre navigavo spensieratamente sul web sono incappato nel trailer di lancio di Rambo: The Video Game. Inutile stare qui a dirvi quanto io sia appassionato della trilogia (perché il quarto film, scusate, non riesco proprio a digerirlo) e scoprire l’annuncio del videogioco ufficiale mi ha fatto schizzare le palle degli occhi direttamente sullo schermo. Certo, non che il trailer mi avesse trasmesso chissà quali sensazioni positive, ed ero convinto di non trovarmi al cospetto di un capolavoro annunciato, ma da qui a pensare che fosse una delusione assurda troppo ci passa. Pensate che la mia ultima iterazione con un videogioco dedicato all’iconico reduce del Vietnam risale allo storico titolo del 1988 della Ocean: Rambo III. Ebbene signori, posso affermare con tutto me stesso che quel gioco era nettamente superiore a quello che ho provato, a malincuore, nel 2014.

Non volevo sicuramente un Uncharted od un Tomb Raider, sapevo più o meno cosa aspettarmi, ma uno sparatutto su binari alla Time Crisis, fatto cento volte peggio, non mi passava minimamente per la mente. Invece è accaduto qualcosa di imbarazzante che “spala letame” praticamente su tutto quello che ho amato della trilogia. Ma fosse solo nel gameplay, sarei stato salvo: è tutto veramente una schifezza e personalmente ve lo consiglierei solo nel caso in cui voleste farvi quattro risate in un sabato veramente triste in compagnia degli amici (cosa che personalmente ho fatto). Anche questa volta il prezzo del biglietto è stato molto salato, però due cose sono riuscito a salvarle: la copertina di gioco davvero ispirata e il Rambo Super Deformed (l’ammetto la seconda è più uno sfottò). Onestamente parlando, spero che i fan di Rambo abbiano indetto una petizione per far abolire (o seppellire) ogni copia residua presente nei negozi.

Non esattamente contento, qualche mese fa, ho notato ancora incellophanato nella mia collezione The Walking Dead: Survival Instinct per Nintendo Wii U che, onestamente, neanche ricordavo di aver acquistato, probabilmente preso a prezzo scontatissimo qualche tempo fa. Mi sono detto “perché no, vediamo com’è”, ma mai errore fu peggiore. Il titolo è una sorta di prequel della serie TV con protagonista Daryl – con un Norman Reedus che per fortuna prossimamente sarà il volto del chiacchieratissimo Death Stranding – in compagnia di suo fratello Merle. Avrei pensato di sopravvivere ad orde di zombie e far volare mascelle in ogni punto dello scenario: purtroppo anche qui mi sono imbattuto nell’ennesimo esperimento fallito, contraddistinto da una campagna breve e poco incisiva, limitata sicuramente dai problemi di budget. Comprendo che la voglia di fare soldi facili sfruttando brand sicuri è tanta, ma questo causa delle perdite non indifferenti nei portafogli dei videogiocatori, soprattutto di quelli che non hanno molto tempo di documentarsi al meglio.

Certo, sono andato a scavare nel cassetto dei ricordi per trovare alcuni dei videogiochi “più brutti” che ho giocato: questo non vuol dire che tutti i Tie-in siano orrendi, anzi, alcuni sono dotati di un fascino particolare tanto che diversi sviluppatori riescono ancora oggi a regalare qualche perla. Ma questi ultimi però sono un po’ diversificati, in quanto traggono l’essenza dai grandi blockbuster cercando di proporre qualcosa di diverso che accontenti i fan. Ritengo che lo sbaglio sia rappresentato dall’accanimento, che per fortuna negli ultimi anni è andato via via scemando, di accostare un grande nome dell’industria cinematografica a dei prodotti videoludici decisamente insufficienti. Infatti, anche io sono cascato in questa “trappola”, una trappola tesa ai meno esperti. Ho gradito particolarmente l’annuncio di Marvel’s Spider-Man di Insomniac (in arrivo il prossimo settembre), un videogioco che, come dicevo poc’anzi, prende solo in prestito il lancia ragnatele di quartiere proiettandolo in un gameplay studiato con una storia completamente inedita, senza sfruttare nessuna pellicola cinematografica.

Vorrei dire un’ultima cosa: ho smesso di giocare ai Tie-In brutti, non a quelli che sanno inventarsi e offrire qualcosa di freschissimo. D’altro canto il videogioco (per me) è una forma d’arte, e da videogiocatore più o meno esigente non posso sempre accontentarmi di tutto quello che passa il convento. Non è forse meglio utilizzare, con la tecnica di Motion Capture, attori di una certa caratura su videogiochi inediti, piuttosto che vederli in mediocri Tie-In che li snaturano in modo imbarazzante? Io penso di sì.

Tie-in

Secondo voi questi volti rendono giustizia alle controparti reali?


Da quando ha viaggiato nel tempo a bordo della Time Machine DeLorean DMC-12 la sua vita è cambiata radicalmente. Amante dei viaggi del tempo, predilige le console dai tempi del NES.

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