Brain in the Box spiega cos’è successo a Voodoo

Dall'inizio alla fine, la storia dell'MMO italiano che non vide mai la luce.

Brain in the Box spiega cos’è successo a Voodoo

Negli scorsi giorni, l’oramai ex team di sviluppo italiano Brain in the Box ha voluto spiegare alla fan base, alla stampa e più in generale a coloro che avevano seguito il suo percorso, la storia di Voodoo, primo vero grande MMO survival italiano. La spiegazione è arrivata tramite una lunga lettera aperta, indirizzata un po’ a tutti, dove i ragazzi hanno cercato di fare luce su una delle storie più controverse del panorama videoludico di questo paese.

La storia di Voodoo, come riporta la lettera, è decisamente travagliata. Come ammettono loro stessi, infatti, nessuno dei ragazzi nel team aveva probabilmente l’esperienza per realizzare un simile progetto. Anche la fretta di trovare un publisher è stata cattiva consigliera, con i ragazzi che si sono affiliati ad Indiegala (società italiana), chiedendo un finanziamento di circa 85.000 Euro IVA esclusa. Una cifra, come dicono loro stessi, decisamente bassa per il finanziamento di un progetto così di grandi vedute. In tutto ciò, i ragazzi ammettono anche di aver avuto un CEO senza alcuna esperienza pregressa, particolare abilità imprenditoriale o almeno capacità inerenti allo sviluppo videoludico.

Secondo Brain in the Box, il rapporto con il publisher è iniziato nel peggiore dei modi. Fin da subito emersero incomprensioni, “derivanti da incompetenze presentate da entrambi le parti”. La roadmap, secondo BitB, non venne mai presa in considerazione dal publisher, tanto da aver portato al suo accantonamento nel giro di pochissimo tempo, circa un mese. Lo sviluppo del gioco cambiava praticamente ad ogni contatto con il publisher, tanto che i ragazzi hanno paragonato la situazione alla costruzione di un palazzo progettato da un architetto che ogni mese, finito un piano, ne aggiunge un altro senza un progetto chiaro fin dall’inizio.

La situazione, come riportato dal team, era decisamente sfuggita di mano. Secondo Brain in the Box il publisher non aveva dato il supporto adeguato che si aspettavano. Oltre al finanziamento economico, Indiegala si limitò solamente a creare una pagina dedicata a Voodoo sul sito web della sua società, spedire chiavi di gioco gratuite a mailing list, portare il titolo alla Gamescom 2016 (ma dandogli un piccolissimo spazio e per brevissimo tempo) e infine gestire la campagna Kickstarter. Ed è proprio il crowdfunding uno dei punti più “oscuri” di tutto ciò: secondo Brain in the Box, infatti, i soldi della campagna non arrivarono mai nelle loro casse ed il publisher li utilizzò per rientrare, man mano, del finanziamento erogato. Indiegala non consegnò neanche le ricompense (ritenute impossibili dal team di sviluppo) e rimborsò i backer con molto ritardo.

La storia di Voodoo e di Brain in the Box si conclude qualche mese più tardi dopo il lancio, ovvero giugno 2017. I soldi erano oramai finiti e il publisher, sfruttando il contratto, riesce a portarsi a casa i diritti dell’IP praticamente ad 1 Euro + IVA, evitando così che Brain in the Box dichiarasse fallimento e i diritti del gioco messi all’asta, pena una denuncia impossibile da sostenere.

Oggi Voodoo è in lavorazione presso le sedi di Event Horizon, sviluppato prevalentemente da studenti che partecipano ai corsi della scuola (di recente multata dalla Guardia di Finanza per 3 milioni di Euro per software illegali). I ragazzi di Brain in the Box ci tengono però a precisare che “non sono scappati con la cassa“, senza “spassarsela” con i soldi degli utenti né di chi aveva acquistato il gioco in Early Access. Una precisazione d’obbligo, in un periodo in cui la gogna mediatica è oramai ai suoi massimi livelli.


Fonte

Mi definisco amante dell'industria dei videogiochi. Adoro ogni sfaccettatura di questo mondo e ho deciso di farne, in qualche modo, il mio lavoro. Quando non scrivo (e non gioco, ovviamente) mi diletto tra la chitarra, il calcetto e le serie TV.

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