10 cose da abolire nei videogiochi #aboliamoqualcosa

La realtà dei fatti (più o meno)

10 cose da abolire nei videogiochi #aboliamoqualcosa

Quante volte, giocando a qualche videogioco, vi siete chiesti del perché sia ancora presente una determinata meccanica di gioco, una situazione un po’ scomoda e fastidiosa e così via? Tante, troppe. E anche noi di GameSoul ovviamente abbiamo vissuto la stessa, identica situazione. Per questo motivo ci siamo riuniti, in una sorta di tavola rotonda, per stilare una lista di cose da abolire nel mondo dei videogiochi. Ne è uscito un elenco (non un top, attenzione) costituito da 10, terribili situazioni che preferiremmo non vedere mai più nel mondo dei videogiochi. Possibilmente a partire dal 2018.

Si scherza, ovviamente. Ci ridiamo su, ma la nostra è anche una lista un po’ seria: alcune cose effettivamente potrebbero anche non funzionare o andrebbero riviste, ma questa non è la sede più adatta per parlarne. Non perdiamo altro tempo e scopriamo le 10 cose da abolire nel mondo dei videogiochi.


I livelli sott’acqua

Già guidare è un po’ impresa, figuriamoci poi nuotare. Non è un caso che il mondo dei videogiochi abbia fatto grandi passi in avanti nel mondo della fisica e del realismo, ma il nuoto è davvero qualcosa da rivedere, in tutto e per tutto. Complesso, lento da capire e soprattutto quasi ingestibile. Diteci che non siamo gli unici ad irritarsi quando il protagonista di un qualsiasi titolo deve immergersi per forza in un fiume, lago o pozza d’acqua…


Lo script nei giochi di calcio

Real Madrid contro Malaga. Distruggiamo in tutto e per tutto la compagine avversaria, ma il loro portiere oggi sembra il miglior Pagliuca di sempre. Poi al minuto settantacinque, un contropiede fulminante e Navas commette una papera che neanche il Dida dei tempi d’oro dell’incapacità avrebbe commesso. Al massimo si riesce a strappare un pareggio, ma niente: quando l’IA decide che quei tre punti non vanno portati a casa, non c’è nulla da fare.

Situazioni del genere succedono anche nella realtà, come in quel Barcellona – Rubin Kazan del 2009…


I caricamenti eccessivi

Tra un livello e l’altro possiamo completare Angry Birds, farci un caffè e magari ordinare anche da mangiare su Just Eat scegliendo da un menù ricco, ricchissimo. E anche dopo aver terminato questa infinita serie di operazioni, il caricamento non è ancora completo. Succede praticamente in quasi tutti i giochi che spingono al massimo l’hardware e diciamocelo, un minimo di ottimizzazione in più non farebbe sicuramente male…


I bimbiminkia ed i (videogiocatori) russi

Oltre alla frustrazione di non riuscire mai a vincere una partita, Playerunknown’s Battlegrounds è portabandiera di una situazione fastidiosissima: i bimbiminkia. La lobby pullula di ragazzini che si insultano, nominano dittatori più o meno famosi e ovviamente l’immancabile China Number One. Una caratteristica comune di tanti giochi ovviamente, a cui è ora di dire basta.

Ma anche i russi non scherzano. Avete mai provato a giocare a Counter-Strike con un qualsiasi abitante della (poco) ridente Mosca e zone limitrofe?


Gli annunci 15 anni prima

Kingdom Hearts III, Detroit: Become Human, il risvegliato Cyberpunk 2077 e chi più ne ha più ne metta. Sembra davvero che qualcuno si diverta ad annunciare giochi che vedranno la luce solamente anni e anni dopo. In questo caso Bethesda sembra aver dato una lezione un po’ a tutti, non trovate? D’altronde lo scheletro del papà di Fallout e Skyrim è sempre quello: annuncio e dopo 6 mesi il giochino è bello che pronto per essere gustato. Well done, Bethesda.


Multiplayer a tutti i costi

Era iniziata nel 2009, quando Uncharted 2: Il Covo dei Ladri aveva inserito un comparto multiplayer. Ben riuscito sicuramente, ma inizialmente tutti ci chiedemmo il perché di quella scelta. Ad oggi i giochi esclusivamente single player sono davvero una novità e dopo 9 anni ci chiediamo ancora il perché di dover necessariamente far giocare insieme i giocatori anche quando non ce n’è davvero il bisogno.


I server che chiudono dopo un breve periodo

Gravity Rush 2 è forse l’emblema di questa situazione. Il gioco è stato lanciato nel 2016 e dopo appena un anno i server sono stati chiusi da Sony. Un po’ troppo poco, esattamente come Devil’s Third per Wii U, che hanno resistito anche loro per poco più di un anno. E dire che qualcuno fece anche causa ad un noto publisher per questo problema, ma a quanto pare difficilmente i publisher e sviluppatori cambieranno strada.


Tutorial obbligatori e troppo lunghi

Cuphead è un esempio di come deve essere fatto un tutorial: rapido, veloce ed intuitivo. Eppure ci sono un sacco di giochi che offrono tutorial troppo lunghi ed estenuanti, mentre altri invece, pur avendo sempre le stesse meccaniche di giochi dello stesso genere, non permettono nemmeno di essere saltati. Letteralmente una perdita di tempo, no?


Il pay to win

Pagare per vincere? Una vera e propria bestemmia. Fin dall’alba dei tempi i pay to win parevano confinati al mondo mobile dove hanno trovato terreno fertile per crescere, ma da un po’ sono anche presenti su console e PC. Una pratica davvero odiosa e inutile, soprattutto per chi vuole giocare liberamente senza dover pagare per poter raggiungere un livello superiore.


Microtransazioni

Il 2017 è stato sicuramente l’anno delle microtransazioni. Ed ora di dire basta: basta alle casse premio, basta agli acquisti di oggetti estetici, basta alle skin e al mercato parallelo. Cari sviluppatori, producete il gioco e vendetelo a prezzo pieno. Fidatevi: è molto più soddisfacente.


Mi definisco amante dell'industria dei videogiochi. Adoro ogni sfaccettatura di questo mondo e ho deciso di farne, in qualche modo, il mio lavoro. Quando non scrivo (e non gioco, ovviamente) mi diletto tra la chitarra, il calcetto e le serie TV.

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