Transformers: Devastation – Recensione

Transformers: Devastation – Recensione

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[adinserter block=”1″] Prima di iniziare a leggere questa recensione dobbiamo avvertirvi: toglietevi dalla testa Michael Bay, produzioni hollywoodiane dominate da sangue, esplosioni immotivate o colpi di scena che sono soliti sconvolgere la vostra mente. Così come avete l’obbligo di allontanarvi da una generazione che cerca grafica, tecnologia e ancora grafica anche dove questi elementi non sono necessari.

Una volta precisato questo, possiamo parlare e capire la stessa lingua.

Abbiamo messo mano a Transformers: Devastation su console Xbox One e scorrazzato per un’abbondante decina d’ore tra le strade di una grande città terrestre afflitta dalla piaga dei Decepticon, la fazione malvagia nell’eterno conflitto con gli Autobot. Ecco com’è andata, ma soprattutto cosa abbiamo “sentito”.

Siamo in una città non ben definita della Terra, alcuni tentacoli meccanici di proporzioni bibliche stanno mettendo a ferro e fuoco strade ed edifici, distruggendo tutto ciò che gli si para davanti e gettando il mondo nel panico. Tra i fumi della battaglia si scontrano le forze malvagie e gli eroi destinati a combatterle: da un lato abbiamo Megatron, la sua sete di potere e tutti i crudeli alleati, Constructicon e Insecticon compresi, dall’altro gli Autobot capitanati dall’intramontabile Optimus Prime.

Il lato oscuro dei Transformers sta cercando una fonte di potere per controllare totalmente gli Insecticon e rimpinguare le fila del proprio esercito per poter trasformare il pianeta in un enorme parco giochi. È nostro compito fermarli con ogni mezzo e arma possibile.

Il lavoro svolto dai Platinum Games non può, e non deve, ricevere un recap banale sulla storia come si legge in altri articoli perchè il gioco è un ritorno al G1, ovvero l’epoca d’oro dei robot firmati Hasbro. Siamo consci del fatto che non tutti, soprattutto chi non ha vissuto gli anni ’80 e ’90, conoscano questa definizione ed è proprio per questo che nell’incipit vi abbiamo precisato di eliminare ogni pensiero riguardante le pellicole cinematografiche sull’universo Transformers: in origine questi robot erano esattamente come disegnati dallo studio di sviluppo in questione, coloratissimi e con un rapporto bipede/automezzo non del tutto veritiero.

Si tratta dunque di un ritorno alle origini dopo un certo disappunto riguardante quel famigerato Rise of the Dark Spark firmato WayForward Technologies? Sì e no, sta di fatto che molte delle sensazioni provate in quel di Colonia sono state confermate.

Siamo davanti ad un prodotto fine a se stesso, un videogame che dà in mano al giocatore due strumenti: da un lato c’è un gameplay incentrato sull’azione pura e fine a se stessa, con alla base comandi semplici ed intuitivi, dall’altro c’è la realizzazione di un sogno per chi ha sempre fantasticato con le versioni fisiche dei robottini in mano, immaginando esplosioni e dialoghi, così come scene epiche. Giocando a Transformers: Devastation chiunque finirebbe con l’avere un vago senso di déjà-vu riguardante il caro Bayonetta, un titolo importante scandito da meccaniche furiose e basato su comandi relativamente accessibili senza dover rimpiangere la mancanza di un sesto dito sulla propria mano.

Il titolo in esame presenta due comandi di attacco corpo a corpo, combinabili, uno per la schivata e un altro per la trasformazione in veicolo, contornato dall’immancabile accoppiata grilletto sinistro e destro per mira e fuoco con le armi a distanza. Non mancano alcune combinazioni speciali come la pressione di entrambi gli stick analogici per attacchi speciali, ma anche in questo caso si rimane sotto un’ottica friendly, basata sulla velocità di gioco ed un approccio intuitivo alle meccaniche. Questo ci immaginavamo da piccoli, ed è questo cercano molti giocatori odierni sui Transformers, dal nostro umile punto di vista.

L’immediatezza dei comandi si concatena con lo stile grafico scelto da Platinum Games, un cel-shading molto marcato con una palette cromatica dai toni pastellosi, altro elemento che rimanda al G1 accennato poco su. Si torna sempre lì, a quell’epoca d’oro fatta di robottini acquistati a spese dei nostri genitori nei negozi poco distanti da casa, ad un periodo in cui nessun gioco era bello come Autobot e Decepticon, in cui si smanettava in fretta e furia sui giocattoli in modo da trasformarli nel minor tempo possibile.

Una scelta azzardata? Alcuni potrebbero dire così, ma Devastation corre sulla falsa riga del videogame su The Legend of Korra se vogliamo, sempre sviluppato da Platinum Games e pubblicato da Activision, ottenendo risultati maggiori: su schermo si ha l’impressione di giocare qualcosa di nuovo ma al contempo vecchio, nel senso buono del termine, con ambienti relativamente ampi e pieni quanto basta, calibrati per non risultare pesanti sia alla vista che al gameplay, il tutto legato a quelle serie di cartoni animati che accompagnavano le giornate degli adesso vetusti sulle reti televisive.

Non è però tutto “metallo Cybertroniano” quello che luccica, purtroppo.

Ogni qualvolta tornerete alla base operativa, attraverso alcuni portali dedicati presenti nella mappa di gioco, avrete l’opportunità di sviluppare le statistiche del vostro Autobot preferito, così come creare nuovi equipaggiamenti high-tech, fondere gli armamenti trovati sul campo e scegliere il personaggio da schierare durante le missioni successive. Sebbene ogni equipaggiamento abbia i classici pro e contro (velocità a discapito di potenza, viceversa e così via…) tutto il tempo dedicato alla fusione delle armi non ci ha fatto urlare al miracolo, in quanto la fatica dedicata ad ottenere il pezzo perfetto viene spesso surclassata dal vedere che quello stesso pezzo è molto somigliante ad altri di genere diverso.

Andando nel preciso, i più pignoli sanno bene che equipaggiare due spade porta uno stile di gioco veloce, così come montare semplici guanti per il combattimento ravvicinato aumenta la potenza ma limita il lasso di tempo per la reazione tramite la schivata. Si arriva ben presto alla decisione di scegliere sempre il pezzo di equipaggiamento più congeniale al vostro gioco e di fornirlo ad ogni singolo Autobot, ponendo quindi dei forti paletti all’esperienza e alla varietà, oltre ad uccidere la personalità dei combattenti stessi.

Il sistema di potenziamento, dal canto suo, fa il suo ottimo lavoro fino ad arrivare allo sviluppo delle perk per il potenziamento degli Autobot:  per quanto riguarda le statistiche si ha una sorta di level-up durante gli scontri, così come è possibile ottenere un aumento delle stesse utilizzando la valuta ottenuta in-game, mentre l’ottenimento di abilità passive si rimetterà ad un minigioco che ci vedrà alle prese con il blocco di una stanghetta in movimento nel punto giusto di una barra. A seconda della zona in cui bloccheremo la linea otterremo oggetti più o meno potenti, ma che alla lunga diverranno obsoleti, addirittura inutili se l’esperienza verrà affrontata a livello difficile.

Nonostante si possa benissimo terminare il gioco anche senza lo sviluppo di abilità secondarie, sarebbe stato davvero un bel modo di incollare qualche ora in più il giocatore allo schermo, soprattutto vista la longevità di gioco troppo breve. Una decina d’ore sono più che sufficienti per terminare la storia principale del gioco per salvare il mondo e, purtroppo, le missioni opzionali sparse qua e là per la mappa di gioco sono strutturate per essere molto brevi, così come senza profondità, finendo con l’essere viste come dei mini-giochi a sé in puro stile arcade.

In conclusione…

“Non c’è bellezza migliore di un difetto”, diceva il saggio, ed in questo caso è vero.

Transformers: Devastation, nonostante dia l’impressione di essere un gioco d’altri tempi, è divertente, parecchio divertente, anche se l’ambientazione ricreata, così come la scelta di ritornare alla Generazione 1, potrebbe far storcere il naso ai videogiocatori più giovani o “ricercati”.

Si tratta fondamentalmente di un videogame che tenta di unire vecchia e nuova scuola, fondendole in un mix vincente: Autobot, Decepticon, Constructicon, Insecticon sono esattamente come dovrebbero essere, dai colori sgargianti e doppiati da alcune voci storiche della serie animata, ma vengono gettate in un contesto troppo sommario, ambienti di gioco in primis. Sarebbe stato meglio limare ancora qualche angolo un po’ troppo appuntito, dedicare qualche ora in più al design ambientale e approfondire la personalizzazione dei propri Autobot per raggiungere la perfezione, una perfezione che non sarebbe stata tradotta in un 10 secco, ma in un’esperienza di cui i giocatori avrebbero fatto tesoro per svariato tempo.

Ciò che vogliamo premiare è però il fattore nostalgia che ci ha portato ad andare alla ricerca di Megatron, una nostalgia che ci lancia indietro negli anni, a quando eravamo sdraiati in terra, giocattoli in mano, senza plasma o Energon, solo con l’arma più potente: la fantasia.

VOTO: 8/10

Appassionato e divoratore sfegatato di videogame, scemo a tempo pieno, cacciatore di Cosplayer, cuoco mercenario e cercatore di risposte a domande esistenziali come: "A cosa servono gli slot uniti delle armi di Final Fantasy VII?", "Cosa diavolo sono le Junction?", "Freija che animale è?" e "Quina quant'è brutta?". Comunque non ho ancora capito quanto sia brutta Quina e se Freija sia un topo o uno shitzu.

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