Nobunaga’s Ambition: Sphere of Influence – Recensione

Nobunaga’s Ambition: Sphere of Influence – Recensione

Tecmo Koei ci ha fatto vivere in lungo e in largo il glorioso passato del Giappone, forgiato da guerre, intrighi, alleanze e tradimenti. Salvo rari casi, i panni indossati sinora erano quelli di brutali generali pronti a sporcarsi le mani con i loro sottoposti direttamente sul campo di battaglia, persi tra la folla di carne da macello da massacrare con precisi e spesso scriteriati colpi di ascia e lama, ma di tanto in tanto, la componente strategica ha avuto il sopravvento.

Con Nobunaga’s Ambition: Sphere of Influence, ultimo capitolo di una serie nata addirittura nel 1983, approda finalmente in Europa l’anima più precisa e chirurgica di quella “dolce metà” dal sapore tattico dei vari Dynasty Warriors e co. Ma il ruolo dello stratega non è per niente semplice, e non è solo colpa dell’insormontabile barriera linguistica, o peggio, delle scritte tremendamente piccole.

Il periodo è ancora una volta quello Sengoku, turbolento e maestoso. Più nello specifico, gli scenari proposti spaziano dal 1534 al 1615, ma tra le prime cose a spiccare è la scelta del team di optare per un approccio ibrido, lasciando al giocatore la possibilità di scegliere se seguire le orme e le imprese dei condottieri menzionati sui libri di storia, accettando saltuariamente specifiche missioni, o se crearsene uno tutto suo e scrivere a sua volta la storia. Prima di tirar fuori mappe e cannocchiali per studiare al meglio il nemico, vi aspetta però un lungo ed estenuante tutorial nei panni del giovane ed inesperto Hideyoshi Kinoshita, con la battuta sempre pronta e ben poca voglia di dedicarsi all’unificazione del Giappone sotto una sola, insanguinata bandiera.

Guidati dal saggio Masahide Hirate, vi verranno mostrate le basi del profondo gameplay del gioco, accompagnate da una sfilza di nozioni e informazioni davvero difficili da assimilare, colpa anche della mancata localizzazione in italiano: un primo ostacolo, per i non-anglofoni, da non sottovalutare minimamente. Si parte dall’importanza dei tre fattori principali che regolano lo sviluppo e la crescita delle singole città, ovvero agricoltura, commercio ed esercito, che potranno essere aumentati mese dopo mese (ovvero turno dopo turno), investendo il denaro e la forza lavoro, risorse fondamentali alle quali sono associate gran parte delle numerosissime azioni (quest’ultima in particolare, in quanto verrà rigenerata solo al turno successivo).

Una volta messe le mani in pasta con le basi, sia della gestione del proprio territorio che dei combattimenti, molto scarni e spesso risolvibili in automatico (anche per risparmiare preziosissimo tempo, che al cospetto di un monte ore devastante – nel senso buono – potenzialmente tendente alle 80/100 ore, male non fa, ndr), ci si inizia a perdere tra i menu. Ogni voce apre un ventaglio di opzioni e azioni con le quali espandere a macchia d’olio la potenza del proprio clan, selezionabile di volta in volta tra i tantissimi presenti ad inizio partita: si passa dall’espansione delle singole città aggiungendo distretti o specializzandole costruendo speciali strutture, al potenziamento di mura e difese per resistere agli assedi, che un po’ come in Total War, potranno essere condotti per sfinimento, oppure danneggiando irrimediabilmente il centro abitato. Si possono migliorare le strade, velocizzando gli spostamenti delle truppe da una provincia all’altra, oppure cambiare le proprie politiche, più progressiste o di stampo militare, con le dovute conseguenze.

Non manca però l’approccio più profondo e subdolo, basato sulla diplomazia. Dal tentare di portare tra le proprie fila un condottiero nemico, o quantomeno portarlo alla ribellione contro il suo daimyō, fino alle proposte di matrimonio, ai trattati di pace al primo accenno di trovarsi sul piede di guerra, al tenersi buoni i clan e le tribù limitrofe, nella speranza di poterli invocare in caso di difesa del proprio territorio, o di conquista di quello nemico.

Le opzioni a disposizione del giocatore sono tantissime, e solo i suggerimenti del Consiglio, che si riunirà ogni mese con un recap di quel che è accaduto sinora e un bilancio tra spese ed introiti, oltre a delle notifiche che segnaleranno le richieste più impellenti (una fortezza rimasta senza daimyō, una popolazione pronta a ribellarsi), gli eviteranno di perdersi in una melma burocratica che ben rispecchia la controparte reale. Ogni azione porta le sue ovvie conseguenze, e starà al giocatore scegliere di volta in volta come muoversi, e come gestire al meglio le risorse in suo possesso.

Un esempio pratico: ogni settembre raccoglierete i frutti (letteralmente) di un anno di strategie volte allo sviluppo (o affossamento) dell’agricoltura, ritrovandovi con cibo in quantità. Potrete venderlo ai mercanti (badando bene ai prezzi in continuo cambiamento, influenzati da eventi disastrosi, come carestie o inverni particolarmente severi, o dai risvolti estremamente positivi), e magari sfruttare quel denaro per acquistare regali con i quali “comprare” i membri più importanti dei clan rivali, o la fiducia dei propri generali (ognuno con tratti specifici, ma anche un volubile valore di Lealtà, che se troppo basso li porterà a fare le valige), o semplicemente per lavori di potenziamento delle strutture. Il cibo però sarà fondamentale per le truppe in movimento, le quali potranno resistere solo per qualche mese: partire per una lunga campagna di conquiste senza le provvigioni necessarie, porterà dritti dritti verso un bagno di sangue, poco ma sicuro, e sarà proprio quel valore, più del numero delle truppe stesse, a determinare la vostra potenza (ma tranquilli, i vostri consiglieri vi faranno desistere nel caso in cui l’ardire fosse destinato a trasformarsi in suicidio).

Una volta padroneggiate tutte le variabili, così come le meccaniche che regolano il complesso mondo di Nobunaga’s Ambition: Sphere of Influence, sarà davvero dura staccarsi. Per quanto l’IA nemica lasci fin troppo respirare il giocatore, almeno nelle fasi iniziali, limitando al minimo gli attacchi, il Giappone in continuo fermento darà l’impressione di far parte di un ecosistema vivo e pulsante, tra clan che si uniscono e altri che si fanno la guerra, onorevoli daimyō beffati dal destino, figli usurpatori che salgono immeritatamente al trono, e non mancherà il contatto con l’Occidente e le “magiche” armi in suo possesso. Gli intrighi, i tradimenti, i figli illegittimi tra dinastie, contribuiranno a plasmare una nazione piena di contraddizioni e fascino, sia che optiate per l’approccio “su binari”, scandito da missioni che proveranno ad indirizzarvi verso una determinata direzione, sia che vi affidiate al vostro cuore e al vostro istinto.

Fascino però spazzato via in parte dal pessimo comparto tecnico, con la mappa del mondo di gioco che sembra provenire da qualche vecchia generazione di console, squadrata e dalle texture estremamente sporche. Per quanto sia da apprezzare la cura nei dettagli quando si attiva l’inquadratura ravvicinata (tra le varie proposte), notando i cantieri, le strutture che si espandono e si evolvono, oppure i cittadini che vanno a lavorare nei campi, che si godono il teatro o che si esercitano a cavallo, ma anche durante le battaglie, circondate da fortezze e campi, l’impatto visivo generale è un vero pugno in un occhio, e a salvare la situazione ci pensa unicamente il piacevole cambio di tonalità tra una stagione e l’altra. La caratterizzazione dei personaggi è sempre di buon livello, così come la fitta rete di dialoghi (ripetiamo, tutti in inglese e di non così semplice comprensione) e le musiche, anche se in alcuni casi stoneranno non poco con l’atmosfera. A stonare è anche un’insospettabile simpatia di fondo, che però accettiamo di buon grado: dal tono di alcune conversazioni (tutorial in primis), alla possibilità di visualizzare alcuni austeri generali in forma di buffi gattoni samurai, Nobunaga’s Ambition, nonostante la sua severità, non sembra volersi prendere troppo seriamente.

In conclusione…

Basterebbe il semplice fatto di essere uno dei pochissimi giochi di strategia disponibili su PS4 a permetterci di consigliarlo a cuor leggero agli amanti del genere, ma sarebbe un peccato non elogiarne i meriti. Nobunaga’s Ambition: Sphere of Influence è tremendamente profondo e complesso, pronto a coinvolgere gli appassionati per un’infinità di ore, tra gli scenari preconfezionati che sarà possibile giocare anche a briglie sciolte, magari nei panni di un condottiero inventato di sana pianta. Il controllo via levette/touchpad del Dualshock 4 non fa troppo sentire la mancanza di mouse e tastiera, ma un pizzico di confusione generale, tra lo sterminato numero di città conquistabili e con le quali è possibile interagire, ma anche di voci nei menu, rese più digeribili da manuali consultabili in qualsiasi momento, la si respira di tanto in tanto.

Una volta presa confidenza (ma ci vorrà del tempo, colpa di una curva di apprendimento ripidissima), sarà dura staccarsi e mettere in pausa l’agognata unificazione del Giappone. Peccato per la mancata localizzazione in italiano, che impedirà agli strateghi non-anglofoni di immergersi pienamente (se non del tutto) nel dedalo tecnico-tattico targato Tecmo Koei.

Voto: 7,5/10

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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