Tearaway Unfolded – Recensione

Tearaway Unfolded – Recensione

Se c’è una cosa di cui bisogna prendere atto, è che Sony ha sempre avuto un certo occhio per alcuni sviluppatori e le loro idee, non tanto perché in grado di cambiare il mercato o l’idea stessa di videogioco, ma piuttosto per la capacità di questi ultimi di adattarsi ad esso, alle nuove tendenze e ai nuovi giocatori che, soprattutto nell’era Playstation 3, hanno fatto capolino nel nostro hobby preferito.

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Media Molecule è senza dubbio una delle software house che meglio rispecchia la descrizione, che ha saputo farsi conoscere attraverso LittleBigPlanet, uno dei primi titoli a sfruttare le nuove potenzialità di internet e di calcolo per proporre un universo di contenuti creati dagli utenti. Allo stesso tempo, hanno saputo sfruttare Playstation Vita con Tearaway, un vero e proprio tripudio di creatività. Eppure, l’avventura di Iota non ha avuto un gran seguito, ed è per questo motivo che Sony ha deciso di riproporlo su PS4, forte delle potenzialità del Dualshock 4 e dell’estro dei ragazzi di Media Molecule. “Carta canta”, ma vi assicuriamo che quella di Tearaway Unfolded riesce a fare ben altro! 

Anche con Little Big Planet, gli sviluppatori di Media Molecule hanno sempre cercato di raccontare una storia, di trasmettere un messaggio che vada ben oltre la dimensione contenuta del videogioco, ma che riesca in qualche modo ad abbattere la quarta parete e a scuotere l’animo del giocatore, che mentre preme quei tasti sul controller viene chiamato in causa in un modo tutto nuovo, quasi bizzarro. L’avventura di Iota e Atoi, i due messaggeri tra cui è possibile scegliere (uno maschio ed uno femmina), è esattamente questo, un vero e proprio testamento di meta-narrazione che si sviluppa con coerenza e stile lungo l’arco di tre “mondi” suddivisi in capitoli dalla durata variabile. Vallecarta e Sogport sono le ambientazioni principali, e il nostro compito di “Tu”, colui che dall’altra parte dello schermo muove i fili del mondo di Tearaway, è quello di guidare il messaggero fino al Buco nel Cielo, per consegnare il suo messaggio. Mai ci era successo di rimanere così ammaliati dalla struttura narrativa di un gioco, non tanto per lo spessore degli eventi raccontati, quanto piuttosto per la capacità in ogni battuta ed in ogni situazione di far sentire il giocatore, il Tu, realmente partecipe dell’avventura del messaggero di carta. Il messaggio che dovrà consegnare Iota (o Atoi) è in fin dei conti il messaggio che gli sviluppatori hanno sempre cercato di consegnare ai propri giocatori: non abbandonare la propria creatività. Se in Little Big Planet la creatività stava nel creare qualcosa, qui sta piuttosto nel permettere al giocatore di manipolare un mondo virtuale abbattendo qualsiasi muro tra videogioco e giocatore. Un approccio coraggioso, di chi proprio non vuole cedere ai compromessi del mercato odierno. Il mondo costruito da Media Molecule va ben oltre le apparenze, ma allo stesso tempo non dimentica che, alla base, è pur sempre un’esperienza interattiva: un videogioco.

Il gameplay non è infatti un elemento di contorno, ma è uno dei tanti mezzi attraverso cui la storia prende forma. Il dualshock non è più solo un mezzo attraverso cui facciamo cose, ma è uno dei protagonisti dell’avventura, il misterioso arnese attraverso cui il Tu (cioé noi) manipola il mondo di gioco per aiutare i suoi abitanti e il messaggero. Pur avendo perso le potenzialità hardware di Playstation Vita, gli sviluppatori sono riusciti a sfruttare le caratteristiche peculiari del controller di Playstation 4 per offrire un’esperienza fresca e convincente allo stesso modo. Il touchpad è ovviamente la feature più utilizzata, ed attraverso precisi movimenti sarà possibile compiere svariate mosse: premendolo interagiremo con dei tamburi sparsi per il mondo di gioco e utilizzabili per far arrivare il messaggero in zone sopraelevate, o per scaraventare le Cartacce, i nemici di Vallecarta e Sogport; con un veloce scorrimento delle dita potremo allo stesso modo creare raffiche di vento nella direzione da noi desiderata. Per non parlare poi della meccanica del lancio, attraverso cui potremo farci lanciare dal nostro messaggero un oggetto “dentro” il nostro controller per poi lanciarlo attraverso la luce guida. Quest’ultima, pur rifacendosi alla luce emanata dal controller, andrà attivata con la pressione dei tasti dorsali, e permetterà di guidare il nostro messaggero nei luoghi bui, di accecare le cartacce o semplicemente di guidare le bizzarre creature che popolano le terre di carta. Interazioni semplici e immediate, che rendono però il gameplay di Tearaway coinvolgente e assolutamente originale sotto molti punti di vista. Se siete dotati di Playstation Camera o, piuttosto, avete voglia di utilizzare la playstation app, potrete mostrare il vostro aspetto alle creature di carta o modificare alcuni elementi dello scenario come più vi aggrada. La storia e i suoi protagonisti vengono plasmati secondo le nostre regole, e Media Molecule non ci permette per nessuna ragione di dimenticare questo particolare, vero e proprio leitmotiv dell’esperienza.  Più e più volte sarà infatti richiesto il nostro intervento di creatori per soddisfare le esigenze degli abitanti: simboli, fiocchi di neve, nuvole, pesci. Il gioco non esiterà a chiederci di creare da zero la nostra versione di molteplici elementi, distrutti dall’arrivo delle cartacce e quindi privi di forma. In questo senso, il mondo di carta di ogni giocatore sarà differente, perché plasmato secondo le proprie regole e i propri gusti. Non a caso la condivisione è uno degli elementi cardine dell’esperienza, con una vera e propria macchina fotografica che ci permette di immortalare qualsiasi istante (anche come GIF animata!) per poi condividerlo su tearaway.me, piccolo social network dedicato al gioco. Tutto in Tearaway Unfolded è al posto giusto, e la sua anima da semplice platform, per quanto basilare possa essere, viene arricchita dall’ottimo sistema di controllo e da alcune trovate di design semplicemente magiche. Peccato però che alcuni momenti vengano rovinati da una telecamera non sempre all’altezza, e che in più di un’occasione ci ha costretto a ricaricare il checkpoint perché totalmente fuori controllo. Un piccolo neo che non mina l’esperienza nella sua totalità, ma che in quanto platform non gli permette di raggiungere vette un pochino più elevate.

Vette che, nonostante tutto, riesce agilmente a raggiungere dal punto di vista puramente visivo. Tearaway Unfolded è una gioia per gli occhi, ma non perché abbia dalla sua una complessità poligonale fuori di testa o texture ad altissima risoluzione, ma piuttosto perché riesce nella sua semplicità a togliere il fiato in più di un’occasione. Siamo di fronte ad un mondo di carta, animato, vivo e pulsante che non ha precedenti per quanto riguarda il mondo dei videogiochi. La carta prende vita, forme e movimenti con una naturalezza spiazzante. Quando il mondo di Tearaway si apre letteralmente ai tuoi occhi, capisci perché il videogioco avrà sempre una capacità espressiva superiore a qualunque altro medium, nelle mani giuste s’intende.

Discorso analogo per la colonna sonora, con tonalità estremamente peculiari che ricordano i suoni di The Nightmare Before Christmas, di Tim Burton. Buffo, grottesco e quasi partorito dalla mente di un bambino dalla fantasia sfrenata, il mondo di Tearaway prende vita anche grazie ad uno splendido lavoro di doppiaggio, tutto in italiano, con due bizzarri narratori che rendono l’esperienza ancora più surreale.

In conclusione…

Tearaway Unfolded è, come il titolo originale, un vero e proprio gioiello. Espande quanto visto su Playstation Vita e riesce addirittura ad arricchire una formula già estremamente convincente. Il Dualshock 4, pur con i suoi limiti, viene sfruttato in modo saggio e divertente, diventando vero e proprio protagonista dell’avventura. L’avventura di Iota e Atoi dà il meglio di sé proprio sotto questo punto di vista, riuscendo a proporre al giocatore delle interazioni con l’ambiente di gioco e con i suoi personaggi assolutamente originali ed esilaranti.

La magia del mondo di Media Molecule sta proprio nella sua capacità di avvolgere il giocatore nell’universo di carta da loro creato, stimolando e divertendo come solo un videogioco può fare. Peccato per la telecamera, che vi riserverà qualche momento di frustrazione, ma di fronte a tutto il resto non si può che tirar giù il cappello (di carta). Noi abbiamo consegnato il messaggio, ci auguriamo che voi facciate lo stesso: mica vorrete far arrabbiare i Wendigo di carta?

Voto: 9/10

Mi piacciono i videogiochi e mi piace scrivere, perché non unire le due cose? So anche imitare Topolino e Joe Bastianich, ma non mi pagano per farlo.

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