Popcorn Time: Ant-Man – Recensione

Popcorn Time: Ant-Man – Recensione

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A distanza di un mese dalla release internazionale, arriva anche da noi Ant-Man, il nuovo film della Marvel che introduce il piccolo eroe amico delle formiche nel Cinematic Universe. Diciamoci la verità: questi film sui supereroi cominciano ad essere indigesti a molti, ma la Marvel ha deciso di optare per un genere diverso questa volta. Ant-Man è infatti a tutti gli effetti un heist-movie, ovvero un film su un colpo da mettere a segno con una squadra, in pieno stile Ocean’s Eleven per intenderci. Il comic-movie si piega quindi a questo secondo genere e la genesi dell’eroe coincide con lo studio del piano da eseguire, una mossa molto furba da parte degli sceneggiatori, che in tal modo risparmiano tempo (un elemento importante in un film che presenta un personaggio) e intrattiene gli spettatori ricalcando gli archetipi del genere.

Il protagonista è Scott Lang, un uomo appena uscito di prigione per un reato sì commesso, ma dall’intento nobile. Le sue “doti” vengono notate da Hank Pym, uno scienziato che cela più di un segreto. Pym è stato infatti l’inventore di una tecnologia che permette di rimpicciolire cose e persone sino alla grandezza di una formica. Questo potere, racchiuso in una tuta, ha dato vita al primo Ant-Man, che altri non è che lo stesso Pym. Ma ora lo scienziato è anziano e una nuova minaccia si presenta all’orizzonte: qualcuno è riuscito a copiare la sua tecnologia e prima che questa finisca nelle mani sbagliate sarà necessario distruggere tutti i dati della ricerca e rubare il prototipo della tuta ispirata al lavoro di Pym. Ecco che quindi entra in gioco Lang, interpretato da Paul Rudd, che vestirà i panni di un nuovo Ant-Man e che insieme alla sua squadra tenterà di fermare l’avanzata del Calabrone, lo sfidante di Pym.

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Da questa storia, tanto semplice quanto classica, si sviluppano diversi temi e parallelismi, come quello tra Pym e Lang che condividendo il ruolo di Ant-Man, sono accomunati da una situazione familiare simile in cui il rapporto con la figlia è da ricostruire in entrambi i casi. Per i fan dei fumetti (a cui, ricordiamo, è principalmente diretto il film) sarà dunque un piacere che la prima volta di Ant-Man sullo schermo coincida anche con il primo caso di passaggio di testimone tra una “versione” ed un’altra di un supereroe, un elemento a cui molti sono abituati sul cartaceo, ma che in sala è del tutto inedito. Ecco quindi che la genesi dell’eroe si sdoppia e combacia al tempo stesso con il passaggio di testimone, un elemento su cui il regista gioca anche a livello visivo, come nella sequenza che conclama la definitiva affermazione di Ant-Man come eroe.

Il film, dalla lunghissima e travagliata gestazione, porta ancora molti segni del suo ideatore originale, ovvero il mai troppo elogiato Edgar Wright a cui dobbiamo quel capolavoro di Scott Pilgrim VS The World. Purtroppo il regista ha dovuto lasciare la sedia del comando a Peyton Reed, ma la sua mano sulla sceneggiatura resta (fortunatamente) molto pesante, donando all’intera pellicola una freschezza riscontrabile in questa serie soltanto ne I Guardiani della Galassia.

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Quando Ant-Man entra in azione si aprono opportunità per la creazione di situazioni che giocano interamente sullo stupore che può suscitare il mondo visto dal punto di vista di una formica e, in effetti, il film non perde mai occasione per lasciare lo spettatore a bocca aperta: le sequenze d’azione sono spettacolari, sempre cariche di humor e molto ingegnose sul fronte “tattico”. Gli elementi a disposizione degli autori per sbizzarrirsi sono quindi l’opportunità di Scott di rimpicciolirsi e ingrandirsi, sferrando quando è piccolissimo dei letali pugni microscopici ma potentissimi. Scott può infine controllare un esercito composto da varie specie di formiche, ognuna delle quali con il suo compito ben preciso durante il colpo.

Il tutto è quindi messo in scena da una selezione di attori molto valida pescata in gran parte dal mondo delle serie tv, partendo dallo stesso Paul Rudd (che ha la faccia da sbruffone adatta al ruolo di Ant-Man), passando per Evangeline Lilly che dopo Lost e Lo Hobbit ora vive un periodo di successo, sino al nemico interpreto da Corey Stoll apprezzato recentemente in The Strain, serie ad opera di Guillermo del Toro. Chiude il cast dei nomi celebri Michael Douglas chiamato ad interpretare il primo Ant-Man, Hank Pym.

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Di sicuro Ant-Man fa ben poco per convincere i detrattori del progetto Marvel Cinematic Universe: nonostante il leggero cambio di genere, si tratta comunque pur sempre di un film che preso fuori dal contesto del progetto perde di valore e non può essere compreso appieno (numerosissime sono infatti le briciole lasciate in giro per il futuro…), facendo assomigliare sempre più queste pellicole a delle abnormi e costosissime puntate di un telefilm che si sviluppa ogni quattro o cinque mesi con l’uscita di un nuovo capitolo.

Questo è quindi un problema che non riguarda direttamente Ant-Man, che anzi fa di tutto per diversificare con deviazioni sui generis. Il progetto della Marvel prosegue senza fare prigionieri e non si può negare che, nel suo complesso, non sia qualcosa di inedito e assolutamente originale. Il prossimo appuntamento con Ant-Man invece sarà l’anno prossimo in Captain America: Civil War dove la sua presenza, insieme a quella del nuovo Spider-Man, è già stata confermata. Troppi insetti in giro? Questo è solo l’inizio…

Da quando ho scoperto che i piaceri che i miei pollici opponibili potevano darmi con un joypad erano pressoché infiniti non ho mai smesso di videogiocare. Appassionato di cinema e musica, sempre e solo a livello maniacale.

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