Lost Orbit – Recensione

Lost Orbit – Recensione

Avete presente quell’amico che, vedendovi armeggiare al joypad con l’indie di turno, vi domanda con fare sprezzante: “Oh, ma che è sta roba!?”.

Bene, oggi siamo qui per dirvi che potete tirargli un bello schiaffo (morale, eh!) in faccia.

È vero, di titoli indie ormai si sta saturando il mercato, ma ciò non toglie che ogni tanto escano fuori delle splendide perle capaci di farci apprezzare il lavoro svolto da piccoli team sconosciuti e dai nomi alquanto improbabili. Lost Orbit è stato uno di questi, capaci di catalizzarci di fronte al monitor per tutta la (breve) durata della trama e di esaltarci una volta arrivati ai titoli di coda.

I ragazzi di PixelNAUTS, piccola software house canadese composta da appena 6 membri, sono riusciti a farsi notare dagli occhi attenti che Sony e Steam hanno nei confronti dei titoli indipendenti, ottenendo la pubblicazione per il 12 Maggio 2015 sul PSN e sulla piattaforma PC di Valve, senza però ricevere l’attenzione mediatica che meriterebbero di diritto!

Lost Orbit è uno di quei titoli che, senza grandi spiegoni e prendendosi qualche missione iniziale per mettere a proprio agio il giocatore, sa raccontare una storia di per sé fin troppo semplice, rendendola però qualcosa di sorprendente e capace di uscire dai canoni nei quali potrebbe banalmente venir inquadrata. Harrison è un astronauta riparatore che, nella monotonia della propria grigia esistenza, passa le giornate a riparare droidi e recuperare materiali fluttuanti nello spazio profondo a bordo della sua fidata navicella.

Tutto cambia quando questa viene distrutta da una misteriosa creatura che lo condanna a morte certa, essendo fornito solo della propria tuta e del jetpack. Harrison, involontariamente con la sua sola presenza, genera un impulso che crea delle interferenze nel sistema “emotivo” della sonda Artrym, voce narrante del disperato ritorno verso casa dell’umanoide, che passa da mero osservatore ad amico e aiutante. Per raggiungere la salvezza, la nostra coppia deve prima superare 4 galassie che li separano da casa: Horizon, Vega, Altair e Sol, ognuna dominata da cromie ed elementi di gameplay peculiari.

La genesi di shooter a scorrimento verticale, per quanto old school, è ancora oggi una formula attuale e capace di inchiodare i giocatori, pad alla mano. I ragazzi di PixelNAUTS hanno imbastito un gameplay solido, semplice e immediato, denominato dal team di sviluppo stesso “Dodge ’em Up”, che praticamente si traduce in un sistema di controllo che, mediante lo stick analogico, direziona i movimenti di Harrison restituendo un feedback molto particolare di “lentezza” dovuta alla forza di gravità onnipresente e che ci è davvero piaciuto molto.

Raccogliendo gli Obtainium, speciali pietre rosa, si ha accesso a 3 sezioni di potenziamenti: Difensivi, Utilità e il Mega Turbo; quest’ultimo particolarmente utile per terminare i livelli nel minor tempo possibile. Attraversare infatti tutti e 40 gli stage senza morire (cosa davvero difficile), raccogliendo tutti i cristalli e con i minutaggi più bassi, riceveremo un punteggio che si tramuterà poi in Obtainium extra da spendere nell’apposito menu.

Ahinoi, la durata della trama rappresenta il punto più debole della produzione: in appena 3/4 ore vi ritroverete ai titoli di coda e, per un titolo del genere, è un fattore che pesa, vista sopratutto la mancanza di ulteriori contenuti end-game; fatta eccezione per 10 prove a tempo. Che Lost Orbit si divori in poco tempo è innegabile, ma lo è anche la sua varietà in termini di trovate stilistiche e non, aggiunte man mano nei livelli per aumentare difficoltà e adrenaliticità allo stesso tempo.

Buchi neri spazio-temporali, pianeti infiammati, larve spaziali e molto altro ancora renderanno palpabile il senso di progressione del protagonista, il tutto dietro le riflessioni psico-filosofiche di Artrym e sulla sua perplessità circa l’avventatezza di Harrison e l’intricata sfera emotiva umana e cibernetica che, per una volta, sembrano andare di pari passo… in sintonia!

A livello artistico e tecnico Lost Orbit è un piccolo gioiello che andrebbe custodito gelosamente nel proprio portagioie virtuale, sia esso Playstation 4 o PC. Il livello di dettaglio é davvero buono e la semplice quanto efficace caratterizzazione di Harrison e della sonda sono un ritratto della direzione artistica minimale e profonda di PixelNAUTS. I colori scelti per le varie galassie, ad esempio, sono uno splendido spaccato degli elementi che normalmente si trovano sulla crosta terrestre: Horizon è permeato da un bagliore rossastro, quasi un mondo costantemente al volgere della notte, prima dell’arrivo delle tonalità verdi di Vega.

Quest’utima è la sezione di gioco meglio riuscita per il contrasto creato dal verdeggiare selvaggio della natura nello spazio arido e privo (apparentemente) di vita. Altair, con la sua luce blu, richiama i colori del mare e qui uscirà fuori la vera “anima” di Artrym e i suoi sentimenti verso il protagonista. Sol infine è la parte realizzata con meno incisività, a causa dei colori leggermente più spenti e senza grandi spunti creativi come i precedenti.

Al netto di quanto detto, la produzione artistica è ai massimi livelli e ci auguriamo di vedere presto altri progetti della software house canadese.

Una (grande) menzione d’onore va fatta al comparto audio del titolo, che si scopre essere una parte integrante e fondamentale di tutta l’esperienza, e dell’emozione che Lost Orbit saprà regalarvi.

Il parlato della sonda robotica è di buona fattura ed è con piacere che si scopre come in sottofondo ci sia un gracchiare che giustifichi la provenienza cibernetica della voce. Giancarlo Feltrin, il compositore della colonna sonora, mette la firma su un prodotto scintillante che, ne siamo convinti, non sarebbe stato tale senza un adeguato accompagnamento sonoro.

Si spazia da traccie orchestrali a sound elettronici che caricano il giocatore e fanno sperare che il livello non finisca mai. Non sarà raro trovarvi infatti a trattenere il fiato dopo aver prontamente schivato un meteorite, galvanizzati dal lisergico scorrere della musica mentre andate a ritmo,  e quando ve ne accorgerete, allora ne vorrete ancora… e ancora.

In conclusione…

Lost Orbit è un titolo che approda sugli store digitali di Sony e Valve senza destare il clamore che gli spetta, perché è un gioco che merita di essere visto, ascoltato e soprattutto… giocato!

I ragazzi di PixelNAUTS riescono a donare profondità e spessore ad una trama semplice e lineare, ma tempestata di riferimenti psico-filosofici in grado di farvi rivalutare l’aria spensierata che permea il gioco.

Al netto di una durata sin troppo breve (3/4 ore), Lost Orbit mostra tutto il suo carattere con galassie capaci di far sognare il più burbero dei videogiocatori e galvanizzare chiunque con il suo Dodge ’em Up semplice, fresco e immediato.

Una colonna sonora semplicemente perfetta dona quel quid in più che ritocca un titolo che sa di nuovo, nonostante attinga a piene mani da uno dei generi più vecchi di sempre… lo shooter a scorrimento!

Per chi scrive, uno dei candidati a Miglior Indie del 2015!

Voto: 8,5/10

Videogiocatore incallito, afflitto da una rara fissazione per la Tecnologia e la Musica. Sonaro sotto sotto, ma aperto a qualsiasi altro degno pretendente. Il dottore gli ha prescritto una dose costante e massiccia di musica ogni giorno accompagnata da tutto ciò che è Geek e/o Nerd. Suonatore mediocre di chitarra e pianoforte (tra le altre cose), studia Informatica all'Università per diventare sviluppatore di Videogiochi. Quando ispirato scrive sul suo blog: https://davidfool94.wordpress.com

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