Sull’onda dell’ottimo successo di critica e pubblico riscosso da Dallas Buyers Club, Jean-Marc Vallée torna su grande schermo con Wild.
Il film assomiglia parecchio al deja-cult interpretato da Matthew McConaughey e Jared Leto – almeno a livello di “ricetta” – proponendoci una storia di tragica redenzione spirituale e fisica che scende a patti con le tragedie umane alla ricerca di una via di fuga… nella natura selvaggia, in questo caso.
Reese Witherspoon interpreta Cheryl, una ragazza con più problemi che anni d’età (a partire dall’eroina fino ad arrivare alla prematura scomparsa della madre passando per un padre violento e pericoloso) che decide di affrontare (a piedi) i 1600 km che compongono il Pacific Crest Trail. Il tutto in completa solitudine.
Immediato e scontato il paragone con un’altra (bella) pellicola simile fin dal titolo: Into the Wild.
Se nel lavoro di Sean Penn si cercava l’anima nei paesaggi, nelle rocce, nelle foglie degli alberi, in questo la ricerca punta invece con forza e risolutezza all’essere umano. Non è Cheryl che esplora la natura selvaggia, piuttosto la natura selvaggia che ci aiuta a comprendere meglio Cheryl. Una differenza sostanziale di ottica, per riassumere in poche parole.
Chris McCandless gridava al vento la libertà insegnandola – scena per scena – all’incantato spettatore, in Wild l’immensità delle distese americane scolorisce al cospetto di una psicologia complessa e molto più sterminata, affascinante, insidiosa.
La vera meraviglia del mondo è l’essere umano, per quanto possa essere perduto, confuso, perso, ingenuo.
Da vedere.
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A noi ricorda…
Journey: piccolo capolavoro del mercato indie, questo titolo vi permetterà di vagare per terre selvagge e sconfinate dipingendo – frame per frame – una tela infinita e intrisa di colore, musica, sensazioni indimenticabili. Se non l’avete provato il consiglio è il solito: rimediate!
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A settimana prossima con una nuova recensione!
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