Criminal Girls: Invite Only – Recensione

Criminal Girls: Invite Only – Recensione

“Le brave ragazze vanno in paradiso, quelle cattive dappertutto” recita un famoso libro di Ute Ehrhardt. Ebbene le cattive ragazze di Criminal Girls sono arrivate anche in occidente, con un po’ di ritardo e qualche intoppo NIS America è riuscita comunque a realizzare il sogno di quei videogiocatori incuriositi da questo titolo decisamente sopra le righe.

Dedicato ad un pubblico di soli maggiorenni, Criminal Girls ha già fatto parlare di sé per via delle censure apportate alle versioni nostrane, ma si tratta veramente di un titolo osé? In cosa consiste esattamente il gameplay di questo gioco? Scopriamolo insieme in questa recensione.

Trovare un lavoro al giorno d’oggi è un impresa non da poco, fra annunci farlocchi e stipendi da fame: dopotutto a chi non è mai capitato di imbattersene in uno? Per il protagonista di questa storia doveva trattarsi di un lavoro da guardiano di uno zoo ma qualcosa è andato storto finendo a lavorare niente meno che all’Inferno. Dove sono i sindacati quando servono?

Chiarito il malinteso fra una frustata e l’altra della sadica collega di lavoro Miu, il protagonista deve rassegnarsi al suo triste destino, non potendosi licenziare e tornare al mondo reale.
L’inferno però non sembra un posto così brutto quando dalle gabbie escono delle graziose ragazze: sono loro infatti gli “animali” da sorvegliare e prendersi cura.

Peccato che l’illusione di trovarsi in mezzo a un harem duri ben poco, le donzelle in questione sono infatti potenziali criminali da riportare sulla retta via e non dolci fanciulle uscite da un libro di fiabe.

Tempo di capire questi basilari concetti che un misterioso incidente porta i mostri dell’inferno ad attaccare il gruppo. È tempo di combattere e le nostre criminali hanno un modo tutto loro di difendersi.

Il protagonista, che prenderà il nome del giocatore per una maggiore immedesimazione nella storia, non potendo partecipare direttamente alle battaglie si occuperà di spronare le ragazze a farlo per lui.

Combattere equivale infatti a uno degli allenamenti necessari alle peccatrici per tornare alla vita terrena, peccato che alle piccole galeotte la motivazione per farlo manchi del tutto, ed è quindi compito del guardiano spingerle verso la redenzione scacciando le “tentazioni”.

La caccia alle tentazioni non è altro che una sorta di minigioco dove la ragazza da motivare si mette in posizioni sexy e il giocatore ha il semplice compito di colpire i blob attraverso i touch screen posteriore e anteriore della PSVita.
Peccato che spesso i comandi si rivelino poco precisi e scomodi, facendo diventare questa esperienza una tortura non solo per le eroine ma anche per il giocatore stesso.

Nonostante la varietà degli oggetti però, motivare le ragazze diventa nel giro di poche ore una noiosa routine. Ripetere le stesse azioni per tutte e 9 le fanciulle è tedioso e a poco servono le loro pose provocanti, per di più censurate.

La censura è un argomento assai delicato e che si è abbattuta come una mannaia senza pietà su Criminal Girls. Ricordando che il gioco ha un rating PEGI 18 a tutela dei minori e che non si tratta di un titolo dove avvengono atti sessuali espliciti, la censura apportata alla versione occidentale appare insensata.

Nella versione nostrana sono infatti presenti macchie di colore rosa che coprono strategicamente le parti intime là dove esse sono già coperte. Il gioco stesso, a tal riguardo, ha già pensato a non mostrare più del dovuto, essendo Criminal Girls destinato a un pubblico che va dalla adolescenza in su.
Come se ciò non fosse abbastanza, il termine “motivare” ha sostituito l’originale “punire” e tutta la parte sonora dei gemiti delle ragazze è stata eliminata.

Mutilato ciò che rendeva originale Criminal Girls, non rimane che tanta frustrazione, un gameplay poco riuscito e un comparto tecnico risalente ai tempi in cui il gioco uscì originariamente su PSP.

Finita infatti la fase di “motivazione” attraverso cui il cast impara attacchi e magie, l’esplorazione dei dungeon è costellata non solo da fastidiosi e numerosi incontri casuali, ma anche dalla imprevidibilità dei comandi da dare alle ragazze, totalmente basati sulla fortuna.

Facendo un esempio esplicativo: nel momento in cui davanti al gruppo appare un nemico di fuoco e l’attacco di ghiaccio è la soluzione adatta per eliminarlo, ci sarà solo da incrociare le dita che Alice non decida di suicidarsi in un attacco fisico al posto di svolgere le sue funzioni da maga, cosa che avviene frequentemente. Non esiste infatti un modo per gestire strategicamente le galeotte e la cosa ben peggiore è la crudeltà dei nemici che, al contrario, hanno un’intelligenza artificiale spietata. Ottenere un game over è quindi assai semplice. Fin dalle prime ore di gioco le lacrime scorreranno amare e le noiose sessioni passate a far salire di livello le combattenti rientreranno ben presto nella norma.
Come già ribadito in precedenza, la grafica è rimasta invariata dalla versione PSP quando su PSVita poteva esser rifatta sfruttando le potenzialità della nuova console. Muoversi fra stanze che appaiono tutte uguali è tutt’altro che piacevole. L’unico accorgimento che viene in aiuto è la spartana mappa per orientarsi in questi dedali.

Se la parte grafica è brutalmente bocciata, anche il comparto sonoro non è altrettanto sufficiente. Le musiche alla lunga diventano ripetitive e la voglia di giocare senza audio sovverrà presto. Al contrario, il doppiaggio giapponese è azzeccato ma purtroppo non tutte le scene sono state doppiate.

In conclusione…

Creare un gioco basandosi sullo charme di donne in abiti discinti può avere un suo perché ma Criminal Girls, fra la censura e un gameplay frustrante non riesce a far fruttare neanche il fascino delle sue belle. Considerate le pratiche sadomaso, Criminal Girls potrebbe essere definito il “50 sfumature di grigio” videoludico, e come la pellicola non è altro che un prodotto mediocre che potrebbe scandalizzare solo le nonne puritane.

Chi avesse poi già sperimentato al suo tempo la versione PSP, non troverà aggiunte degne di nota se non due nuove ragazze da punire attraverso lo scomodo touch screen che non reagisce prontamente ai comandi.
Se cercate giochi sexy e divertenti probabilmente la serie Senran Kagura è una scelta migliore, a occhi chiusi.

Voto: 4/10

Insistere per avere un Game Boy nel lontano 1998 è stata una delle migliori idee che abbia mai avuto, da allora non si è più allontana dal mondo videoludico. Più allenatrice di Pokémon che studentessa, quando il dovere la chiama studia giapponese, in realtà il secondo fine è capire la trama dei suoi JRPG preferiti.

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