Elite: Dangerous – Recensione

Elite: Dangerous – Recensione

Se è vero che lo spazio è la reale “ultima frontiera“, i videogiochi non potevano certo non farne uno dei protagonisti principali del proprio panorama.

Ma lo spazio non è solo space marine, non è solo sparatutto in prima e terza persona. Essere un Capitano di vascello, solcare come corsaro o mercante o esploratore il cosmo sulla propria nave è fra gli  aspetti più intriganti di questo tipo di ambientazione.

Lo dimostra da un decennio EVE Online, che ne ha fatto un MMO dalle peculiarità uniche, ancora meglioEgosoft con il suo recente X-Rebirth che ci mette direttamente sulla sella del nostro velivolo per pilotarlo in prima persona in un mondo realistico, forse meno vasto, ma con una ben precisa trama. Siamo poi tutti in attesa di  Chris Roberts: la sua è la declinazione sicuramente più ambiziosa, ma pare ancora molto in là da venire. Infine, abbiamo il recente nato, da illustrissimi natali: Elite Dangerous, oggetto della nostra recensione.

Come molti altri giochi degli ultimi anni, anch’esso sostenuto da  una campagna Kickstarter iniziata nel novembre del 2012, un crowdfunding coronato da un grandioso successo, superando in due mesi la quota del milione di sterline.

Molte quindi sono le aspettative attorno all’ultima creatura di David Braben: la fiducia sarà stata ben riposta?

Elite: Dangerous

Piattaforma: PC Windows

Genere: Simulatore spaziale/MMO

Sviluppatore: Frontier Developments

Publisher: Frontier Developments

Giocatori: 1 (Always Online)

Online: Universo persistente, MMO

Lingua: Completamente in inglese

 

Versione Testata: PC

Elite: Dangerous prende le mosse nell’anno 3301, una trentina di anni nel futuro dall’ultimo capitolo della serie,First Encounters. Il gioco, come nel passato, non ci offrirà una trama definita, anche se gli autori promettono di aggiornare l’andamento della storia dell’universo. Finora però, ciò si è risolto solamente in laconici messaggi nelle news del bollettino delle stazioni.

L’immenso campo di gioco è l‘Universo, con ben 400 miliardi di stelle, tre fazioni principali (la Federazione, l’Alleanza e l’Impero) e una pletora di gruppi e fazioni secondarie. In questo universo sconfinato, in qualità di giovani e inesperti capitani, tenteremo di fare la nostra fortuna, partendo da un oscuro sistema stellare a bordo di una nave non particolarmente performante (il Sidewinder, che però modificato non è nemmeno da  buttare, ndr) e una manciata di crediti.

Il primo approccio al gioco può essere traumatico: visuale  in prima persona (l’unica possibile) seduti nel nostro abitacolo con di fronte a noi la plancia di comando. Un neofita non saprà assolutamente dove mettere le mani, e anche un giocatore della serie, comunque, troverà solo pochi  punti fermi (primo tra tutti il grosso radar centrale poco mutato nell’estetica e nelle funzioni) e molte novità; per la fortuna di tutti, un ottimo tutorial passo passo ci renderà rapidamente edotti delle basi di ogni manovra e ogni aspetto del gioco.

I primi passi sono paragonabili a quelli di un neonato e il prendere confidenza con la  nave è di per sé, almeno per svariate ore, il gioco vero e proprio. L’interfaccia uomo-nave non  rende le cose particolarmente immediate: i vari menù di comando sono accessibili “spostando la testa” a sinistra e a destra, attivando così la comparsa di monitor “olografici”; sulla sinistra avremo i comandi di navigazione, le transazioni in corso e le comunicazioni, a destra le informazioni sulla nostra nave (dai moduli al cargo e il suo contenuto) e la reputazione  nei confronti delle varie fazioni, ed infine i nostri gradi.

L’immenso campo di gioco è lUniverso, con ben 400 miliardi di stelle, tre fazioni principali (a Federazione, l’Alleanza e l’Impero) e una pletora di gruppi e fazioni secondarie

Tutto è testuale, tutto è composto da righe di informazioni, e persino le transazioni nella stazione (che pure nei due capitoli precedenti avevano le visualizzazioni grafiche dei nostri interlocutori) sono degli stringati messaggi con gli obiettivi assegnatici; chiariamo, lo stile c’è, il tutto è infatti deliziosamente vintage-futuristico, lo stesso cabinato interno delle navi appare molto “reale” e quasi quotidiano.

Questo approccio visuale ci introduce giù dalle prime battute a una delle caratteristiche principali di Elite: laostica difficoltà di gestione e guida della nave. Praticamente tutto dovrà essere affrontato manualmente, con scarsissima automazione.

Partendo già dal decollo, dopo aver chiesto ovviamente il permesso di partire, con l’uscita dalle stazioni (non molte ancora come tipologia, ma tutte molto ispirate, ce ne sono anche di classiche come la Coriolis) inizieranno i primi problemi: l’assetto della nave (per la vostra incolumità lasciate attivo il flight assist), la sua gestione durante le manovre di approccio all’entrata e all’uscita delle diverse stazioni,  necessita di una buona confidenza con i comandi e la strumentazione di bordo.

Usciti dalla stazione, il primo desiderio sarà quello di viaggiare, di esplorare, quindi si consulta una immensa mappa stellare, molto spartana ed essenziale, e si prova a calcolare la rotta. Va considerata ovviamente la potenza del motore FSD (FrameShift Drive)  e il peso che trasportiamo (che ridurrà di conseguenza la distanza di salto), e una volta alzato il carrello di atterraggio, allontanati da qualsiasi massa stellare o di altro tipo (come le stazioni) e ritratto qualsiasi arma, potremo finalmente attivare il motore superluminale e saltare nel sistema di destinazione.

Il motore FSD  ha la simpatica peculiarità di direzionarsi verso l’oggetto più grosso del sistema solare di destinazione, non ci vuole una laurea in astrofisica per intuire che questo sia una stella, e infatti ad ogni uscita dal salto, ci troveremo ad una minima  distanza di sicurezza da un astro, sia esso una nana gialla, dal suo familiare e rassicurante colore, o una deprimente nana rossa, o un’affascinante gigante blu, in ogni caso sempre manualmente dovremo subito correggere la rotta per non iniziare a bruciare come dei tizzoni.
Elite si presenta quindi subito per quel che è: un simulatore muscolare, che non fa particolari sconti e tende a non renderci alcun aspetto dell’esperienza troppo semplice o sbrigativamente trasformato in routine di sfondo.

Una tipica stazione coriolis sullo sfondo, in approccio con il vecchio Sidewinder

Il controllo delle funzionalità della nave è totale, ogni aspetto del suo funzionamento, addirittura il supporto vitale (in questo caso si attiverà un conteggio su quanti minuti di aria ci rimangono), anche la gestione dell’energia è molto dinamica e facilmente possiamo dirigerla ai motori, al sistema (quindi anche gli scudi) e infine alle armi (o comunque sugli hardpoint). Agli stessi moduli possiamo poi destinare una priorità di alimentazione, in caso venisse a mancare; la sensazione di gestire il proprio mezzo, insomma, è squisita, e sopratutto si fa sentire nelle situazioni di gioco.

Ma torniamo nello spazio; in fondo Elite è sopratutto un simulatore spaziale quindi vogliamo vedere molto “universo”. Il movimento è una parte fondamentale del gioco: architettura ma anche sostanza, esso si effettua su  tre tipologie di velocità:

  • La velocità sottoluminale, che è quella “reale”, potremmo dire, dove a seconda della potenza dei nostri motori ci muoveremo a velocità attorno le centinaia di metri al secondo, relativamente basse.
  • La velocità superluminale, che si attiva con l’uso del motore FSD, il quale comprime lo spazio  nella nostra posizione. L’attivazione del motore FSD ha tempi diversi a seconda della grandezza della nave e della presenza di fattori disturbanti (attività nemiche o masse entro il nostro campo gravitazionale), e attivandolo si entra nel secondo tipo di “viaggio” ; con i motori FSD la visuale cambierà, il radar si setterà ad ampio raggio e vedremo navi, pianeti e oggetti anche molto lontani, ma sopratutto viaggeremo a velocità folli di migliaia di milioni di km al secondo. Quello che va rilevato è che questo tipo di viaggio non è una semplice e stanca modalità per arrivare dalla stella A alla stazione orbitante B: prima di tutto non esiste alcun tipo di pilota automatico, questo vuol dire saremo noi a regolare la potenza dei motori FSD per approcciarci alla destinazione. La manovra consiste in una continua regolazione della velocità per non rischiare di superare l’obiettivo, per la troppa fretta di raggiungere velocità elevate (visto che come si sa nel cosmo non si frena), e anche questa, come praticamente tutte le attività del gioco, è affidata al giocatore, alla sua abilità ed esperienza. Inoltre in questa modalità di viaggio è possibile condurre imboscate, usando bolle interdittive alle varie navi nel nostro raggio d’azione e, ovviamente, anche noi possiamo caderci dentro! Essere intrappolato in una bolla vuol dire essere violentemente frenati, e a quel punto le nostre possibilità sono due: portare i motori al minimo, uscire dalla trappola e combattere (o tentare di scappare), oppure inseguire un “vettore di fuga”, ovvero puntare dall’interno della bolla a una via di uscita in movimento. La nostra abilità contro quella dell’attaccante deciderà le sorti.
  • Infine, come accennato prima, i motori FSD possono essere usati per i viaggi fra sistemi solari diversi: in questo caso ci sarà un classico “tunnel dell’iperspazio” nel quale non potremmo fare assolutamente nulla. Tutti i sistemi infatti saranno disabilitati fino all’uscita dall’iperspazio, ricordandoci sempre che l’FSD punta a un gigante generatore di esplosioni termonucleari, e che quindi dovremo virare immediatamente.

I primi viaggi  sono praticamente solo per il gusto degli occhi, e a tal proposito, sappiate che visivamente il gioco è veramente bello ed emozionante, certe viste di sistemi binari, o tramonti su pianeti abitabili, oppure scorci delle stazioni orbitali, per chiunque abbia un cuore  (sopratutto se intriso di sci-fi), sono praticamente ore di goduria a se stanti. Dopo aver fatto una scorpacciata di giganti gassosi e pianeti rocciosi interni e nane bianche, torniamo ad una stazione a parcheggiare la nostra nave.

Ovviamente la prima idea è di potenziarla, con i pochi crediti che si posseggono. Il fitting è abbastanza semplice nella pratica: entrati nell’hangar  avremo la visuale esterna (l’unica possibile, tra l’altro, nel gioco) della nostra nave e potremo scegliere tre ambienti su cui apportare modifiche: gli hardpoint che sono i punti di montaggio esterni, dove installeremo in genere armi, ma anche laser per estrazione di risorse da asteroidi, oppure “heat sink” che sono moduli di raffreddamento rapido della nave; si passa poi allo strato interno della nave, e qui le modifiche sono rilevanti: potremmo infatti agire su molti aspetti, come potenziare un modulo già esistente, o ad esempio acquistare un motore FSD di classe superiore, ma potremmo anche sostituire  un modulo con un altro di diverso genere. Magari non ci interessano i sensori, né gli scudi (pazzia, ma si può!), se ci fidiamo della nostra abilità di pilota mercantile e della nostra fortuna, possiamo sostituirli con altri cargo per trasportare più merci.

L’interfaccia è rapida e veloce, mentre invece i moduli sono ancora forse scarsi in varietà. Alle volte, poi, è un po’ oscura la comparazione e il discernimento delle caratteristiche e degli effetti, inoltre purtroppo non c’è modo di comprare moduli solo per tenerli di scorta o di riserva, possiamo solo sostituire quelli montati o venderli per crediti.

Sempre nelle varie stazioni potremmo anche vendere e comprare navi ampliando così il nostro parco di veicoli: non sono disponibili ancora moltissime navi, ma considerando la personalizzazione, si riescono a coprire tutti i ruoli, dalle classiche navi della serie come  l’iconico Cobra MK III, o l’Imperial Clipper, ad altre navi che sono comunque in arrivo.

Visivamente il gioco è veramente bello ed emozionante: certe viste di sistemi binari, o tramonti su pianeti abitabili, oppure scorci delle stazioni orbitali, per chiunque abbia un cuore (sopratutto se intriso di sci-fi), sono praticamente ore di goduria a se stanti

Dopo aver fatto il turista spaziale, aver realizzato magari tante belle foto bisogna pur iniziare la nostra scalata di fama e successo nel cosmo.

Dunque, Cosa si fa?

Elite Dangerous segue la tradizione della serie e si presenta totalmente aperto, senza schemi o vie prefissate, ne alcun tipo di vera trama da sviluppare. Principalmente un pilota può seguire una serie di “carriere”, ma assolutamente  non esclusive, anzi, c’è tutto l’interesse a percorrerne più di una, se non tutte .Queste sono fondamentalmente commercio, combattimento, esplorazione ed estrazione.

La carriera del mercante è la più accessibile e, a dirla tutta, anche la più remunerativa agli inizi, sopratutto meno rischiosa, finché non si trasporta merce illegale o pacchetti che scottano, o se non si frequentano sistemi troppo pericolosi. L’unica cosa che si dovrà fare è acquistare una nave da trasporto adatta. L’Hauler è la prima scelta, costa poco e ci servirà per un lungo tempo, prima di passare a un modello maggiore tipo Lakon-7. Una sorta di Ducato Maxi dello spazio, ha consumi ridottissimi, con qualche modifica si avrà un ampio raggio di salto, e sopratutto molto cargo a disposizione (se si è temerari si possono anche smontare gli scudi e arrivare a 22t di cargo); a quel punto, concentrandoci su precise rotte commerciali potremo tirare su in breve tempo somme considerevoli.

Per gli amanti del rischio la carriera di pirata o cacciatore di taglie sono sicuramente più indicate. Molto più costose sia in tempo che in denaro per essere realmente lucrose, possono essere tentate anche con navi relativamente economiche come il Viper ben modificato, che per quanto abbia uno scarso raggio di salto è maneggevole e versatile nel combattimento, Ovviamente un professionista avrà “bolle interdittive“, “kill warrant scanner” e una pletora di armi, per poi recarsi o a nav point, oppure, con maggior stile, pescare le proprie prede insupercruise, intercettando delle succose navi strapiene di merce da rubare. Il combattimento sopratutto agli inizi è poco remunerativo in generale, e beccare sul fatto e distruggere un gruppo di pirati  non farà guadagnare molto più che un buon viaggio in Hauler.

In un mondo dove tutto è metallo i minerali sono sempre richiestissimi, dopo averlo constatato mercanteggiando in oro e argento si può pensare di optare per l’attività di estrazione, dunque installando sulla nave delle raffinerie e dei laser appositi potremmo recarci nelle cinte di asteroidi a raccogliere materiali.

Sconsigliabile agli inizi, vista la complessità dell’operazione, si tratta  in sostanza di “sparare” agli asteroidi per far saltare frammenti e raccoglierli al volo, (anche qui Elite non lascia molto all’automazione), per poi poterne raffinare solo una piccola parte. Con navi piccole non specializzate la procedura risulta oscenamente lenta, anche per raffinare una singola tonnellata di minerale.

L’ultima carriera, peculiarissima è quella dell’esploratore: la maggior parte dei sistemi che compongono lo sconfinato universo di Elite sono inesplorati, e con appositi scanner gli intrepidi capitani dell’ignoto possono andare ad analizzare i vari corpi celesti. Questi dati immagazzinati possono essere venduti nelle varie stazioni, ovviamente più si è distanti e più il loro prezzo sarà elevato; il valore dipenderà anche da altri fattori, come il genere di stella, o la presenza di pianeti abitabili. L’esplorazione è un modo decisamente affascinante di approcciare il gioco: certo, abbisogna di buona preparazione e di una nave modificata a dovere (essenziale ilfuel scoop per estrarre carburante dalle stelle, visto che si viaggerà molto distanti da zone colonizzate) se si vuole scovare magari addirittura dei buchi neri.

Il gioco con tutta evidenza punta totalmente sulle navi, ne fa il proprio fulcro, il suo centro di gravità, il suo mezzo ed il suo obiettivo, in linea con la propria tradizione; è evidente  dalla cura dei vari aspetti con cui sono state caratterizzate, difficilmente una nave andrà a ricoprire un altro ruolo con efficienza.

Se è vero che alcune navi possono anche essere sfruttate in maniera”generica”, come un Cobra MK III che può essere usato da un trader, visto la generosa mole di cargo che riesce a trasportare, come da un combattente, potendo ben armarsi, è pur vero però che la spesa in carburante, il costo della nave e la distanza di salto non la rendono convenientissima per questo scopo. Viceversa è pur vero che un buon pilota potrà sfruttare anche capacità non peculiari di una nave, possedendo buona abilità e confidenza con essa, in casi estremi.

Ma siamo soli nel cosmo?  Se in passato l’universo era solo popolato da NPC, ora, a distanza di quasi 30 anni, l’onnipresente e onnipossente Rete ci permette di rendere anche Elite un MMO… o no?

L’implementazione dell’online nel gioco è stata un pomo della discordia; è un aspetto oramai “necessario”, oggi come oggi sarebbe impensabile creare un’esperienza simile e relegarla ad un single player, e da un certo punto di vista anche auspicabile, basti pensare alla possibilità di avere una trama di fondo che guidi i movimenti politici fra le fazioni ma condotta dai giocatori, oppure un mercato del tutto gestito e sostenuto dal lavoro degli utenti (un qualcosa di simile a ciò che accade in EVE online), ma purtroppo Elite mal si presta a questo tipo di interpretazione, visto che non c’è nulla di questo.

Il gioco non a caso propone anche un “solo mode” dove giocheremo in un single player (ma badate, è necessaria comunque una connessione) e una modalità “private group” per condividere l’universo con un gruppo di amici, (sempre che riescano a incontrarsi, non è molto facile nemmeno questo) ma questo non ne fa un MMO, al limite un “lan-game“.

Il gioco con tutta evidenza punta totalmente sulle navi: ne fa il proprio fulcro, il suo centro di gravità, il suo mezzo ed il suo obiettivo

È la struttura stessa del gioco a rendere Elite: Dangerous sostanzialmente un single player, almeno allo stato attuale delle cose: le missioni sono designate per singoli, non per gruppi, i contatti maggiori che si hanno con altri umani sono qualche saluto durante un docking, o gli scontri nelle conflict zone, che sono sostanzialmente zone preposte al PVP. Anche sorvolando su alcuni bug, (come le chat malfunzionanti o comunque quasi inutilizzabili) o sui server,  alle volte problematici, semplicemente non esiste un motivo ad oggi molto valido per considerare l’esperienza multiplayer.

L’economia e la politica sono strettamente in mano ai server e chi li dirige, i giocatori non possono costruire armi o moduli, non possono svolgere alcuna missione per conto di altri piloti, e nessun sistema, nemmeno quelli remoti, è reclamabile: d’altronde non esiste nemmeno il concetto di alleanze o corporazioni, e non abbiamo nemmeno spazio in stazione dove conservare moduli o altri beni, in esubero o per scambiarli.

Elite, lo ribadiamo, è totalmente incentrato sulla nave spaziale: essa è il nostro piccolo mondo, ed è con quello che dobbiamo fare i conti.

Questo è un bene o un male? Lo decide il singolo giocatore, basti tenerlo presente. Di sicuro tutti auspichiamo che questo lato venga pesantemente rimaneggiato (mantenendo magari comunque l’opzione solo mode), per rendere tutti noi comandanti realmente motori dell’universo.

In conclusione…

Insomma, Elite: Dangerous è un gran bel simulatore di “comandanti dello spazio profondo“, questo è chiaro. È vero, presenta il problema  di un multiplayer che non ha trovato ancora anima e senso (ma gli sviluppatori se ne sono però già accorti e promettono nuovi aggiornamenti al riguardo), ma ciò inficia drammaticamente la qualità dell’esperienza?

Dipende cosa si ricerca: Elite è frutto di  una particolare attitudine alla simulazione spaziale avventurosa, la solitaria ricerca di fama in una galassia da esplorare, una galassia di tali dimensioni da schiacciarci al solo pensiero, a bordo di bolidi da pilotare con virilità, e per molti, basterà da sola a garantire un’eccitante esperienza ludica.

COBRA, il motore proprietario, svolge un buon lavoro donandoci una fisica da domare, e corpi celesti vivi e pulsanti. Uscire dall’iperspazio davanti a una nana gialla e osservarne i brillamenti, incantandosi finché l’allarme di temperatura non ci riporta alla realtà; oppure osservare il tramonto visto da una stazione Coriolis. Il dogfight, totalmente  nelle nostre mani, non dipendente solo dai moduli installati, è flessibile e impegnativo, è dove quel quid conta, il personale stile nell’esecuzione di manovre nel giusto tempismo.

È  vero che la creazione procedurale pone, da un lato, dei  limiti: in buona sostanza troveremo missioni sempre molto simili fra loro, ed è vero anche che attualmente l’unica spinta a giocare è dipesa dall’accumulare denaro, un garage di fiammanti navi spaziali sempre meglio attrezzate, e l’aumento della nostra reputazione, fra miriadi di fazioni che hanno poco peso “drammatico” reale, ma se questo ci spinge a giocare per centinaia di ore divertendoci, beh, direi che son soldi veramente ben spesi, ed Elite: Dangerous  lo fa egregiamente. Una volta presi dal vortice di questa progressione, scenderemo dalla nostra nave con molta riluttanza. Di Frontier Developments, poi, ci si può fidare, in quanto ci han promesso un grande gioco e lo hanno realizzato nei tempi giusti. Ci aspettiamo future migliorie, anche profonde, come il volo planetario o la conduzione cooperativa di navi, e dunque l’universo, così come il gioco stesso, non potrà che migliorare.

Voto: 8/10

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