Popcorn Time: Big Eyes

Popcorn Time: Big Eyes

Se l’autografo sulla pellicola recita Tim Burton è lecito aspettarsi un film interessante, stravagante e originale seppur non per forza di qualità. Negli ultimi anni il regista di Beetlejuice ha virato a vele spiegate verso un appiattimento e una commercializzazione del proprio stile, basti pensare ad Alice in Wonderland , zuppa fin troppo condita di computer grafica dove la post produzione lascia poco spazio al sentimento e al lato onirico che caratterizza l’opera di Carroll. Sembrano lontani i sentimentalismi schietti, forse ingenui ma sinceri e delicati di Edward Mani di Forbice o la genialità di Ed Wood.
Con queste (poco confortanti) premesse sono andato a vedermi l’ultima fatica di Burton: Big Eyes.

Di che si tratta? In questo caso la vicenda è “semplice” e pesca a piene mani da una storia memorabile oltre che vera. Quale? Quella di Margaret Keane, artista che negli anni ’50 sfornava senza sosta opere acclamate dall’audience mondiale (oltre che da personaggi del calibro di Andy Warhol) firmandole però con il nome del marito, Walter Keane, che costruì il proprio successo sul silenzio e sul tormento interiore della moglie spacciando per propri i magnifici, surreali, inquietanti ritratti di bambini dagli enormi occhi scuri.
Siamo lontani dallo stile visivo e narrativo cui ci ha abituato di recente il director californiano. Big Eyes è un film elegante, fluente, quasi timido a tratti, si lascia guardare e apprezzare con una facilità incredibile e lascia – a visione terminata – la piacevole sensazione di aver optato per la sala giusta nella tempesta di pellicole da vacanze invernali.
Complici anche l’interpretazione da dieci e lode di Christoph Waltz e le note di Lana del Rey (calzano a pennello alla scena) il quadro generale regge e respinge le critiche di chi non apprezza lo shift stilistico (temporaneo, temo) di Burton e regala un’ora e mezza di arte a 360 gradi.
Da vedere.

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A noi ricorda…

the-sims-4The Sims: praticamente impossibile paragonare Big Eyes ad un qualunque videogame a partire dagli albori della “specie” fino alle più recenti incarnazioni next gen. Mi viene in mente il capolavoro Maxis in quanto ricordo molto bene il divertimento nel vedere quell’ammasso poligonale – che era il nostro alter ego digitale – fissare la tela e dipingere con le movenze di un consumato impressionista. Nel caso vogliate crearvi una fama come pittori d’avanguardia, The Sims ( e successivi capitoli) è la scelta giusta!

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Ci si rivede settimana prossima con la recensione di un film chiacchieratissimo: American Sniper di Clint Eastwood!

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