Rugby 15 – Recensione

Rugby 15 – Recensione

Cos’hanno in comune una palla ovale, la veneranda età di 192 anni (peraltro portati benissimo), e una città delle Midlands Occidentali? Uno sport, e non uno qualsiasi, ma quello che Baricco ha definito “una partita di calcio che va fuori di testa, con ordinata e feroce follia”.

A 3 anni di distanza da Rugby World Cup 2011, e a ben 6 dall’inarrivabile Rugby 08, HB Studios riporta l’attenzione sulla palla ovale, e lo fa arrivando anche sulle nostre nuovissime console next-gen. Rugby 15 ha molte aspettative da soddisfare, e molti miti da sfatare. Curiosi di sapere se il gioco vale la candela? Seguitemi e lo scoprirete!

Tutto inizia con un menù a finestre diventato ormai marchio di fabbrica di HB Studios (vedi The Golf Club), da cui possiamo scegliere, oltre ai classici tornei 4 e 6 nazioni, uno dei 4 campionati di club: AVIVA, TOP 14, PRO D2 e PRO12 (campionato fra franchigie, con selezioni tra gallesi,scozzesi,irlandesi e italiani). Queste competizioni rappresentano la punta di diamante della competizione sportiva e grazie alle licenze fornite a HB Studios, nei vari roster potremo trovare nomi e formazioni aderenti alla realtà; vista la (fin troppo) ampia selezione di squadre, lo stesso discorso purtroppo non si può fare per le nazionali che, tra nomi fittizi e caratteristiche piuttosto generiche, rimangono una blanda alternativa ai team di primo livello offerte nei campionati di club.

Il Rugby Union non è di sicuro il più facile degli sport, anche a causa del considerevole numero di regole che vincolano passaggi, punti e mischie, e ci vuole fegato (e abilità) per portare un’attività così già di per sé “caotica” sui tasti di un Dualshock 4. HB Studios ci prova, e arriva alla sufficienza senza sorprendere troppo: nessun tutorial, poche statiche indicazioni a schermo, e tante situazioni di trial & error.

I comandi non sono semplici, ma la curva di apprendimento è relativamente permissiva, almeno quando il gioco risponde ai comandi: in più di una situazione, nella versione PS4 provata, il gioco semplicemente non legge i comandi forniti, o reagisce con estremo ritardo. La sensazione davvero spiacevole arriva quando, controller alla mano, ci si accorge di come l’intera azione di gioco sembri dipendere da noi, involontari marionettisti di un fallimentare teatrino dell’assurdo: in più di un’occasione ho potuto osservare la squadra nemica attendere una mia mossa per continuare l’azione, rimanendo intanto ballonzolanti sul posto come robot in attesa di ordini.

Il ritmo del gioco, lungi dall’essere fluido come dovrebbe, risulta molto meccanico in più di una situazione, mentre l’interfaccia di gioco merita menzione per essere, seppur non pulitissima, davvero efficace nel mostrare il necessario e nulla più. Unico indicatore davvero inutile sull’interfaccia è quello della stamina del giocatore di cui siamo in controllo, anche considerando il fatto che non si può in nessun modo scattare: raramente rincorrere un avversario in prossimità di mèta è risultato nel raggiungerlo, anche se la differenza nelle statistiche dei due giocatori avrebbe fatto pensare il contrario.

Ogni sport ha bisogno di un giudice di gara, e qui l’arbitro a quanto pare possiede un superpotere davvero invidiabile: il dono dell’invisibilità, con sprazzi di onnipresenza. Completamente assente sul campo di gioco, l’arbitro sembra il più delle volte essere tutto tranne che infallibile. In più di un’occasione un passaggio in avanti non verrà visto, una mischia conclusa con fallo nel possesso di palla sarà lasciata correre, e perfino l’IA avversaria ha “campo libero”: se ci aggiungete gli occasionali falli assegnati in modo completamente casuale, si arriva a un mix di ingredienti davvero difficile da digerire.

Nota positiva è la possibilità di cambiare schema “on the run”, funzione strategicamente lasciata ai direzionali del nostro joypad. Una mancanza che invece davvero si sente è la possibilità di spostare la telecamera di gioco, ma alla prima trasformazione si capisce il perché di questa profonda assenza, dato che avvicinandosi alla squadra in campo si va a sfondare a suon di calci e pugni quel sottile velo di credulità che illude il giocatore di avere in mano un titolo next-gen: i nostri rugbisti sono incredibilmente poco dettagliati e rifiniti, ma è il pubblico a offrire la vera oscenità, non essendo altro che un ammasso di forme sfocate (lungi dal sembrare anche vagamente antropomorfe) e macchie di colori. Insomma, si respira old-gen da tutte le parti.

Quando i comandi rispondono, è facile prendere la mano e vincere contro una IA prevedibile e non reattiva, una volta capito come bypassare le evidenti mancanze in fatto di gameplay. Se per curiosità si alza il livello di difficoltà, poi, ci aspetta una (s)gradita sorpresa: non sarà la capacità del team avversario a migliorare, ma sarà semplicemente quella della nostra squadra a peggiorare, aumentando anche la totale mancanza di responsività ai comandi impartiti.

È come tentare di cambiare canale con il telecomando scarico.

Qualche miglioramento viene offerto sia dalla modalità cooperativa locale che da quella competitiva, che almeno scansano il problema dell’idiozia della IA avversaria, ma il sistema di inquadrature e il tracking del personaggio lasciano molto a desiderare. Il sonoro non brilla per originalità, ed è ridotto al minimo, tanto da essere presente senza essere nemmeno vagamente memorabile.

In conclusione…

HB Studios ci riprova, ma la palla rimbalza fuori campo. Rugby 15 è un disastro, tra la grafica da sala giochi e una giocabilità che nel 99% dei casi vi farà pensare di avere il controller malfunzionante. Piacevole la presenza di campionati di primo livello come quelle di club (AVIVA fra tutte), ma sarebbe stato meglio ritrovare questa fedeltà al reale anche nelle competizioni fra nazioni.

Vista l’assenza di un multiplayer online, dovremo accontentarci di una IA dozzinale e di una reattività avversaria peggiore di quella di un tostapane. Il co-op locale recupera un po’ il tiro, ma non riesce a dolcificare del tutto l’amara delusione che Rugby 15 rappresenta. Non è una delusione solo come gioco di sport, è una delusione come titolo next-gen e come gioco di per sé. HB Studios è intelligente (e l’ha dimostrato con The Golf Club) ma non si applica: rimandata a settembre con il debito.

Voto: 4/10

Dopo un'infanzia passata davanti al Gameboy e un'adolescenza trascorsa in continue maratone di TimeCrisis,il Dottor Carter "de noantri" eleva la sua passione all'ennesima potenza ed è pronto a viaggiare oltre i confini del tempo e dello spazio ("Spaaaaaaaaaaaaaaaaaace!!!") per portarvi in giro nel fantastico luccicoso mondo del "gaming", fra notizie,rumor, e opinioni "off the wall".

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