PES 2015 – Recensione

PES 2015 – Recensione

La gloria, si sa, è una cosa effimera. Un giorno sei sulla vetta del mondo, tutti ti amano e qualsiasi cosa tu faccia, anche la più stupida, è perfetta. Non temi rivali perchè sei il migliore, la concorrenza è lontana anni luce e non esiste nessuno in tutto l’universo in grado di rovinarti la giornata. Poi arriva quel giorno che non ti aspetti, quell’istante in cui ti risvegli con il collo piegato verso l’alto, il fiato corto e tutti, o quasi, contro di te. Quel giorno in cui il pavimento sembra crollarti sotto i piedi e che da inseguito con parecchie lunghezze di vantaggio ti trasforma in inseguitore dalle gambe pesanti. E pare impossibile, più cerchi di andare veloce e più appare incolmabile il distacco dal tuo obiettivo, veloce come un fulmine e privo di alcuna pietà per i suoi avversari. Proprio come fino a poco prima eri tu.

Questa storia, Pro Evolution Soccer la conosce sin troppo bene. Lo strapotere della filosofia calcistica del Sol Levante nato lustri or sono con ISS Pro e rimasto inalterato sino all’arrivo della scorsa generazione di console, l’impietoso crollo di fronte ad una concorrenza mai doma capace di evolversi silenziosamente all’ombra dei riflettori per azzannare al collo nel momento più opportuno e, più recentemente, il sommesso tentativo di restare in partita in uno scontro a due a tratti impari sono le tappe principali di quella “narrativa” che ogni amante del calcio digitale conosce sin troppo bene. Ma le storie migliori sono quelle che non ti aspetti, quelle in cui il colpo di scena arriva quando sembra tutto perso e che, di colpo, rimescolano tutte le carte in tavola. Quelle in cui un re usurpato lotta contro il mondo e contro sé stesso, viene quasi dato per disperso e poi riappare a reclamare quanto gli spetta. E se da un lato è ancora presto per affermare che il vecchio re del calcio videoludico sia tornato definitivamente, dall’altro fareste bene a tenere sott’occhio PES 2015. Quel trono tanto agognato potrebbe essere più vicino di quanto si possa pensare.

Che con PES 2015 Key Masuda e soci ambissero al proverbiale colpo non è affatto una novità. La mancata chiamata alla next-generation lo scorso anno, l’aspro lavoro di rifinitura dei dettagli intrapreso con lo studio londinese e, non ultima, l’adozione del potentissimo FOX Engine nella parte tecnologica hanno rappresentato da subito delle chiare avvisaglie di quelle che, almeno sulla carta, rappresentavano le ambizioni della nuova declinazione del franchise. PES 2015 nasce sotto il segno della grandezza, della volontà di riscossa per riportare la serie ai fasti che le erano propri. Nell’ultimo titolo Konami e PES Production c’è tradizione, ma anche innovazione ed evoluzione del gameplay – senza dubbio, l’elemento meglio riuscito del titolo in esame. E inutile girarci troppo attorno, PES 2015 si lascia giocare che è un piacere: non è tutto oro quel che luccica, lo sappiamo, ma i passi avanti sono mastodontici.

La prima cosa che salta all’occhio una volta in campo è la fisicità dei giocatori. Ogni atleta vanta peso ed inerzia propri, che ne identificano univocamente il modo di giocare: Boateng, ad esempio, difficilmente potrà essere spostato con una semplice spallata, laddove la sua ripartenza in accelerazione non è vagamente paragonabile a quella di un Hazard o di un Neymar del caso. Pad alla mano, la stazza del giocatore si fa sentire e determina il ventaglio di azioni che possiamo effettuare. Ne risente anche la corsa: giocatori come Messi o Lewandowski, agili e veloci, possono permettersi qualche scatto fulmineo verso il portatore di palla senza temere di essere fintati come dei tori in un’arena. Lo stesso non vale per fisici più imponenti come Carvajal Chiellini, che proprio per la loro inerzia possono essere facilmente scartati da un attaccante valido, capace di sfruttarne lo sbilanciamento.

Dall’importanza del fattore “fisico” deriva un altro aspetto estremamente importante di PES 2015, la velocità. Se negli anni passati l’evidente lentezza del ritmo di gara era additata come un difetto, mai come in questo nuovo episodio tale affermazione è fuorviante. Il ritmo di PES non dà certo adito a corse frenetiche in fascia o a numeri di prestigio al limite della fisica, ma denota piuttosto un modus di gioco compassato che pone l’enfasi sul contrasto e sul dribbling piuttosto che sulla giocata fine a sé stessa. E questo incarna l’aspetto più tradizionale dei vecchi PES, di quella filosofia giapponese che esalta il gioco di gambe nello stretto piuttosto che l’azione spettacolare. Questo non significa che quest’anno non si corra da una parte all’altra del campo: piuttosto, sarà molto difficile superare indenni il centro campo mantenendo il pallone inchiodato ai piedi, visto che la risposta avversaria non si farà certo attendere.

Questo perchè anche l’intelligenza artificiale è stata profondamente revisionata. Vuoi per le possibilità offerte dal FOX Engine, vuoi perchè le ultime declinazioni hanno presentato lacune alquanto evidenti sotto questo aspetto, giocare contro la CPU diventa ora gratificante e divertente. Il ritmo di gioco più ragionato e l’importanza tanto della fisica quanto del controllo di palla del giocatore obbligano a reinventare azione dopo azione la propria giocata, variando fin dove possibile le incursioni nella metà campo avversaria alla ricerca di quello spiraglio da cui far scattare la punta. La difesa avversaria, dal canto proprio, risponde in modo corale e preciso alle nostre avanzate (ovvio, a patto di settare la difficoltà dalle tre stelle in su), arginando le ali in fascia e, in base al proprio schema, rispondendo con marcature asfissianti a uomo o alzando la linea della difesa sfruttando i fuorigioco.

Quindi sì, la CPU sa difendere bene. A tal proposito non possiamo tralasciare lo SquadID, brillante sistema tramite cui PES Productions cerca di imitare il modo di giocare di ciascuna squadra proponendone i tratti più distintivi. Lo SquadID è più evidente nelle fasi offensive avversarie: lo spumeggiante Tiki Taka del Barcellona, la ragnatela di passaggi fulminei del Bayern o la predisposizione alle fasce del Manchester City sono visibili anche da un occhio non troppo allenato. Paradossalmente, questa feature riesce quasi ad eclissare una delle caratteristiche di punta del pacchetto Konami, il famoso PES ID – sistema affine a quello appena spiegato, che si applica però al singolo giocatore. Per carità, giocatori come Balotelli, Messi, Ronaldo o Hazard stupiscono ancora tanto rassomigliano nel gioco alle controparti reali: ma è l’armonia corale, il movimento dell’intera formazione che lascia di stucco. Inutile sottolineare che gli effetti dello SquadID saranno tanto più visibili quanto maggiore è l’importanza delle squadre in campo.

Quanto detto vale anche per i compagni di squadra, abili nell’assecondare le azioni impostate dal giocatore e, pur rimanendo fedeli a quanto deciso dal mister, fantasiosi nel proporsi e nell’attaccare. Menzion d’onore al feroce trattamento a cui sono stati sottoposti i portieri, tallone d’Achille già ai tempi della gestione Seabass e nodo gordiano per Masuda e soci. Mentiremmo se lodassimo a spada tratta le capacità di Buffon, Neuer e colleghi: ma al netto di qualche papera e di un paio di uscite a farfalle, si nota subito una reazione migliore dei numeri uno. Segnare da fuori area non è impossibile, ma richiede di centellinare precisione e potenza (sia che si tratti di tiro normale, sia nella variante avanzata per i calci da fermo): allo stesso modo, trovarsi soli di fronte al portiere non sarà sinonimo di goal, visto che quest’ultimo farà di tutto per sfruttare quella frazione di indecisione per smanacciare il pallone fuori dallo specchio.

Non possiamo chiudere il discorso gameplay senza parlare del nuovo parco animazioni. Esse rappresentano uno dei fiori all’occhiello di questo nuovo capitolo non solo in quanto a fluidità e precisione, ma anche in termini numerici. Ogni giocatore dispone un set di movimenti maggiore di quanto visto sin’ora, che allarga in modo esponenziale lo spazio delle giocate possibili. Giusto per fare qualche esempio, dovessimo mai ricevere un passaggio troppo avanzato vedremo il nostro alter ego allungare la falcata per raggiungere la palla; qualora il pallone fosse troppo arretrato questi si esibirà in torsioni o cambi di passo repentini per domarla e portarla sul piede buono. Lo stesso vale per i palloni aerei, per i salvataggi sulla linea di campo, per i tentativi di intercettare passaggi/cross avversari o per ogni altro tipo di controllo vi venga in mente: una manciata di animazioni appaiono ancora un po’ legnose, ma nel complesso siamo di fronte ad un risultato che “copre” gran parte delle casistiche possibili.

Al netto di un sistema di passaggi brillante – che può essere alternato in qualsiasi momento con quello manuale mantenendo premuto il dorsale sinistro, il versante tecnologico rappresenta la zona dove coesistono più luci ed ombre. Da un lato abbiamo una modellazione dei giocatori al limite del fotorealismo, con i rispettivi volti ad un passo dalla perfezione. Il tutto è arricchito da una componente emotiva degli stessi, che si manifesta con espressioni di tripudio incontrollato nel caso di segnature importanti o di sconforto e e disperazione per un goal fallito o un match perso. Tale lifting non sia esclusiva dei pedigree più raffinati, ma viene esteso anche ai giocatori meno avvezzi alle copertine dei rotocalchi. PogbaNeymarGotzeGiovincoDestro Higuain – solo per citarne alcuni – sono encomiabili sotto ogni punto di vista, persino nella realizzazione delle divise che ripropongono le peculiarità del tessuto con cui sono realizzate. Il FOX Engine si fa sentire, e non dovessero bastarvi una gestione esemplare dei contrasti e una fisica della palla estremamente veritiera, sappiate che tutto questo sfreccia su PS4 a 1080p e 60 frame costanti per tutta la durata della partita.

Meno galvanizzante, tuttavia, è la vita al di fuori del campo. I 14 stadi su licenza di PES 2015 più i 4 “made in Konami” non brillano per l’eccessiva cura del dettaglio, convincono al colpo d’occhio senza però lasciare di stucco. Il manto erboso, al di là dell’assenza di un fattore degrado dovuto alla corsa degli atleti, appare dai colori troppo intensi e saturi al punto da apparire alle circostanze innaturale. Il pubblico sugli spalti rappresenta l’aspetto meno next gen del pacchetto, con modelli grossolani e texturizzati al minimo replicati sino ad occupare ogni posto disponibile. Non che la marea rossa del Manchester in curva – e annessi cori – non regalino alcuna emozione: diciamo che con il FOX Engine sotto il cofano, qualche rifinitura in tribuna non avrebbe certo dato fastidio. Se arbitro e guardalinee si muovono in modo ragionevole – pur senza vantare un dettaglio espressivo dei volti significativo – lo stesso non si può dire di fotografi, raccattapalle o cameraman, dalla postura granitica e con texture di risoluzione visibilmente inferiore. L’accento viene posto sulla partita, tanto da un punto di vista grafico quanto di gameplay. Lecito attendersi qualcosa di più, anche se come prima avventura next gen possiamo considerarla un’ottima base di partenza.

Lato sonoro, PES 2015 stupisce per una colonna sonora finalmente al passo coi tempi, che offre pezzi pop commerciali facilmente digeribili mentre si naviga all’interno di un menù rinnovato, tanto essenziale quanto funzionale. Ottimi i cori dagli spalti e gli effetti di gara, un pochino meno la telecronaca affidata al duo Caressa – Marchegiani: il primo, non certo nuovo nell’universo videoludico, si assesta su una ragionevole sufficienza, nonostante una quantità di linee non proprio esagerata e una tendenza alla ripetizione alla lunga fastidiosa. Il secondo, spiace un po’ dirlo, paga dazio al proprio esordio con interventi non sempre brillanti e sparate facilmente dimenticabili.

Sul fronte contenuti, conviene subito tagliare la testa al toro affrontando la questione licenze. Il confronto col diretto rivale, per usare un blando eufemismo, è impari: ma è un discorso di cui abbiamo avuto modo di parlare più volte, e fintanto che EA e FIFA manterranno l’esclusiva su tali licenze, la situazione è destinata a rimanere immutata. L’introduzione del campionato brasiliano e di alcune leghe asiatiche sopperisce solo in parte alla totale assenza della Bundesliga (rappresentata soltanto dal Bayern Monaco e Leverkusen e lo Schalke) e ai vuoti della Premiere League inglese. La giocabilità non ne risente di certo, anche se è impossibile negare come una Champions o un Europa League senza le europee più quotate non licenziate sia un po’ meno affascinante.

Parlando invece di competizioni, tornano in esclusiva le citate Champions/Europa League, la Copa Libertadores, l’AFC Cup e la Super Coppa del Sudamerica, che si affiancano ai vari campionati quali Liga e Liga Adelante spagnola, Ligue 1 e 2 francese, Serie A e B italiane (complete con tanto di nomi reali dei calciatori, pur senza una licenza ufficiale), Eredivisie olandese, Primera Division argentina e brasiliana – con 21 squadre ufficiali. Chiaramente, sarà possibile affrontare coppe/campionati ufficiali o impostarne di personalizzati con regole più o meno vincolanti. Al proprio posto anche le modalità Diventa un Mito – con la quale trasformare uno scapestrato che tira calci ad un pallone nel giocatore più forte del pianeta – e Master League, che ci proietterà nei panni di un allenatore tuttofare chiamato a gestire spogliatoio, calciomercato e qualsiasi cosa graviti attorno alla nostra squadra dei sogni, sia essa reale o “inventata”. Le differenze rispetto alla passata edizione sono minime, esclusion fatta per l’aggiornamento degli Agenti – ai quali è possibile passare dei parametri più stringenti con i quali andare a cercare i vari talenti nelle varie regioni del mondo.

Arriviamo dunque ad uno degli aspetti più delicati di PES 2015, il famigerato (e tanto atteso) online. La qualità del netcode su PS4 è esemplare: i server hanno retto alla perfezione il carico del day one, offrendo un matchmaking granitico con tempi di attesa assestati grossomodo attorno ai 30 secondi. Pochissimi i casi di attese più prolungate, laddove esse non hanno mai sforato il minuto. Scesi in campo, il titolo stupisce per la sua fluidità. La parentesi disastrosa di PS3/Xbox 360 è un ricordo del passato, tutto scorre in modo elegante senza mai incappare in lag evidenti o disconnessioni: in termini visivi, le differenze tra un match offline e una sfida online sono pressoché inesistenti, limitate a qualche rallentamento ben al di sotto della soglia del fastidio. E questo in tutte le modalità offerte dal titolo, siano le tradizionali Esibizioni, la nuova MyClub, le Competizioni a carattere giornaliero indette dalla stessa Konami e le Divisioni Online.

Partendo proprio da queste ultime, particolarmente interessante è il sistema di punteggio che governa l’avanzamento nelle dodici divisioni disponibili. In luogo dei classici tre punti in caso di vittoria, del punto di consolazione per il pareggio e del niente di fatto legato alla sconfitta, PES 2015 assegna un quantitativo di punti variabile in base all’effettiva potenza della squadra prescelta. Meno quotata sarà la nostra squadra, tanto maggiori saranno i punti guadagnati in caso di vittoria e, in minor misura, di pareggio. Per essere promossi da una divisione all’altra sarà necessario raggiungere un punteggio target in un totale di dieci partite: provate a scendere in campo col Cesena e a vincere un paio di incontri, e potrete candidarvi al campionato successivo con parecchie giornate di anticipo. La trovata di Konami è brillante e indirettamente fa sì che le sfide nei server non siano costantemente giocate da team imbattibili quali Real Madrid, Barcellona, Bayern o PSG. Peccato soltanto che tale modalità non sia disponibile nella variante coop.

In ciascuna modalità online le azioni più belle del giocatore vengono premiate con un quantitativo variabile di Game Points (GP) da investire nella tanto attesa MyClub, di cui parleremo a breve. Le giocate “pagate” soldo virtuale sono le più disparate: si parte dai fondamentali (tackle riuscito, doppio passo, finta, uno-due) per poi approdare a soluzioni più complesse (tiro o goal al volo, pallonetto, intervento manuale del portiere). Non lasciatevi trarre in inganno dal facile arricchimento iniziale: più saranno le partite affrontate, maggiore sarà la difficoltà di trovare nuove giocate “pagate” in GP. Questo vale anche nel divertente scontro 11 vs 11 (ancora una volta, ineccepibile dal punto di vista dell’affidabilità della connessione, nonostante sia limitato alla sola modalità Esibizione), anche se l’affollamento in campo ridimensiona la loro frequenza per ciascun giocatore.

Chiudiamo questa lunga disamina spendendo due parole sulla tanto attesa modalità MyClub, presentata da molti come la risposta di Konami allo strapotere della FUT di casa Electronic Arts. Il principio alla base di MyClub è semplice: ottenere GP disputando partite online (contro giocatori veri) e offline (contro la CPU) e partecipando alle numerose competizioni disponibili. Una volta raccolti GP a sufficienza potremo ingaggiare allenatori e agenti nel tentativo di assemblare pezzo dopo pezzo la squadra dei nostri sogni. Il perno attorno a cui ruota questa modalità, in succinta sintesi, è l’acquisto di leve potenti da mettere in campo nella nostra rosa: ma state tranquilli, ci sono parecchie cose da tenere in considerazione prima di dominare gli stadi di PES 2015. Il valore del nostro club, tanto per iniziare, è espresso da due coefficienti: il primo indica l’effettiva forza “complessiva” degli undici uomini schierati mentre il secondo, nettamente più importante, ne rappresenta lo spirito di squadra. L’affiatamento rappresenta da sempre una delle chiavi primarie per la vittoria, e fare affidamento su dei prodigi di tecnica privi però di alchimia collettiva non vi porterà da nessuna parte. Come fare a rendere il nostro collettivo una vera squadra non è dunque attività semplice, specie quando gli agenti iniziano a macinare come si deve e i giocatori di classe non mancano. Collocare i giocatori nella propria posizione ideale, magari a stretto contatto con compagni di squadra o connazionali, potrebbe rappresentare un buon inizio: ma capirete rapidamente come questo non sia sempre possibile.

I giocatori, comunque, non saranno il vostro unico cruccio: per vincere servono atleti forti, e compittoccherà proprio agli recuperarli. Bisogna dunque raccogliere GP e monete MyClub, queste ultime ottenute in premio per le vittorie nelle sfide MyClub: la moneta virtuale potrà infatti essere investita per aggiungere nuovi agenti “standard” o per contattare i famigerati Agenti Top, mostri sacri della trattativa organizzati per area di gioco (attacco, centrocampo e difesa) e capaci di portare in squadra i migliori giocatori del pianeta, a patto che abbiate abbastanza risorse per pagarli. E sappiatelo, i loro servigi costano parecchio. Lo stesso discorso trova applicazione nella selezione dell’Allenatore: maggiore la sua nomea, maggiore l’esborso a vostro carico. Ogni Allenatore assoldato avrà una formazione di gioco preferita, oltre a due strategie (offensive a difensiva) predeterminate che potremo alternare liberamente in partita. Doveste stufarvi anzitempo del vostro coach potrete sempre annullarne il contratto e cercarne uno nuovo: ma tenete sempre sott’occhio le finanze, visto che tra acquisti, trasferimenti, cessioni e trattative il soldo rischia di non essere mai abbastanza.

Al primo impatto, questa modalità MyClub appare interessante e coinvolgente, dando ulteriore profondità alle dinamiche manageriali del calcio pur senza dimostrarsi troppo ostica per un neofita. La tanto amata meccanica delle “figurine” che tanto lustro ha dato alla concorrenza viene sostituita del tutto con un approccio più “reale” improntato sul mai domo calciomercato, che per sua stessa natura non offre al giocatore un “pacchetto” di giocatori alla volta ma, al contrario, obbliga alla giusta ponderazione per il giusto acquisto. Sarà interessante osservarne l’evoluzione sul medio periodo, ma le premesse iniziali di MyClub sono sicuramente positive.

In Conclusione…

Lo sentiamo dire spesso, ma alle volte la storia si ripete davvero. Proprio come nel precedente ricambio generazionale, quando assistemmo ad uno dei sorpassi più inattesi nella storia del videogioco, la transizione alla “nuova” next-gen ha sancito un risultato che, difficilmente, ci saremmo aspettati. Non che nel corso dell’ultimo anno PES 2015 non avesse dimostrato di avere parecchie carte un regola per ambire nuovamente ad un ruolo da protagonista: mancava soltanto quella conferma definitiva, quella prova oggettiva con la quale poter affermare senza troppi timori che, nell’anno domini 2014, la scelta migliore che gli amanti del calcio digitale possono fare proviene dal Sol Levante. E risponde al nome di Pro Evolution Soccer.

Konami e Pes Production riescono dunque nell’impresa, battezzando la propria nuova generazione con un titolo che strizza l’occhio al futuro senza però rinnegare le proprie origini. PES 2015 è rispetto della tradizione dei migliori PES, di quell’approccio calcistico ragionato che anni or sono conquistò il cuore di milioni di giocatori per poi perdersi strada facendo, nel tentativo forsennato di colmare un divario sempre più vorace. Non temiamo nemmeno di affermare che, molto probabilmente, PES 2015 rappresenta il miglior capitolo della serie dai tempi di ISS Pro: e questo grazie anche alla sua capacità di reinventarsi, di evolvere l’eredità di un gameplay farraginoso e sconclusionato trasformandolo in un’ode pura ad uno degli sport più amati del mondo. Giocabilità di altissimo livello e tecnologia all’avanguardia (leggasi FOX Engine) sono i due ingredienti principali di una ricetta che aspettavamo da tanto, forse troppo tempo: la creatura di Masuda vince e convince, cancellando i terribili incubi del lustro appena passato e gettando delle ottime basi per un futuro che, almeno da quanto visto sino ad ora, si prospetta nettamente più roseo.

Certo, il problema delle mancate licenze rimane una ferita aperta che, presumibilmente, porterà con sé cicatrici per un altro paio di anni – e lo ammettiamo, le licenze “collaterali” ottenute da Konami faticano a risollevare una situazione che, specie in Champions League, lascia un pizzico di amaro in bocca. Ma di fronte ad un’offerta contenutistica di alto livello, che propone gradite riconferme a fianco di modalità inedite come il multiplayer offline a zone per tre giocatori o, soprattutto, l’inedita e accattivante modalità MyClub, tutto sommato non dovrebbe essere troppo difficile chiudere un occhio. E questo senza nemmeno tirare in ballo, lo ribadiamo, uno dei migliori gameplay mai apparsi in un videogioco di calcio.

PES 2015, sia chiaro, non è affatto perfetto. Ed è un bene, perchè se queste sono le premesse già a partire dal prossimo anno ne vedremo delle belle.

VOTO: 9

Bello, simpatico, intelligente e super esperto di videogiochi, ha sviluppato un'incredibile capacità nello scrivere cazzate.. Gioca ai giochini elettronici dall'86 e ci scrive a riguardo dal 2006 o giù di lì.. Ma non fateglielo notare, che poi si monta la testa..

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