Popcorn Time: Interstellar

Popcorn Time: Interstellar

Dopo una lunga attesa atterra sul nostro pianeta l’ultima fatica di Christopher Nolan.
Per cominciare diamo una rapida occhiata alla carriera del cineasta americano. L’esordio è dei migliori, nel giro di due anni ci regala altrettanti thriller: fra i più belli e affascinanti di sempre aggiungerei, Memento e Insomnia. A seguire inizia una fase nettamente diversa inaugurata con il primo capitolo della trilogia de Il Cavaliere Oscuro: Batman Begins. Correva l’anno 2005. La nuova fase è caratterizzata da uno slittamento di prospettive e priorità, dall’introspezione psicologica deviamo lentamente quanto nettamente verso una spettacolarizzazione della stessa… che non scomparirà mai del tutto, ma tenderà a “nascondersi” tra le pieghe di pellicole sempre più lunghe e – forse – ridondanti. La faccio breve: bei tempi quelli di Memento.
Con questo non voglio sminuire i lavori più recenti, solo esprimere un punto di vista che non riesco a cambiare, nemmeno dopo la visione del film che mi trovo a recensire con queste righe.
Arriviamo al dunque, allora.

Cast di pesi massimi guidati da un McConaughey in stato di grazia per un intreccio variegato, denso ma lineare, piacevole.
Ci troviamo di fronte ad un pianeta in ginocchio, alla frutta, ed all’esigenza di cercare nuovi orizzonti per garantire un futuro alla razza umana. Il nostro amato true detective dovrà imbarcarsi in un’impresa ai limiti (oltre?) dell’impossibile a base di salti spazio-temporali, fionde gravitazionali e anti-gravità per poter riabbracciare i propri figli con la consapevolezza di aver trovato loro una nuova casa, da qualche parte nel Cosmo infinito e imperscrutabile.
Il film è gradevole, non annoia e mantiene un buon livello di tensione (a tratti). Proprio questo il merito e pregio principale del lavoro di Mr. Nolan, perché – ahimè – non ce ne sono molti altri. Mi spiego meglio: l’hype generato attorno all’uscita di Interstellar era qualcosa di incalcolabile e qualcuno aveva già vomitato paroloni e paragoni grandi come montagne (2001: Space Odissey, Malick, Tarkovskij). Beh, rimangono paroloni. Le teorie simil-veritiere proposte ed analizzate con lo scorrere della pellicola sono davvero troppe e solo abbozzate, non si spinge sul lato visivo con effetti speciali e sequenze potenti ma siamo abbastanza carenti anche sul lato opposto della medaglia, sulla psicologia, che ovviamente è presente ma rimane chiusa a chiave in una manciata di discorsi brevi e fuori contesto. Anche la tematica della “salute” del nostro pianeta poteva essere sfruttata e resa mille volte meglio, magari puntando l’indice contro l’uomo invece di rimandare ad una non meglio specificata piaga vegetale. Di cosa voleva parlarci Nolan? Amore? Ambiente? Relatività e fisica quantistica “for dummies”? Scoperta?
Il film rimane apprezzabile, lo ribadisco, ma va fatta chiarezza alla luce delle aspettative che si erano create e che – purtroppo – almeno in parte sono state deluse.

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A noi ricorda…

 Kerbal Space Program: chiacchierando di caschi spaziali e fionde gravitazionali come non pensare al gioiellino targato Squad e sbarcato nell’Universo di Steam nel 2011? Un simulatore che ha saputo conquistarsi un’immensa fetta di fan sfegatati e che continua ad espandere il proprio seguito… Pronti a colonizzare lo Spazio profondo?

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Ci rivediamo venerdì per la prossima recensione… Stay tuned!

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