Dark Souls II: Corona del Re d’Avorio – Parte III – Recensione

Dark Souls II: Corona del Re d’Avorio – Parte III – Recensione

Shulva e la sua atmosfera catacombale ci ha gettato nel buio più indomabile, la vertiginosa Torre Nebbiosa ha ribadito ulteriormente quanto possa essere devastante (ed utile) il fuoco, ma per la corona dell’ultimo Re, From Software ha virato bruscamente verso l’opposto elemento, scegliendo di paralizzarci con il gelo, e di complicarci ulteriormente la vita (come se ce ne fosse bisogno) coprendo la quasi totalità del DLC con una fitta coltre di nebbia, dando ancora una volta maggior peso all’esplorazione, all’interazione con ogni elemento ambientale, al ripulire ogni anfratto.

Perché la paura è una brutta bestia che priva l’uomo di raziocinio e forza di volontà, ed impedisce al giocatore timoroso di affrontare ogni avversità proposta dal team con calma e sangue freddo, freddo come il pessimo clima che si abbatterà su di noi una volta varcato l’enorme portone per la poco accogliente Eleum Loyce, tra il suo pallore ancestrale e le sue voci pronte a tenerci alla larga dall’intera fortezza, così come dal primo boss, a portata di mano, stranamente, sin dalle prime battute.

Coraggio, provateci, illudetevi che From Software possa, almeno una volta, rendervi tutto più semplice, più immediato. Chi ha invece fiutato l’inganno, prepari l’equipaggiamento più adatto per un sovraccarico di attacchi magici da parte dei tanti nemici, siano essi delle maghe incappucciate o dei cavalieri scheletrici carichi di livore e ghiaccio, terza variante del mob che accomuna i tre DLC. La gran varietà degli avversari è chiara fin da subito, pronti ad alternarsi nei primi anfratti, neanche fosse una staffetta, intenti come sono a darsi il cambio per massacrarvi nelle maniere più disparate possibili; e quasi per stabilire una connessione con i precedenti contenuti, anche qui tenderanno ad assaltarvi in massa, anche in gruppi di quattro o cinque, senza mezzi termini.

Il level design, più atmosferico e meno labirintico, ma comunque anch’esso custode delle intricate architetture di Demon’s e del primo Dark Souls fatte di lunghi e dolorosi tragitti sminuiti all’ultimo momento da semplici quanto geniali scorciatoie, ben si presta a strategie più lente e ragionate, permettendo quasi sempre al giocatore di attirare i singoli mostri e di occuparsene con tutta calma… almeno fino a che non sparirà il ghiaccio che avvolge nemici, stanze e succosi forzieri. Tornare in stanze precedentemente visitate e ripulirle dopo un certo punto dell’avventura, risveglierà delle misteriose creature, apparentemente innocue, che daranno man forte ai nemici già incontrati renderanno ancor più turbolenta e dolorosa la caccia ai veri tesori.

Non mancheranno poi red phantom, golem devastanti, cavalieri di stazza normale ma estremamente coriacei, e gli immancabili boss, uno dei quali richiederà l’aiuto di speciali entità di supporto al giocatore da scovare in tutta Eleum Loyce, il tutto per conquistare la terza ed ultima gloriosa corona, da consegnare al Re Vendrick e…

Prima però ci sono nuovi anelli da recuperare nei numerosi forzieri o sui cadaveri disposti sul ciglio di qualche burrone, come da tradizione. E c’è la neve, tanta neve, su cui lasciare impronte e nella quale tuffarsi per ritrovarsi interamente coperti dalla stessa: un pizzico di candore in questo nero mare di crudeltà e sadismo ci vuole, ogni tanto. Mancano però le geniali intuizioni dei due precedenti contenuti, gli elementi che rendevano uniche quelle nuove porzioni di gioco perfettamente incastonate nella spietata Drangleic, in reconditi meandri che durante l’avventura base avevano suscitato più di un dubbio sul proprio effettivo motivo d’esistere. Forse per dare più spazio ad una lore sempre più criptica ed affascinante, che più prova a svelare un mistero, più riesce a crearne altri dieci? Preparatevi ad ottenere delle risposte la cui raison d’être giace nelle domande che le stesse risposte genereranno.

In conclusione…

Con l’uscita di questo terzo DLC, From Software chiude una trilogia di contenuti aggiuntivi che, come più volte è accaduto con le loro produzioni, ne conferma il talento ed il mirabolante estro creativo: non saranno corposi e carichi quanto quelli targati Bethesda, uno degli esempi più virtuosi, anche per via di qualche assets riciclato qua e là e di una durata media di 4/5 ore l’uno (nel caso siate giocatori esperti e rodati), ma comunque memorabili e da giocare assolutamente.

Ardui, stimolanti ed appassionanti, ricchi (quasi tutti) di nuove trovate con una propria personalità, quasi a volerli rendere estranei ad una Drangleic già sufficientemente alienante e sempre più avvolta da una fitta coltre di dubbi, terrori e misteri. Boss, mid-boss e comunissimi mob vi metteranno a dura prova, senza ammorbidimenti di sorta o presunti tentativi di allentare la presa in favore di qualche hardcore gamer della domenica: esplorazione, combattimento e paura di scoprire cosa ci aspetta dopo sono sempre al loro posto, anche in questa appendice del già mastodontico Dark Souls IIimpreziosito da questo trittico in una maniera quasi perfetta, come raramente accade.

Nel caso in cui il gioco base non vi fosse bastato (cosa molto probabile), non avrete più scuse per tornare ancora una volta a Drangleic… sempre che l’abbiate effettivamente abbandonata.

Voto: 8/10

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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