Popcorn Time: Sin City 3D – Una Donna per cui Uccidere

Popcorn Time: Sin City 3D – Una Donna per cui Uccidere

Nella vita come nell’arte tutto ha un seguito. Eccoci dunque al secondo capitolo del lungometraggio dedicato alla Città del Peccato, meglio conosciuta all’audience mondiale come Sin City.
Fresco di distribuzione – infatti – il nuovo film porta la firma di Frank Miller e Robert Rodriguez come già avveniva con il primo capitolo.
Squadra che vince non si cambia, e se Miller è indispensabile in quanto autore della graphic novel Rodriguez non è da meno, visto che la trasposizione su grande schermo riesce ad assumere caratteristiche (estetiche e non) pressoché uniche proprio grazie alla visione registica del “papà” di The Faculty, Dal Tramonto all’Alba e Planet Terror.
Passiamo direttamente all’analisi di Sin City – Una Donna per cui Uccidere.

Ancora una volta non è facile giudicare perché l’opera in questione ha almeno due volti, due anime, due facce della stessa oscura medaglia.
Visto con occhio critico e distaccato il film non regge il peso dell’aspettativa creata e scricchiola sotto la mole delle promesse (solo in parte mantenute) fatte ai fan. Per essere sbrigativo riassumerei dicendo che il primo era migliore, e quella che sembra la classica frase di chi vuole sottrarsi ad un giudizio più difficoltoso e approfondito è in realtà la piatta, cruda verità. Già, ripeto, il primo era migliore per una serie non trascurabile di pregi legati soprattutto alla scrittura di scena, all’introspezione dei vari personaggi, ai dialoghi.
A livello di trama c’è poca carne al fuoco e nulla che abbia un senso se raccontato ora: l’impianto narrativo regge esclusivamente nel contesto iper tamarro/dark/fumettistico del film, quindi vi basti sapere che vi ritroverete ad assistere alle scorribande ed ai (grossi) problemi di tipi molto loschi e viscidi in una città – possibilmente – ancora più losca e viscida.
Attenzione però, c’è il lato B del giudizio. Proprio così, perché Sin City 2 – forse – non va assolutamente guardato con occhio critico e calcolatore, ma funziona come attrazione… una montagna russa di situazioni paradossali parecchio oltre il limite dell’incredibile, personaggi assurdi, sopra le righe, prospettive e inquadrature da capogiro… insomma, uno show a tutti gli effetti che – in quanto spettacolo, intrattenimento – funziona. Insomma, se riuscirete a non farvi troppe domande e non aspettarvi il film cult del 2014, carichi della voglia di evadere un po’ e divertirvi, beh, il nuovo prodotto della premiata ditta Miller/Rodriguez vi piacerà.
Senza lasciare traccia, ma vi piacerà.

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A noi ricorda…

mp Max Payne: questa volta il paragone è d’obbligo, mettendo immediatamente in chiaro che il videogame cui si fa riferimento è dieci spanne (o palazzi) sopra al film Rodrigueziano sotto (quasi) tutti i punti di vista. A partire dall’ambientazione dark fino ad arrivare ai personaggi dannati, senza nulla da perdere, passando per citazioni evidentissime (nei poster del film, ad esempio) all’estetica che fin dal primo, storico capitolo ha caratterizzato la saga del “massimo dolore”.

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Alla prossima con una nuova recensione… stay tuned, mi raccomando!

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