Alien Isolation – Recensione

Alien Isolation – Recensione

Difficile trovare una saga cinematografica complessa, controversa e affascinante come quella di Alien, partorita dalla geniale mente del maestro Ridley Scott nel lontano 1979.

Da quel primo terrificante lungometraggio nasceva l’horror fantascientifico di nuova generazione,  subentrato prepotentemente tra i generi più acclamati e richiesti di tutta l’industria hollywoodiana dell’epoca e non solo; non ci volle molto infatti, per capire che il soggetto di Alien sarebbe potuto essere sfruttato con successo anche in altri ambiti, tra cui quello videoludico, in fortissima ascesa negli anni 80’. Innumerevoli sono stati gli adattamenti su console e PC, purtroppo però quasi mai all’altezza dello storico film. Ultimo clamoroso esempio è Alien: Colonial Marines, sviluppato da Gearbox e pubblicato sempre da SEGA, la cui totale indecenza tecnica e narrativa ha scatenato un vero e proprio putiferio di critiche, sia dalla stampa specializzata che dal nutrito pubblico di fan accaniti. Si era capito che serviva un approccio differente al genere, più vicino al puro terrore del primo Alien che alle esplosive sparatorie del secondo film diretto da Cameron.

Dopo un lungo periodo di gestazione, The Creative Assembly, software house conosciuta principalmente per la serie Total War, annuncia Alien Isolation, un survival-horror in prima persona che ci mette nei panni di Amanda Ripley, la figlia sconosciuta dell’ufficiale di stanza sulla nave spaziale Nostromo. Partita per lo spazio con la speranza di ritrovare la madre recentemente scomparsa, Amanda si renderà ben presto conto di avere a che fare con una forza disumana, uno spietato assassino alieno il cui unico obiettivo è quello di far prevalere la propria superiore razza a scapito di quella umana.

Alien Isolation è un’esperienza unica, che ripropone in modo quasi maniacale tutti i più piccoli dettagli della saga cinematografica che ha reso famosa Sigourney Weaver, compreso l’onnipresente senso di angoscia ed isolamento che si proverebbe percorrendo una stazione spaziale solo “parzialmente” abbandonata. I ritmi sono pressanti, frenetici, l’intera avventura è una disperata corsa verso la salvezza, scappando da un nemico palesemente più forte, più veloce e più resistente.

Dopo tanti, forse troppi anni, The Creative Assembly ci propone quello che potrebbe realmente essere l’unico vero erede videoludico di Alien.

Non è un segreto che Alien Isolation vuole essere un po’ il seguito spirituale del primissimo Alien. Il personaggio principale è difatti proprio Amanda Ripley, ingegnere contattato dalla Weyland Corporation per partecipare ad una missione spaziale di recupero. Sospettosa nei confronti delle vere motivazioni celate dietro i buonismi da prima pagina, Amanda si vede costretta ad accettare la proposta del colosso industriale, in quanto sussiste la possibilità di recuperare la scatola nera della Nostromo, nave ora dispersa su cui lavorava anche la madre, l’ufficiale Ellen Ripley. Amanda ed altri due tecnici partono così a bordo del vascello commerciale Torrance, verso la stazione spaziale Sevastopol, dove ufficialmente è custodito l’obiettivo di missione.

Ma una volta raggiunta la stazione spaziale, la protagonista scopre che ciò che rimane della sfavillante stazione piena di vita e colori è solo un’ombra sbiadita, un freddo involucro metallico dalle cui profondità è fuoriuscito qualcosa di raccapricciante e malvagio. I pochi superstiti rimasti hanno abbandonato ormai da tempo quell’ultimo barlume di speranza e di lucidità mentale rimastagli, affidandosi esclusivamente alla più brutale forma di violenza per sopravvivere, l’IA che controlla i comandi principali della stazione ed i numerosi androidi che la popolano è sospesa per qualche strano motivo e come se non bastasse, un oscuro predatore si aggira tra i condotti dell’aria seminando morte e panico. Bloccata sulla Sevastopol, Ripley dovrà trovare un modo per fuggire, raggiungendo nuovamente la Torrance, mentre il mondo attorno a lei si deteriora rapidamente.

Il plot narrativo è decisamente coinvolgente, in particolar modo nelle prime ore di gioco, quando molti dei nodi devono ancora venire al pettine; tuttavia è facile notare come in molte occasioni i compiti da svolgere si susseguano senza un filo logico apparente, come a voler giustificare (in modo sbrigativo) il vagare da un punto all’altro della stazione.

In quanto survival-horror annunciato, il titolo targato TCA si discosta vigorosamente dai canoni shooter che hanno caratterizzato la maggior parte delle produzioni su licenza precedenti. Dimenticatevi quindi i fucili a impulsi, i lanciarazzi o l’equipaggiamento corazzato; in Alien Isolation tutto quello su cui potrete contare è un rudimentale rilevatore di movimento e altri (pochi) gingilli meccanici fortunosamente assemblati con la roboante tecnologia degli anni 80’ disseminata in giro per la stazione. Vi serviranno perlopiù ad aprire porte bloccate, bypassare circuiti elettronici ed in alcuni casi, confondere o stordire i nemici. Proprio così, perché il temibile Xenomorfo che ha invaso il complesso spaziale non è l’unica forza ostile che vi ritroverete ad affrontare, anche se di sicuro è quella più temibile; i superstiti più paranoici hanno imbracciato le armi e sono pronti ad eliminare qualunque cosa si muova. Stesso discorso vale per alcuni dei droidi rimasti inevitabilmente danneggiati, che ricorreranno finanche all’omicidio pur di rispettare le procedure standard in casi di emergenza. Alcuni di questi potrete affrontarli, altri potrete provare a combatterli o rallentarli prima che sia troppo tardi, ma in nessun caso sarete totalmente al sicuro.

Ed è proprio su questo che i programmatori hanno puntato tutto: rendere Amanda debole e indifesa costringe ad un permanente stato di apprensione, trasformando anche l’attraversamento del più semplice dei corridoi mal sorvegliati in una sovrumana prova di astuzia e tempismo. Il gameplay però non ripudia totalmente gli scontri a fuoco e anzi in certi casi li incoraggia, concedendo alla protagonista alcune armi; ma la scarsità di munizioni e la limitata energia vitale di Ripley vi imporrà quasi sempre di evitare qualsiasi combattimento che non sia strettamente necessario.

Il gioco è fortemente incentrato sull’esplorazione di ogni più sperduto angolo della Sevastopol e su un backtracking mai noioso e scontato, in quanto ogni stanza già precedentemente controllata potrebbe riservare nuove sorprese.
Grazie alla sua esperienza nel settore, Amanda è in grado di costruire alcuni rudimentali strumenti (come granate flashbang o medikit) per assicurarsi una provvidenziale difesa in caso di pericolo. In una prima prova il menù di crafting risulta macchinoso e occorre un po’ per riuscire a gestirlo con dimestichezza, considerando soprattutto che il gioco non andrà in pausa durante la gestione dell’inventario e la rapidità d’azione può quindi fare la differenza tra la vita e la morte. I materiali per la costruzione di oggetti utili possono essere raccolti in casse specifiche oppure trafugati sui corpi senza vita dei passeggeri più sfortunati, così come i differenti progetti –necessari per apprendere le varie tecniche di costruzione- si trovano solo grazie ad un’attenta ricerca. Nonostante l’apparente abbondanza di certi ritrovamenti, il basso limite imposto dagli sviluppatori per il trasporto raccomanda un uso parsimonioso delle materie prime, soprattutto nelle fasi più avanzate dell’avventura, dove la difficoltà cresce parallelamente al bisogno di armamenti difensivi.

Non tutto l’equipaggiamento di Ripley dovrà essere costruito da zero: la coraggiosa eroina troverà infatti alcuni utensili fondamentali per la sua missione, che i fan più attenti non faticheranno a riconoscere, collegandoli alle pellicole antecedenti. Su tutti fa ovviamente capolino il rilevatore di movimento, uno degli oggetti universalmente riconducibili al primo Alien, capace di terrorizzare intere generazioni di spettatori con il suo ritmico ed implacabile “bip”. Questa versione improvvisata capiterà tra le mani di Ripley nelle prime ore di gioco e si rivelerà lo strumento più utile di tutta la produzione, nonché preziosa difesa contro un nemico invisibile ma letale.

Capace di rilevare qualsiasi movimento in ogni direzione grazie ad un pratico schermo radar, il rilevatore di movimento diventerà in pochi minuti una risorsa fondamentale, grazie alla quale la protagonista riesce ad intuire i movimenti di ciascun nemico e reagire di conseguenza. Il marker al limite della mappa inoltre, indica il prossimo obiettivo, facilitando di molto il vagabondare per i corridoi, talvolta eccessivo. Nonostante l’assoluta precisione del rilevatore, Ripley ha anche a disposizione una mappa più classica, dove sono fissati tutti i punti di maggior interesse, come sistemi di salvataggio, terminali, porte bloccate e sistemi di sicurezza che possono essere aggirati. Purtroppo questo tipo di mappa non si aggiorna da sola e sarà quindi importante cercare nella stazione i terminali appositi dove aggiornare i dati in possesso fino a quel momento.

Alien Isolation si differenzia dai canoni moderni anche attraverso il sistema di salvataggio manuale (come vuole la tradizione videoludica anni 90’ e come rammenta ogni survival-horror degno di questo nome), che è possibile effettuare solo interagendo con specifici Punti di Registrazione di Emergenza; queste scomode e piccole strutture che fungono da save-point sono il solo ed unico modo che avrete per registrare i vostri progressi nel gioco poiché non esistono né auto-save, né checkpoint. In perfetta linea con lo stile della saga e della tecnologia prodotta dalla Weyland-Yutani, questi punti di registrazione di emergenza richiedono tempo per svolgere il loro compito, tempo durante il quale –inutile dirlo- Ripley è esposta ad ogni genere di pericolo.

Perfino per i propri salvataggi si dovrà scegliere il tempismo giusto ed in ogni caso durante l’operazione sarà possibile guardarsi intorno per controllare l’ambiente, reagendo anche al sensore di movimento incorporato, nel caso il livello di tensione raggiunto non fosse ancora alle stelle.
Questa scelta stilistica coraggiosa ma perfettamente in linea con lo spirito del titolo, è l’ennesima dimostrazione pratica di quanto The Creative Assembly sia stata coerente e fedele rispetto alle prerogative di un franchise che in ambito virtuale era allo sbando. I talentuosi programmatori anglosassoni hanno intuito fin da subito cos’era necessario fare per trasportare intatto quel senso di terrore e di insicurezza che attanagliava le viscere di ogni sventurato che si trovava a dover fronteggiare uno Xenomorfo sul grande schermo.

Purtroppo questo tipo di scelte può generare un malcontento, soprattutto tra i giocatori meno avvezzi a questo genere di avventure in prima persona. Alien Isolation non è un gioco destinato al grande pubblico, a causa di diversi fattori. In primis una difficoltà generale ben al di sopra della media, che nelle fasi di gioco avanzate metterà a dura prova i vostri nervi e la vostra pazienza. Capiterà senz’altro di morire un numero spropositato di volte, di restare parecchi minuti bloccati in preda alla paura in un condotto d’aerazione o di cadere nel panico più totale alla vista di quel puntino luminoso che si avvicina rapidamente alla vostra posizione. Contesti volutamente esasperati che possono però alla lunga allontanare una buone fetta di pubblico in un primo momento interessato.

I nemici umanoidi che controllano la Sevastopol diventeranno l’ultimo dei vostri problemi una volta incontrato lui, il predatore più pericoloso della galassia. Ed il vostro primo incontro è tanto semplice quanto indimenticabile: accade un po’ così, senza nessun incipit narrativo ad indicare l’imminente sorpresa, quasi come se l’intera stazione spaziale ormai satolla di veleno, non vedesse l’ora di vomitare fuori quel (unico?) parassita abietto, scatenandolo contro l’unico essere vivente che può tenergli testa: voi. Una volta preso coscienza che lo Xenomorfo può nascondersi ovunque in attesa di tendervi un agguato fatale, l’approccio al gioco cambierà completamente. Ogni passo, ogni decisione, ogni circuito elettronico deviato sarà eseguito con la massima attenzione, consapevoli che il pericolo può sbucare ovunque, in qualsiasi momento. La cura con cui è stata sviluppata l’intelligenza artificiale avversaria di certo non allevia la tensione a cui sarete sottoposti, in quanto il sensibile udito dell’alieno può captare i passi meno silenziosi, il rumore dei portelloni che si aprono e addirittura il bip del rilevatore, ritorcendovi contro il vostro stesso equipaggiamento.

I modi per evitarlo o per rallentarlo esistono ed il giocatore potrà facilmente trovarne di nuovi combinando in modo vincente le svariate possibilità tecnologiche che la stazione Sevastopol mette inconsapevolmente a disposizione (come svuotare le riserve d’aria per creare uno spesso strato di nebbia o attivare gli altoparlanti per attirarlo verso il rumore), ma non si deve mai sottovalutare la sua astuzia, che unita agli incredibili attributi fisici di cui è dotato, ne fanno un implacabile portatore di morte.

Alien Isolation si circonda di tutti quei crismi che lo rendono una vera sfida per la sopravvivenza, piuttosto che una tranquilla passeggiata spaziale. L’atmosfera opprimente e vagamente tenebrosa, unita a consistenti fasi esplorative e ad un utilizzo molto contenuto delle armi a disposizione, potrebbe far storcere il naso ai puristi degli scontri a fuoco, così come agli amanti del canonico FPS sui binari e ai meno coraggiosi.
La software house inglese è ben cosciente dei rischi di popolarità legati ad un genere horror così rigido, ma li accetta a testa alta e rimarca ancora una volta l’assoluta fedeltà alle vere origini della creatura aliena ideata da Hans Ruedi Giger. Fedeltà ritrovata anche nella prestigiosa veste grafica, sgranata per l’occasione come in una vecchia pellicola: i freddi corridoi metallici contrastano l’aurea purezza del bianco degli ambienti, mentre la geometria perfetta delle forme contribuisce ad aumentarne lo straniamento estetico. Dal punto di vista tecnico, la versione PC del gioco è ineccepibile, senza nessun tipo di sbavatura grafica, né di rallentamento di sorta. Tearing e aliasing sono pressoché assenti ed il frame-rate è stabile , tranne qualche occasionale rallentamento durante le scene di intermezzo, per fortuna non tale da infastidire. Risultato eccellente, anche se abbastanza scontato, vista la voluta povertà stilistica dell’ambientazione e lo scarso numero di occasioni in cui l’hardware del PC viene spinto al massimo.

I modelli poligonali dei protagonisti sono realizzati in modo impeccabile, risultando credibili e realistici; meno quelli dei nemici umani, un po’ legnosi, soprattutto durante gli scontri. Menzione d’onore va ovviamente allo Xenomorfo digitale, una vera gioia per gli occhi di tutti gli appassionati. Il micidiale alieno corre, si arrampica e attacca in maniera del tutto convincente, lasciando sbalordito anche il più scettico dei giocatori. Stesso discorso per il sonoro, che riprende scrupolosamente tutti i suoni dell’omonimo film conseguendo anche qui un buon esito, tranne che per la colonna sonora a tratti troppo minimale e solo in alcune scene in-game veramente incisiva.

In conclusione…

Alien Isolation può essere considerato a tutti gli effetti una rinascita del brand dal punto di vista videoludico. Dopo la cocente delusione di Colonial Marines, i fan della saga tornano a sperare grazie al titolo di The Creative Assembly che dona nuova vita all’alieno più famoso del cinema, rendendolo più forte, veloce e violento di qualsiasi altro avversario mai affrontato. Spogliato di ogni sicurezza, il giocatore si ritrova costretto ad affrontare un arduo viaggio, combattendo per la propria salvezza con l’unica arma rimastagli a disposizione, l’ingegno. Ma a volte non basterà neanche quello; a volte la paura, la fretta o la rabbia prenderanno il sopravvento facendovi commettere qualche stupido errore. E sarà allora che Alien Isolation smetterà improvvisamente di piacervi, rendendovi insopportabile quell’ennesimo buco nel cranio causato da una lingua dentata veloce come un proiettile.

Vestire i panni di Amanda Ripley è un’impresa titanica, ai limiti della sopportazione psicologica, alleviata solo nei rari casi in cui prevarrà la soddisfazione di avere la meglio sul vostro nemico.
I creatori del gioco ce l’hanno messa tutta per rendere Alien Isolation un esponente unico nel suo genere, un nuovo capostipite dei survival-horror in prima persona; e non c’è sicuramente nulla di più spaventoso di un’enorme stazione spaziale abbandonata, dove si aggira un oscuro predatore che vi da la caccia.
Se avrete i nervi abbastanza saldi per resistere all’overdose di spavento e angoscia, non potrete fare altro che consacrare Alien Isolation come uno degli migliori horror games degli ultimi anni, nonostante quelle fastidiose limitazioni legate al gameplay che gli impediscono di raggiungere la perfezione.

Voto: 8,5/10

Amante dei tatuaggi e del buon vino, crede fermamente nella vita extraterrestre. Ha una passione viscerale per i videogames maturata nel tempo, che lo ha portato a scrivere per molte riviste italiane e siti web specializzati nel settore.

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