CounterSpy – Recensione

CounterSpy – Recensione

Il nostro primo incontro con CounterSpy risale allo scorso giugno, in quel dell’E3 di Los Angeles all’interno della Permanent Room di Sony. Notare il titolo di Dynamighty non era propriamente cosa facile, trovandoci circondati da demo giocabili del calibro di The Order 1886, DriveClub, Bloodborne o Little Big Planet 3: poi però succede qualcosa, giri lo sguardo come nelle migliori commedie romantiche e, proprio nel mezzo di esplosioni e motori roboanti, ti accorgi di un piccolo gioiellino dalla grafica in perfetto stle anni ’50. Ti avvicini per afferrare il pad colpevolmente abbandonato da chiunque, premi Start e, per un attimo, ti dimentichi della Golconda che ti aspetta al di fuori di quella stanzina. E magari rischi pure di innamorarti a prima vista.

Chiunque mastichi un minimo di cinema, difficilmente non riconoscerà i tratti di Saul Bass all’interno di CounterSpy. Da La donna che visse due volte a L’uomo dal braccio d’oro, passando per Santa Giovanna o Anatomia di un omicidio, il titolo è un chiaro omaggio al minimalismo estetico unico e inimitabile di uno dei designer più famosi di sempre. E considerando che alle redini di CounterSpy troviamo uno studio fondato da veterani di LucasArts e Pixar, direzione artistica sopra le righe e eccellenza estetica non dovrebbero sorprendere nemmeno più di tanto. Peccato che ad una prova approfondita non si possa dire lo stesso in termini di gameplay.

Definire CounterSpy non è cosa così semplice, trattandosi di un platform-stealth bidimensionale a scorrimento arricchito da elementi sparatutto 3D in terza persona. Nei panni di una silenziosa spia super partes, il nostro compito sarà recuperare intelligence sovietiche e americane infiltrandoci in bunker o in quartieri generali segreti, cercando di ribaltare i pericolosi equilibri di quella che potremmo definire una Guerra Fredda alternativa. Muovendoci tra un livello e l’altro dovremo dunque aggirare la resistenza nemica (anche abbatterla, in taluni casi), accedere a terminali protetti, recuperare piani segreti o progetti top-secret per il bene della nostra nazione: tutto questo avviene secondo gli standard più tradizionali del platform 2D, con scorrimento orizzontale da sinistra a destra, sporadiche buche da saltare e una componente verticale meno marcata che permette di muoversi da un piano all’altro sfruttando scale o bordi arrampicabili. Trattandosi tuttavia di un titolo di matrice stealth, lo sfruttamento delle coperture ricopre un ruolo fondamentale: ed è proprio quando il giocatore si nasconde dietro a scatole o scrivanie che il titolo cambia completamente, donando una dimensione aggiuntiva alla visuale e trasformando di fatto il gameplay in uno shooter in terza persona. Dalla copertura, infatti, il nostro eroe potrà mirare precisamente e far fuoco contro guardie e nemici vari: magari con una pistola silenziata per rimanere il più stealth possibili, oppure con una classica 9mm per salvare la pellaccia dalle contingenze più rischiose.

Quella che si ottiene è una variante più intensa, action ed immersiva del classico platform bidimensionale. Se quest’ultimo di norma vanta un numero complessivamente non esagerato di nemici, lo stesso discorso non si applica per CounterSpy, che sbatte nel muso del giocatore dozzine e dozzine di soldati avversari – che appaiono senza troppe cerimonie da tutte le direzioni, asse Z incluso. Il gioco offre inoltre delle mappe generate pseudo-casualmente, rendendo così ogni playthrough leggermente diverso dal precedente: la casualità del layout delle location e del respawn dei nemici garantirebbe dunque a CounterSpy un fattore rigiocabilità tutto tranne che indifferente. Non fosse che il gameplay, purtroppo, è meno brillante della sua intuizione principale.

Duole infatti dover ammettere che il titolo soffre di un’intelligenza artificiale spesso frustrante e mal calibrata. Come lecito aspettarsi da un gioco avente una spia come protagonista, si tende a premiare maggiormente uno stile di gioco stealth e silenzioso, magari scivolando dietro alle spalle dell’avversario per abbatterlo senza rumore. La ricompensa varia a seconda della “furtività” dell’azione eseguita: muoversi nell’ombra e strangolare verrà premiato con più punti rispetto che una semplice esecuzione a pistola silenziata o, peggio ancora, di una con fucile. Peccato che sia proprio il titolo a rendere troppe volte impossibile un approccio del genere: spesso i nemici saranno in grado di individuarci anche se nascosti dietro una copertura, altre volte il design del livello (organizzato in più segmenti consecutivi – sia orizzontali che verticali) ci farà aprire una porta proprio di fronte ad una coppia di guardie avversarie, annullando impietosamente ogni possibilità di sfuggire dal loro campo visivo. Laddove possibile, potremo sfruttare alcuni esplosivi per eliminare più nemici simultaneamente: utile ma, nelle aree a maggior densità nemica, questo rischia di essere un richiamo anche troppo invitante per i rinforzi.

Alcuni dei livelli avanzati soffrono di una curva di difficoltà particolarmente ripida – e di una presenza ostile nettamente più intensa. Se le meccaniche stealth funzionassero a dovere, questo non rappresenterebbe un problema così insormontabile: ma la realtà dei fatti è ben diversa, e il risultato finale è troppe volte sbilanciato. In una fase nemmeno troppo avanzata del gioco, ad esempio, faremo la conoscenza di una nuova tipologia di soldato equipaggiato con un lanciamissili e capace di abbatterci in un sol colpo fossimo anche dietro copertura. Non fosse che una volta “nascosti”, muoversi in una posizione differente è praticamente impossibile. Non bastasse, non sarà così raro essere colpiti da nemici al di fuori del nostro campo visivo e, a meno di non correre loro incontro esponendoci a qualche proiettile in più, praticamente imbattibili. A tal proposito il nostro alter ego è sì agile, ma tollera a fatica i proiettili: essere dunque identificati da più nemici simultaneamente, nella maggior parte dei casi, si traduce nel reload dell’ultimo checkpoint.

Fortunatamente, la progressione del protagonista di CounterSpy è equilibrata e ben strutturata, con un numero ragguardevole di opzioni per livellare armi o attributi. I giocatori saranno premiati con moneta sonante al termine di ciascuna missione completata con successo o con specifici power up direttamente in game, che possono essere usati per acquistare upgrade di salute, silenziatori o armi più efficaci quali fucili a pompa o granate. CounterSpy, dunque, non è solo stealth. La sua natura platform offre ampio spazio all’esplorazione e permette dunque di muoversi all’interno delle varie basi alla ricerca di informazioni segrete (che si sa, valgono un bel gruzzoletto) e delle citate armi secondarie, che possono essere equipaggiate soltanto una volta completato il relativo progetto e acquistate dallo store in game. Queste, in particolare, dovrebbero tornar molto utili nei frangenti conclusivi dell’avventura: il boost inaspettato della difficoltà generale le rende però meno “vincenti” di quanto si potrebbe sperare. Nel corso dei vari livelli, ambientati rispettivamente in basi missilistiche americane e sovietiche, il nostro compito sarà disattivare il programma di lancio facendo attenzione a non far scendere il Defcon, ossia il livello di guardia, allo zero: dovesse succedere, avremmo pochi secondi per raggiungere la console di lancio e disattivare il tutto, fermo restante che la resistenza non rimarrà certo ferma a guardarci. Doveste mai chiedervi quale sia il valore del Defcon della base corrente, basta guardare l’enorme numero al centro della parte alta dello schermo, tra la barra dell’energia (a sinistra) e la mappa a blocchi del livello (a destra).

Se dal lato narrativo CounterSpy offre una divagazione leggera ma comunque piacevole, particolarmente brillante ci è sembrato il set di dialoghi, che tenta di ricreare quello humor e quelle scene tipiche della cinematografia spionistica degli allora anni cinquanta regalando anche un paio di battute memorabili. Non essendo però fondamentale ai fini del contesto narrativo, gran parte di essi finisce per essere rapidamente dimenticata dal giocatore, che potrà bellamente saltarli in toto previa pressione del tasto triangolo. Buone anche le musiche, anch’esse contestualizzate alla perfezione e in grado di offrire un arrangiamento dal sano retrogusto alla James Bond che ben accompagna le nostre scorribande.

In conclusione … 

Con la sua miscela di stealth bidimensionale e action 3d in terza personaCounterSpy rappresenta senza dubbio un esperimento interessante nel panorama indie di PlayStation. Il suo stile retrò dal retrogusto “bassiano” e una narrativa non di certo impegnativa, ma dagli spunti divertenti e ben sfruttati, non bastano però a risollevare un gameplay non sempre capace di sfruttare a dovere le proprie carte migliori. L’intelligenza artificiale di CounterSpy è inaffidabile, sbilanciata verso l’alto in maniera esagerata e, anche nei primi livelli, ingiusta nei confronti di un giocatore che si vedrà abbattere da avversari non presenti su schermo o, in altri casi, capaci di stanarlo anche se nascosto dietro ad una copertura. Un peccato, viste le meccaniche concettualmente interessanti e, cosa più importante, vista la meraviglia restituita da un motore grafico leggero e veloce per tutta la durata del gioco. A poco meno di 15€ potrete mettere le mani su un titolo sì interessante e per certi versi quasi innovativo, ma che saprà strappare fuori la vostra parte peggiore visto l’alto tasso di morti non calcolate. E considerando che si tratta di un titolo cross buy per PS3, PS4 e PS Vita, il numero di Game Over è destinato a salire impietosamente.

Voto: 7/10

Bello, simpatico, intelligente e super esperto di videogiochi, ha sviluppato un'incredibile capacità nello scrivere cazzate.. Gioca ai giochini elettronici dall'86 e ci scrive a riguardo dal 2006 o giù di lì.. Ma non fateglielo notare, che poi si monta la testa..

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