Abyss Odyssey – Recensione

Abyss Odyssey – Recensione

Alcuni giochi, prima ancora di capire se sono validi o meno, colpiscono per la loro particolarità. A questa categoria appartiene sicuramente Abyss Odyssey, il nuovo gioco partorito dall’ACE Team, già autori di Zeno Clash. Atlus, che aveva distribuito l’originale picchiaduro in prima persona su Xbox Live Arcade, ha prodotto questa volta tutte le versioni e non si può negare che ad un primo impatto non ci sia stata un’influenza soprattutto nello stile grafico (così peculiare) del gioco, il tutto ovviamente a vantaggio dell’ultima creatura sfornata dal giovane e talentuoso team.

La prima stranezza di Abyss Odyssey sta nel concept stesso del gioco: il vostro personaggio iniziale infatti altro non è che un sogno generato sul finire dell’800 da uno stregone che, dal fondo dell’abisso, sta infestando tutto il Cile di incubi. Il vostro compito sarà quello di farvi strada lungo tutte le stanze che separano la superficie dal fondo dell’abisso eliminando i nemici che vi separeranno dall’inevitabile scontro finale. Se sulla carta questo sembra un compito facile, in realtà la questione è molto più complessa.

Ogni volta che il vostro personaggio andrà in contro ad una prematura morte non ci sarà infatti nessun checkpoint a salvarvi. La vostra unica speranza sarà un soldato che si farà carico di tutto il vostro equipaggiamento raccolto durante la partita e che cercherà l’altare più vicino per riportarvi in vita. Ma se anche il soldato dovesse non farcela, situazione più che probabile considerando la sua ridotta potenza e l’aggressività dei nemici, dovrete rincominciare tutto da capo, senza armi e oggetti. Ad ogni nuova partita infatti manterrete soltanto i soldi e i punti esperienza, tutto il resto invece (armi, pozioni, accessori e personaggi bonus) andrà perduto.

Come se non bastasse, l’abisso cambierà ogni volta che lo affronterete: il gioco infatti genera proceduralmente la disposizione delle stanze (differenti per ambientazione e difficoltà) e la struttura stessa di ogni singola stanza sarà casuale e mai uguale. Ne consegue che ogni partita è diversa ed è sempre all’insegna dell’imprevedibilità: al giocatore non resta che scegliere quale ingresso utilizzare dei tre a disposizione (sbloccabili avanzando nel gioco) che garantiscono man mano un accesso all’abisso sempre più in profondità, ma con un percorso sempre più difficile.

È come se tutto in Abyss Odyssey fosse quindi strutturato per ostacolarvi, dalle piante velenose, alle trappole e i pesci volanti che vi possono congelare, senza menzionare tutti gli incontri che potete fare. Persino il mercante può essere sfidato e battuto, anche se uno dei vostri incontri preferiti sarà sicuramente quello con il vampiro violinista che, in cambio della sua libertà vi darà una nuova abilità, ma all’incontro successivo vi attaccherà senza pietà.

Controller alla mano il gioco si presenta come un rougelike in 2D con elementi da beat ’em up, ed il riferimento principale, sembra strano, ma è Smash Bros. Il sistema di combattimento è infatti ripreso in gran parte dal folle titolo Nintendo, persino nella posizione dei tasti sul pad: avrete a disposizione un attacco semplice, un attacco speciale (diverso in base alla direzione in cui viene eseguito, proprio come in Smash Bros), il doppio salto, la parata e la schivata. Superato il forte senso di deja-vu, il mix tra combattimenti ed esplorazione in 2D funziona egregiamente.

L’impossibilità di salvare e il livello di sfida offerto, spingono il giocatore ad andare sempre il più possibile in profondità, coinvolgendolo per ore ed ore. È infatti impossibile decidere di fare “una partita breve” ad Abyss Odyssey: una volta iniziato si viene letteralmente rapiti da questo congegno di malvagità, tanto perverso quanto meraviglioso.

A supportare un gameplay così ben strutturato e calibrato c’è un comparto visivo che, se per tecnica non stupisce, da un punto di vista artistico è strabiliante. Il Cile al tramonto del diciannovesimo secolo è già di per sé una novità, ma il meglio arriva non appena si varca l’entrata nell’abisso. Le varie stanze, una dozzina circa partendo dall’ingresso più alto, sono raggruppate stilisticamente per temi: si passa da ambientazioni floreali e piene di vita a lande gelide e desolate, passando per rovine polverose e caverne laviche. A far la differenza però sono le creature e i nemici che incontrerete, frutto di un perverso mix di estetica latino-americana, horror gotico e stile liberty.

Paradossalmente il tutto riesce a reggere nell’insieme e a confluire in un mix che caratterizza immediatamente il gioco. Purtroppo lo stesso livello di eccellenza non è stato raggiunto dalle animazioni che muovo queste strane creature, che risultano estremamente legnose, ma sono comunque funzionali a livello di gameplay, essendo comunque un picchiaduro travestito da avventura.

Sul comparto sonoro ci sono alti e bassi: gli accompagnamenti musicali non sono degni servitori dello splendore artistico dei fondali e scadono spesso nel banale o nel pacchiano, ma alcuni dettagli sorprendono, come la possibilità di individuare alcuni personaggi in giro per i livelli grazie al suono degli strumenti da loro suonati.

Man mano che salirete di livello e diverrete sempre più forti vi si pareranno davanti nuovi nemici, manco a dirlo sempre più duri da affrontare. Un aspetto che mi ha particolarmente colpito è la presenza di così tante creature così diverse, e documentandosi un minimo ci si può rendere conto che con Abyss Odyssey ci si addentra dentro un vero e proprio dedalo di miti locali, ognuno dei quali riconducibile ad un personaggio del gioco, iniziando proprio dallo stregone antagonista.

In particolare il nemico del gioco può essere ricondotto al mito della provincia cilena di Chiloé (un arcipelago nell’Oceano Pacifico) che si ispira alla leggenda del Brujo de Chiloé. I nemici sono tutti connessi al Brujo (lo stregone, per l’appunto) e alla sua leggenda, che è tutta ad ambientazione marina, il che spiegherebbe la strana (e a tratti ridicola) presenza di pesci nel gioco. Si tratta in realtà di creature evocate dallo stregone a protezione della sua caverna, proprio come accade in Abyss Odyssey. Una piccola ricerca con Google, nel caso decidiate di dare una chance a questo gioco, vi aiuterà a dare una coordinata culturale a qualsiasi elemento di Abyss Odyssey, arricchendo quindi notevolmente il valore di questa produzione.

A completare il pacchetto ci pensa infine un contorno di contenuti extra molto interessanti: le partite infatti possono essere anche giocate in co-op online con amici e altri utenti, ma non pensate che essere in compagnia vi aiuti. I nemici infatti raddoppiano e purtroppo l’ACE Team ha deciso di rendere i vostri personaggi vulnerabili al fuoco amico, rendendo ogni partita una dura competizione per l’esperienza e le monete durante la quale arrivare alla fine dell’abisso è pressoché impossibile, ricordando quasi la competitività di The Legend of Zelda: Four Swords.

Un’altra componente online è ancora avvolta nel mistero: ogni volta che infatti si completa l’abisso, si contribuisce ad un obiettivo comune che però non è dato sapere cosa sblocchi o in che cosa consista esattamente, oltre che all’annientamento definitivo dello Stregone. La versione PC inoltre ha una modalità extra, chiamata Versus, che offre scontri in arene fino a quattro giocatori e trasforma Abyss Odyssey in un vero e proprio picchiaduro in pieno stile Smash Bros, mostrando però il fianco a qualche critica sul fronte del gameplay che, estrapolato dal suo contesto, manda tutto in caciara.

In conclusione…

L’errore più grosso che possiate fare in questa estate priva di titoli importanti (se trascuriamo le beta di Destiny e The Crew e la versione remastered di The Last of Us) è lasciarvi scappare questo concentrato di follia, mitologia e azione in salsa latino-americana.

Al di là dello stile e dei riferimenti culturali (tutti orpelli, graditi certamente ma non necessari), quel che rimane impresso è un gameplay ipnotico che costringe i giocatori a stare attaccati al pad per ore ed ore negli abissi, mentre il sole tramonta senza neanche accorgersene. Nelle dieci ore circa spese in compagnia di Abyss Odyssey una partita terminava quando le sinapsi non rispondevano più e questo, se non sbaglio, è un traguardo che non molti sviluppatori riescono a raggiungere. Non aspettate un bundle o un provvidenziale inserimento nella Instant Game Collection del PlayStation Plus, il momento di gettarvi nell’abisso è ora.

Voto: 8/10

Da quando ho scoperto che i piaceri che i miei pollici opponibili potevano darmi con un joypad erano pressoché infiniti non ho mai smesso di videogiocare. Appassionato di cinema e musica, sempre e solo a livello maniacale.

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