Valiant Hearts: The Great War – Recensione

Valiant Hearts: The Great War – Recensione

L’estate è appena iniziata e le scuole sono finite da un paio di settimane. Abbandonati i libri di storia, Ubisoft ci porge in dono un altro piccolo progetto distribuito in digital deliveryValiant Hearts – The Great War. Un modo insolito di guardare all’infausto episodio della Prima Guerra Mondiale (1914-18), che avevamo già provato qualche settimana fa e ne eravamo rimasti ottimamente colpiti. In occasione del centenario, la divisione di Montpellier della software house francese ci introduce nelle trincee della Grande Guerra. Dopo averci fatto innamorare con la poesia acquerellata di Child of Light Ubisoft ci riprova: questa originale avventura bellica avrà confermato le aspettative che tanti riponevano in questo titolo?

“1 agosto 1914. Dopo l’assassinio dell’ arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, la Germania dichiarò guerra alla Russia. A causa delle alleanze in atto, la Francia iniziò a prepararsi al conflitto e ai tedeschi residenti in Francia venne chiesto di lasciare il Paese.”

Parte in questo modo la triste storia della Prima Guerra Mondiale, così sui libri di scuola, così è anche per Valiant Hearts, e da qui ha inizio anche l’avventura dei personaggi che andremo a guidare. Lo spunto offre a Ubisoft Montpellier la sceneggiatura di un’opera videoludica che definisce le sue peculiarità attingendo a piene mani da cinema, teatro e fumetto. La storia narra di una famiglia divisa dalla guerra: nella fattoria di Saint Mihiel vivono il padre Emile, che verrà chiamato alle armi dall’esercito francese, il genero Karl che, essendo tedesco, dovrà abbandonare subito la famiglia per combattere con la Germania e la figlia Marie, costretta a rimanere sola a Saint Mihiel (occupata dai tedeschi) per crescere il piccolo Victor. A questi personaggi si aggiungerà da subito l’americano Freddy che combatterà volontario a fianco dei francesi, il fido Walt, fondamentale in più di un’azione (come fondamentali furono i cani durante i reali fatti storici) e, in un secondo momento, la studentessa belga Anna, che avrà il compito di curare e salvare i nostri prodi in varie occasioni durante l’evolversi degli eventi. Attraverseremo la guerra di trincea facendo tappa in momenti storici ben chiari nella memoria dell’uomo: passeremo dalla Marna nel 1914 per poi vivere gli eventi di Neuve-Chapelle e Ypres. Poi affronteremo le famose battaglie di Verdun e della Somme nel 1916 fino a visitare anche i terribili campi di prigionia. Ci aggireremo nei tunnel scavati dai soldati tra le trincee e ne scaveremo anche noi grazie alla pala di EmileTutto ciò per riuscire ad emergere dal fango della Grande Guerra.

La bellezza di Valiant Hearts è che tutto questo lo faremo da una visuale diversa da come siamo abituati solitamente. Non ci troveremo a dover scardinare i nemici con scariche di pallottole come in uno sparatutto e non sbaraglieremo gli eserciti con mosse studiate come nei videogiochi di strategia. Valiant Hearts metterà alla prova le nostre abilità di ragionamento: nel definire questo gioco abbiamo scelto l’etichetta di puzzle adventure, ma non basta. Troveremo dei livelli in cui il sistema di ricompense tipico dei punta e clicca guiderà le nostre azioni, così come affronteremo delle fasi stealth curate al pixel ed infine, nei panni della studentessa Anna, ce la vedremo con la serie di tasti da digitare tipica dei rhythm game. Interessanti, inoltre, alcuni intermezzi con i veicoli come taxi e carri armati.

Lo diciamo subito, il gioco non è difficile. Possiamo scegliere se giocare in “Modalità Veterano” oppure no, ma il succo non cambia. Semplicemente, a tale livello di difficoltà non saranno evidenziati gli oggetti utili al risolvere i nostri puzzle, ma rimarranno comunque abbastanza visibili. I tasti da premere saranno pochi: uno per raccogliere gli oggetti, un altro per dare un bel cazzotto ai soldati e l’ultimo per richiamare l’attenzione del cane. Chiariamo… non che il tasso di sfida sia elementare, anzi… i non pratici ai giochi punta e clicca passeranno ore a risolvere anche il più piccolo enigma. L’invito, però, è quello di approcciare Valiant Hearts  The Great War come si farebbe con un bel libro o con un cortometraggio animato. Un modo originale per gustarsi la storia in senso narrativo e la Storia in senso didattico.

Sì, perchè il titolo in questione ha anche un risvolto educational mica irrilevante. Ricordo ancora quando una miriade di anni fa mi presentai fiero agli esami di terza media con in mano la mia bella ricerchina sulla prima guerra mondiale. Giorni di studio per preparare nel dettaglio quelle poche pagine che mi fecero fare una bella figura in sede di verifica. Poi, come tutti, ho ristudiato lo stesso periodo storico anche alle superiori (fortuna vuole che all’università non abbia fatto Storia Contemporanea I – ndFof). Bene…adesso dopo aver giocato a Valiant Hearts mi accorgo di aver imparato ancora qualcosa sulla Grande Guerra. Ogni livello è presentato e ben contestualizzato da trafiletti informativi e foto documentarie prese direttamente dall’archivio del Centenaire 1914-1918, e come se non bastasse gli oltre 100 oggetti collezionabili da raccogliere nella nostra avventura racchiudono ognuno un’informazione storica di utile interesse. A completare il quadro ci saranno i Diari: serie di riflessioni o estratti epistolari dei protagonisti che, oltre a definire il profilo caratteriale di ognuno, aiutano il videogiocatore ad entrare nel feeling emozionale del documento storico.

Per quanto riguarda il comparto tecnico possiamo dire che agli occhi risulta un ottimo prodotto, con l‘UbiArt Framework che fa ancora una volta un gran lavoro. Ovvio, la grafica 2D del titolo non implica grosse macchinazioni di programma, ma quello che viene fuori è un piacere da vedere. Abbandonato lo stile acquerelloso dei mondi di Aurora in Child of Light, troviamo in questo videogioco il disegno fumettistico vero e proprio accompagnato spesso da toni grigi e fumosi contrapposti dai colori sgargianti e caldi della campagna di St. Mihiel. Dicotomia che troviamo anche nella scelta di non mostrare gli occhi dei personaggi coinvolti negli orrori della guerra, mentre li vediamo, seppur in pochissime occasioni, nei personaggi non coinvolti direttamente: la moglie di Freddy (vedere i suoi occhi a metà gioco ricorda lo sbattere delle ciglia di metà cortometraggio Level 5 del francese Chris Marker ndFof), il fratello di Freddy e Victor.

Se risulta essere un piacere per gli occhi, dobbiamo confermare la stessa cosa anche per ciò che riguarda il sonoro. La splendida voce narrante (in italiano) ci accompagnerà dal primo all’ultimo secondo e il parlare masticato e rotolante dei soldati (in alcuni casi francese, in altri tedesco e inglese) è un’ottima scelta per dar voce a tali disegni. Il sonoro degli scenari di guerra, tra bombe, sirene e grida, aiuterà non poco a calarsi nella storia.

In conclusione…

Valiant Hearts: The Great War è veramente un gioiellino. Se siete in cerca di un colossal sulla guerra avete però sbagliato meta. Qui troverete una commistione di arti inserita in quello che potrebbe diventare un nuovo modo di fare e pensare i videogiochi, una sorta di cortometraggio che tenta (a parere di chi scrive, riuscendoci) l’incredibile impresa di fondere in un tutt’uno il giocatore e lo spettatore (cosa che altri stanno tentando di fare da anni…senza fare nomi, ma sempre francesi sono – ndfof). Valiant Hearts cerca di aprire quella finestra tanto cara a Roland Barthes e i suoi studi sul cinema, una finestra da cui guardare la rappresentazione di uno dei fatti storici che più ha sconvolto la storia contemporanea. Attraverso un prodotto simile ci si diverte, si impara, si conosce e si piange… Che cosa chiedere di più? Consigliatissimo a tutti, soprattutto grazie al prezzo budget che propongono titoli digitali come questo e il suo “predecessore” (filosoficamente parlando) Child of Light. Se ne va in poco più di sei ore, ma la Storia merita le nostre lacrime.

Voto: 9/10

Nato appena in tempo per veder trionfare gli azzurri a Spagna '82, ma quella sera dormiva. Muove i primi tasti con il Commodore 64 per poi passare alle gioie del NES e i floppy dell'Amiga. Da anni cerca di affinare il suo vocabolario cercando l'insulto perfetto per rispondere a Guybrush Threepwood in una loro privata discussione. Sta mettendo da parte i soldi per comprarsi una DeLorean.

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