Popcorn Time: Maps to the Stars

Popcorn Time: Maps to the Stars

David Cronenberg. Quindici lettere che racchiudono uno dei capitoli più importanti, controversi e belli della cinematografia contemporanea.
Cronenberg fa horror, dramma, commedia, thriller… e nulla di tutto ciò. Plasma storie di serie X a sequenze di serie A, A come Autoriali, avvicina classici inavvicinabili e li re-interpreta, li trasforma (basti pensare allo stupendo M Butterfly), riflette ad alta voce per ore su temi non esattamente facili (il processo creativo, la scrittura, come nel caso dell’altrettanto stupendo Il Pasto Nudo), pesca a piene mani da repertori accessibili così come da suggestioni nascoste, sconvolge, terrorizza e diverte nell’arco di una singola scena.

Amo il suo Cinema da quando – anni fa – consumai i dvd di Inseparabili, Crash ed EXistenZ. Tre film radicalmente diversi sotto ogni aspetto, meno uno: il genio che respira e permea ogni istante di ogni pellicola è inequivocabilmente lo stesso.
 Ad un tratto, però, è successo qualcosa.
Nel 2002 esce Spider, dramma oscuro, malato, claustrofobico che vede protagonista un intenso Ralph Fiennes. I segnali di un imminente cambio di rotta – pur rimanendo semi-nascosti tra le pieghe di un signor film – si intravedono senza troppa difficoltà.
Infatti, già con l’arrivo di A History of Violence, Cronenberg sembra essersi perso. Il suo cinema fisico e psicologico, infimo ed elevato, fatto di ossa, carne, sangue e suggestioni surrealiste e surreali lascia il posto ad una scrittura di scena più classica, vicina ai generi, concentrata nel senso deteriore del termine.
Rimane la follia (misurata), ma il genio è sparito.

Maps to the Stars, protagonista di questa recensione, purtroppo non riesce ad invertire la tendenza. Troviamo nuovamente casi di umanità varia ed avariata – come già in Cosmopolis – e le derivanti brutture, ma ritmo e toni rimangono bassi, non ci sono picchi e nemmeno sporadici balzi, solo un’idea apprezzabile ed una pellicola decente – certo  – ma nulla di più.
La Moore e Pattinson ce la mettono tutta, ma una buona prova attoriale non può rimediare ad un’opera che poteva, doveva rappresentare il ritorno al compianto passato Cronenberghiano ed invece, ahimè, rimane nella mischia.

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A noi ricorda…

 GTA: accostare Cronenberg alla saga Rockstar potrebbe suonare ridicolo, invece gli elementi comuni alla pellicola recensita qui sopra ci sono eccome, e nemmeno pochi. Si parla del genere umano e della sua palese, puzzolente marcescenza, di egoismo, corruzione (dell’animo, politica), prevaricazione, cattiveria… insomma, del lato oscuro che – di fatto – alberga in ognuno di noi e che spesso può tradursi in azioni e reazioni sconsiderate… fino agli estremi di Mr. Vercetti o Mr. Bellic!

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Ci si rivede venerdì prossimo con la recensione di un successo annunciato al botteghino, si spera meritato… Maleficent, con Angelina Jolie!

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