Popcorn Time: Saving Mr. Banks

Popcorn Time: Saving Mr. Banks

Insuccesso (annunciato) al botteghino, il nuovo lungometraggio Disney ci racconta con stile impeccabile una storia di estro, fantasia e – soprattutto – sogno. Quest’ultimo termine può essere inteso nella sua valenza onirica così come tradotto in “desiderio”, perché in entrambi i casi calza a pennello al film di John Lee Hancock.
Partiamo dagli interpreti: a “comandare” il plotone spicca un eccellente Tom Hanks (Walt Disney), spalleggiato da Colin Farrell, Emma Thompson e Paul Giamatti. Grandi nomi, quindi, che ancora una volta non mancano di esibire il talento che li contraddistingue dagli esordi.

 Saving Mr. Banks è una commedia, ma non la solita commedia. La narrazione fila liscia che è un piacere, fatto non esattamente scontato quando la durata si attesta intorno alle due ore. Definirlo un film per famiglie è riduttivo, perché gli spunti che ho ricavato dalla visione sono davvero “importanti”, solidi e sottolineati con zelo dal regista: uno su tutti, l’invito a non accontentarsi di una sola dimensione, una sola realtà, a inventarsene (almeno) un’altra e rifugiarcisi spesso per evadere e – perché no? – imparare qualcosa anche sulla principale, grigia, sottotono… qualcosa che ci permetta di darle finalmente colore.
Da una parte abbiamo Mr. Disney, intenzionato ad acquisire i diritti di Mary Poppins, dall’altra l’autrice del romanzo, Pamela Lyndon Travers, che – usando un eufemismo – si lascia pregare. Molto. La pellicola corre e ci porta ad assistere al travagliato ed affascinante processo che di fatto portò alla realizzazione del sogno di Disney, ovvero la trasposizione di Mary Poppins dalla carta al technicolor.

La vicenda va a creare una cornice, un pretesto per raccontare ed “insegnare” la grandezza e l’importanza della fantasia, dell’ambizione sana, dell’amore che ogni artista o artefice deve nutrire per la propria opera. Saliamo su una giostra, una montagna russa con tutti gli alti e bassi del caso che ci avverte: realizzare un sogno non sarà mai un’impresa facile, quelle importanti, davvero importanti, non lo sono mai.
Non c’è spacconaggine, né la maggior parte degli artifici che imbottiscono il cinema contemporaneo (commedie comprese), solo una gran bella intenzione realizzata ed esaltata da quello che non esito a definire un bel film!

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A noi ricorda…

 Kinect Disneyland Adventures: per ovvi motivi non si considera un’affinità di trama o concezione tra i due prodotti, ma si va direttamente all’anima, al nucleo degli stessi: siamo abituati (dall’infanzia) ad accogliere tutto ciò che porti il marchio Disney con la speranza in qualcosa di unico, magico… devo dire che, trascurando orpelli e tecnicismi da trattare altrove, il gioco stampato per Xbox 360 questa magia l’aveva, così come il film di Hancock, l’inconfondibile sapore nostalgico che ormai è un (apprezzatissimo) marchio di fabbrica.

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Ci aggiorniamo alla settimana prossima con la recensione di un film “commerciale” quanto atteso… 300 – L’Alba di un Impero !
Ricordo anche che – da ieri – è nelle sale Snowpiercer, pregevole sci-fi thriller cui ho dedicato tempo fa una recensione in anteprima.
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