The Banner Saga – La Recensione

The Banner Saga – La Recensione

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Nel mare di Kickstarter, una nave vichinga solca con coraggio e con onore verso l’orizzonte, portando con sé il sangue e l’oro dei ventimila utenti che, con i loro averi, hanno trasformato un semplice parto di tre fervide menti in realtà. Dopo un capitolo free-to-play (sottotitolato Factions) dai dubbi metodi, Stoic Studio, lo Snorri Sturluson texano, affila le armi con il vero fulcro del suo ambizioso piano: una maestosa epica a sfondo norreno, puramente single player, di cui questo primo atto scalfisce soltanto la superficie, agendo da superbo incipit. Squillino le trombe, che The Banner Saga abbia inizio.

Lo ameranno: chi cerca un titolo profondo, strategico ed immersivo, ma che crede che anche l’occhio voglia la sua parte
Lo odieranno: gli strateghi in cerca di campagne estenuanti e piene di statistiche da tener d’occhio
È simile a: un Final Fantasy Tactics più asciutto e crudele, norreno fino al midollo

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Titolo: The Banner Saga
Piattaforma: PC /Mac
Sviluppatore: Stoic Studio
Publisher: Versus Evil
Giocatori: 1
Online: Assente
Lingua : Completamente in inglese

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Il burbero ma sapiente Ubin scrive per ricordare meglio, voi difficilmente vi scorderete di The Banner Saga

Il burbero ma sapiente Ubin scrive per ricordare, voi difficilmente vi scorderete di The Banner Saga

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To Grofheim we walk

Totalizzare ben centomila dollari su Kickstarter non è un’impresa semplice. Ottenere sette volte l’importo che si è richiesto agli utenti e narrare storie dal sapore squisitamente norreno senza scivolare in banali cliché , è praticamente impossibile…ma non per Stoic Studios, team uscito dalla forgia da neanche un anno, composto da  pochi (ma buoni) veterani dell’industry apparsi in vari progetti targati Bioware ma pronti in passato a “sporcarsi le mani” con fumetti o persino collaborando con la NASA. Con l’ambiziosa idea di sviluppare una trilogia (successo di questo atto permettendo) a base di vichinghi che ponesse focus sulla narrazione ma non tralasciasse meccaniche ruolistico-strategiche, dallo stile artistico unico e senza traccia alcuna di elmi “cornuti” (finalmente un po’ di coerenza!, ndr), non è stato arduo raccogliere la cifra necessaria per mettersi al lavoro e tirar fuori, seppur con numerosi ritardi, il primo capitolo che ci ritroviamo qui a recensire, un piacevolissimo antipasto per quella che promette di essere una serie da tenere assolutamente d’occhio. E non solo per via di un comparto artistico in grado di giustificare l’intero prezzo del biglietto (23€ ad episodio), né per il tanto snello quanto cadenzato gameplay: è la splendida trama e il suo lento dipanarsi a lasciare il segno, evento dopo evento, scelta dopo scelta, un dipinto work in progress colorato e rifinito a quattro mani dal giocatore stesso e dal team.

Una piccola porzione della vasta mappa di gioco...che potremo visitare solo all'interno della nostra mente.

Una piccola porzione della vasta mappa di gioco…che potremo visitare solo all’interno della nostra mente.

Il terzetto di sviluppatori si rivela essere un gentilissimo deus-ex-machina che mantiene la parola data, quella cioè di offrire un’esperienza nella quale, realmente, le decisioni pesano e si pagano, oh, se si pagano. Del resto, l’intera struttura à la D&D ben si sposa con il loro intento: nel corso delle oltre 12/13 ore necessarie a portare al termine il titolo, vi verrà praticamente chiesto di immaginare qualsiasi cosa accada su schermo, con la narrazione affidata a precise e sontuose descrizioni dell’evento in corso, fin nel minimo dettaglio, con risposte multiple proposte a piè sospinto per compiere anche la più insulsa delle scelte, la quale trascinerà con sé conseguenze, lieve o pesanti, positive e negative che siano. Non è forse quello il compito di un comandante? Proprio questo è il ruolo degli svariati protagonisti che ci troveremo ad impersonare, impegnati su due versanti del vasto e curato mondo (con una mappa ricca di informazioni su ogni fiume, foresta e città) che visiteremo solo in infima parte e senza alcuna libertà di movimento, due come le razze che questa terra senza dei e senza Sole ospita.

Umani e Varl (bestioni provvisti, loro sì, di corna), dopo secoli di diffidenze e guerre, si ritrovano come improbabili alleati in una duplice impresa tutt’altro che semplice: quella di fermare, in primis, l’avanzata dei temibili Dredge, mostri antropomorfi provenienti dal Nord che, in quantità industriale, si stanno riversando sulle fredde lande ormai deserte, ma soprattutto, la fine del mondo stesso, perfettamente a suo agio nei panni di un gigantesco serpente in grado di spostare le montagne, nero come la pece, anch’esso, come gli indesiderati e battaglieri ospiti. Numerosi individui si uniranno al nostro manipolo di disperati, capeggiato da un lato dall’umano Rook, uno dei pochi in grado di tener testa ai burberi giganti, e dall’altra figure come lo storiografo Ubin, intento a tener traccia di ogni singolo evento, o il mastodontico e sprezzante Hakon, i cui seguiti andranno gestiti lungo tutta l’avventura, che si svilupperà a suon di combattimenti, dialoghi e un continuo e doloroso peregrinare.

Il più delle volte vi ritroverete a scegliere tra tre o cinque opzioni

Il più delle volte vi ritroverete a scegliere tra tre o cinque opzioni

Numerosi fattori complicheranno infatti la nostra esistenza già sufficientemente in pericolo: entrambi gli eserciti saranno costituiti da comuni cittadini, guerrieri umani e Varl al seguito, i quali necessiteranno di Viveri per il proprio sostentamento giornaliero (con il tempo scandito dal lungo camminare) e del riposo per mantenere il morale alto, ottenibili nelle città presso le quali sarà possibile far tappa. Degli splendidi scenari 2D faranno da sfondo a delle sequenze obbligatorie, durante le quali assisteremo alla scia di individui in lontananza intenti a trascinarsi a stento, tra nevi e irte montagne, per poi imbatterci negli eventi più disparati presso enormi effigi raffiguranti le divinità ormai scomparse, oppure gli accampamenti provvisori (che potremo organizzare anche noi), o in situazioni che ci verranno unicamente descritte, come imboscate, ubriaconi che appaiono dal nulla, cadaveri nella boscaglia e altre ancora, le quali ci porranno dinanzi a scelte da compiere: senza troppo spoilerare, non sarà raro ritrovarsi, ad esempio, al cospetto di un gruppo di gentilissimi guerrieri desiderosi di unirsi al plotone, salvo poi rivelarsi teppaglia in cerca di cibo e bevande, oppure scegliere di ignorare degli sconosciuti in pericolo, precludendosi però l’accesso ad un gustoso oggetto o persino ad un nuovo e potente alleato; il più delle volte la scelta sarà più prevedibile del previsto, ma non mancheranno le sorprese.

Le decisioni e le relative conseguenze, come detto, saranno davvero pesanti: dando un’occhiata agli achievement su Steam, mi sono accorto di aver respinto (senza ovviamente volerlo) dei personaggi giocanti, incontrati magari in qualche sperduta città in rovina e inconsapevolmente bollati come “superflui”, oppure mettendomeli contro per via di un ordine poco gradito, o una reiterata mancanza di rispetto. Le scelte, insomma, non si limiteranno ad offrire lievi sfumature alla trama, ma plasmeranno l’esperienza del giocatore e l’approccio ad essa stessa, rendendola un inferno, o soltanto un Purgatorio…il Paradiso scordatevelo comunque.

Durante le traversate, potrete, per davvero, gustarvi il panorama.

Durante le traversate, potrete, per davvero, gustarvi il panorama.

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Il rovescio della medaglia

Trovandoci al comando, ci verrà inoltre chiesto di gestire vere e proprie guerre (nel caso in cui il numero dei dredge sia davvero spropositato), ma anche in questo caso, attraverso semplici opzioni: affrontare direttamente più nemici, arrecherà meno perdite tra le nostre fila, mentre in ovvia superiorità numerica sarà il caso di mettere da parte qualsiasi velleità da Giulio Cesare e cercare di fuggire nella maniera più indolore possibile, escogitando un diversivo a rischio però della vita dei nostri stessi membri del party. C’è del vero e proprio sadismo alla base del gioco: vi basterà leggere una qualsiasi descrizione sul sito ufficiale per prendere atto del fatto che, inevitabilmente, qualche nostro alleato dovrà morire, neanche fossimo nella trasposizione videoludica di Game of Thrones. Il problema è che ciò potrebbe accadere proprio prima di uno scontro importante, e ritrovarsi sulla “scacchiera” in pochi, troppo pochi, potrebbe portare, non senza frustrazione, ad un’insopportabile catena di sconfitte.

"Scacchiera": mai termine fu più adatto.

“Scacchiera”: mai termine fu più adatto.

È qui che bisognerà tirar fuori materia grigia, coraggio ed astuzia: The Banner Saga, infatti, non è (del tutto) un’avventura testuale, ma ci saranno anche dei combattimenti che, nonostante la morfologia dei campi di battaglia sia piatta ed identica fino allo sfinimento (varieranno solo “cornice” e dimensione) e non siano presenti particolari fattori in grado di ribaltare gli esiti di uno scontro, come alture, pozze d’acqua o bonus speciali dovuti ad attacchi contestuali (perdonate il mio viscerale amore per Final Fantasy Tactics), ogni singolo match, complice forse la teoria del “one shot-one kill” che permea l’intero titolo e l’assenza di un save system (dovrete accontentarvi di frequenti autosalvataggi fuori dalla battaglia), fido compagno di sventure, vi garantirà palpitazioni, rabbia e goduria, in questo preciso ordine. Non essendoci un vero e proprio Game Over (salvo in pochissimi punti focali – mi è capitato un’unica volta, ndK), né tanto meno la Permadeath di titoli come Fire Emblem, non avremo modo di imbastire comodamente le nostre tattiche e magari districarci tra tentativi e reload (nel caso di mosse azzardate), ma sarà un fluire unico nel quale non c’è spazio alcuno per ripensamenti o click a casaccio, e se la sconfitta ci impedirà di raggiungere determinati luoghi e oggetti,  la vittoria porterà a ricchi premi, senza alcuna interruzione di sorta.

Tutto verte attorno a particolari ed originali scelte di design, che, senza troppi sforzi garantiscono dei combattimenti a turni sempre entusiasmanti e dall’esito mai scontato: ogni personaggio baserà la propria sopravvivenza su due specifici valori, armatura e forza (la quale corrisponde alla quantità di danno inflitto agli avversari e, al contempo, ai punti vita a disposizione), e ad ogni attacco dovremo decidere quale dei due intaccare. Ad armatura piena, il più delle volte non si andrà oltre il singolo punto danno: l’obiettivo quindi, soprattutto con i nemici più coriacei, sarà quello di ridurre tal valore a tal punto da rendere più efficaci i colpi diretti, in modo da sgretolare anche il più insormontabile degli avversari, un sistema in grado di trasformare un potenziale bagno di sangue in una vittoria di misura, donando peraltro maggior dignità agli arcieri, i cui attacchi a distanza permettono di indebolire in tutta sicurezza gli avversari, lasciando poi carta bianca ai Varl con i loro attacchi poderosi. In tal senso, si dovrà organizzare sin prima della battaglia la disposizione sulla scacchiera e l’ordine d’attacco, tenendo sempre un occhio sulla Initiative Bar che ci indicherà quale membro delle due fazioni è in turno.

Negli accampamenti, come nelle città presenti, potremo allenarci e spendere la Fama ottenuta

Negli accampamenti, come nelle città presenti, potremo allenarci e spendere la Fama ottenuta

Altre due peculiari stats dei combattenti, Willpower ed Extertion, renderanno il tutto ancor più tattico e sopraffino: con la prima, che verrà ricaricata ad ogni kill (di un punto, fino ad un massimo di cinque, da distribuire a nostro piacimento) oppure restando immobili per un turno (cosa che non accadrà con le altre tre stat, non essendoci pozioni di sorta), oltre ad ottenere delle caselle di movimento extra, sarà possibile aumentare il danno inferto, per un numero totale (fino ad un massimo di tre) dipendente direttamente dalla seconda, valore che prima di ogni altro vi ritroverete ad incrementare in fase di aumento di livello, il quale avverrà dopo un certo numero di uccisioni e a vostra discrezione, investendo la Fama ottenuta dagli scontri o dalle scelte compiute. La gestione di tale prezioso elemento e vera e propria moneta di scambio non sarà da sottovalutare, in quanto, come in ogni singola mossa dell’intero gioco, andrà maneggiato con giudizio: raggiungere il Rank più elevato di X personaggio, acquistare Y oggetto, o rimpinguare le scorte, avendo così la possibilità di camminare più giorni senza rischio di perdere membri dell’esercito? Gettarsi nella mischia ed ottenere più Fama, o darsi alla fuga, evitando possibili ed inutili perdite? È tutto nelle vostre mani.

Nonostante sia decisamente più scarno e semplificato rispetto alla norma, soprattutto per quanto concerne le meccaniche di combattimento, ogni incontro risulterà più interessante di quel che possa sembrare sulla carta, garantendo un’esperienza complessiva appagante, in particolare nei numerosi frangenti nei quali anche una schivata casuale può salvare decine di minuti di pianificazione, e l’unica frustrazione che può sopraggiungere, neanche a farlo apposta, sarà solo colpa del giocatore.

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Oltre a semplici schermate di dialogo, saranno presenti sequenze un po' più "artistiche", ma estremamente "statiche"

Oltre a semplici schermate di dialogo, saranno presenti sequenze un po’ più “artistiche”, ma estremamente “statiche”

Sotto lo strato tattico, The Banner Saga nasconde un denso sottobosco fatto di psicologia e sadismo, un’impalcatura cementificata unicamente dal comportamento di chi è al comando: come nella guerra reale, partire per una lunga campagna con pochi viveri può portare conseguenze anche dopo 4 o 5 anni, la stessa cosa può accadere in game, come accaduto al sottoscritto; dopo aver massacrato decine di truppe con facilità, mi sono ritrovato verso le ultime battute in estrema difficoltà, con scorte risicatissime ed uno scontro finale potenzialmente semplice, reso però estenuante da delle ingenuità precedenti anche di poche ore (o di giorni di gioco, per essere più precisi), cosa che mi ha costretto a ritornare ad un autosave di qualche ora prima e rivedere un bel po’ di scelte compiute fin troppo a cuor leggero. Le uniche macchie del bilanciamento risiedono, per motivi puramente narrativi, in una o due battaglie nelle quali è risultato palese l’intento di far trionfare il giocatore, ma solo per poter avanzare nella storia, con nemici che invece di disintegrare personaggi rimasti ad un solo punto vita, tergiversavano o attaccavano unicamente l’armatura, sminuendo il lavoro dei loro colleghi che invece, lungo tutta l’avventura, si sono rivelati dei fantastici avversari, grazie ad un’IA davvero sopraffina e bastarda al punto giusto.

Tra un combattimento e l’altro però, sarà davvero piacevole tirare il fiato con uno degli incantevoli paesaggi proposti dal team, cullati dalle ancestrali e severe melodie di Austin Wintory, pluripremiato ed eclettico compositore in grado di passare dal magico e deserto accompagnamento di Journey alle lande desolate di questo vero e proprio gioiello di Stoic Team con una semplicità incredibile. dando il La all’immersione completa (grazie anche a una cura maniacale per voci e rumori vari) con una costanza encomiabile. Il vostro cervello si troverà però combattuto: cuore o ragione? Ma soprattutto, orecchio oppure occhio? La sfida è davvero senza tregua, per via del magistrale art design che confeziona una dei titoli più “belli” (esteticamente parlando) in circolazione, forte di influenze provenienti dal mondo dei fumetti e dell’animazione (entrambi presenti nel curriculum delle menti dietro il progetto, e si vede!), e di una coerente quanto originale reinterpretazione del mondo norreno, dalle titaniche pietre runiche sparse un po’ ovunque, all’aspetto dei personaggi (in particolare i Varl), fino all’architettura delle sporadiche città presenti, il tutto certosinamente realizzato sin nel minimo dettaglio. Lo sfondo del funereo peregrinare dei nostri eroi sarà quasi sempre uno vero e proprio spettacolo visivo, con montagne e pianure innevate che si perdono a vista d’occhio, fitte foreste, torri e imponenti roccaforti in lontananza, senza lasciare nulla al caso, ed elementi in primo piano (come alberi, o travi nel caso di scontri al chiuso) che danno un senso prospettico estremamente piacevole. A rendere il tutto più immersivo, ci penseranno inoltre le rarissime voci presenti nelle altrettanto rare cutscenes, tutte recitate in un inglese fortemente (e volutamente) “scandinavo”, la cui comprensione è però minata dalla mancanza dei sottotitoli, e qui veniamo alle uniche due (estremamente relative, permettetemi di dirlo, ndr) note dolenti.

Ogni ecatombe renderà la vostra vittoria più saporita

Ogni ecatombe renderà la vostra vittoria più saporita

La prima riguarda la quasi totale assenza del voice over: data la mole di linee di dialogo e possibili opzioni, con decisioni in grado di portare a decine di diramazioni e fitte conversazioni tra i personaggi, solo Bioware stessa si sarebbe potuta permettere un simile lusso, e se risulta spesso scomodo dover leggere tutto (anche se su schermo, in realtà, non accade poi molto), il doversi perdere nella moltitudine di frasi e parole non fa che aumentare ulteriormente, a mio parere, l‘immersione. La seconda sta invece nella mancata localizzazione: anche in questo caso un problema di mero budget (come la questione precedente), un elemento che potrebbe però precludere l’accesso ai tanti giocatori “non anglofoni” che popolano i PC di mezzo mondo. Personalmente, da laureando in lingue, non ho incontrato alcuna difficoltà nella comprensione della superba trama e nelle sue mille sfumature, ma il registro linguistico decisamente più elevato ed impostato rispetto alla media, mi spinge ad avvisare chiunque fosse intenzionato ad approcciarsi al titolo: stiamo parlando sì di uno strategico/lievemente ruolistico, ma per via del focus riposto nella narrazione, stare a cercare il significato di una parola sul dizionario ogni 5 che se ne leggono può spezzare, e di molto, l’atmosfera. Ho provveduto comunque a contattare il team di PR che si è occupato del titolo a riguardo, in quanto sulla pagina Kickstarter del progetto si parlava di una possibile localizzazione per il mercato nipponico e quello europeo, e se la questione è al momento al vaglio, non ci sono informazioni certe su di una possibile versione italiana. Ci hanno assicurato di aggiornarci quanto prima sulla cosa, quindi nel caso questo titolo vi abbia incuriosito, vi invitiamo caldamente a restare aggiornati su queste frequenze!

Winter has come.

Winter has come.

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In conclusione…

Nel mare di progetti nati (e spesso morti) su Kickstarter, The Banner Saga, come i suoi protagonisti, cuce in maniera sopraffina il suo nome sul più pregiato degli stendardi, impartendo lezioni di arte, stile e gameplay con una classe davvero fuori dal comune. Da titolo promettente quale era, il piccolo ma ambizioso team texano ha tirato fuori una gemma il cui unico vero problema risiede nel suo essere soltanto parte di un disegno più grande, una cronaca della fine del mondo che ha tutte le basi per rivelarsi epica e memorabile e che porta chiunque stazioni nella sua orbita a volerne di più.

Il gameplay più asciutto e scarno della concorrenza, ma non per questo meno appagante, il comparto sia audio che video di prim’ordine, la trama intensa e splendidamente narrata a suon di fitti dialoghi, e plasmata da un gran numero di “piccole” ma significative (e numerose) decisioni che il giocatore, come un condottiero che si rispetti, si trova a dover compiere, con conseguenze da scontare lungo tutta l’avventura. La potenziale frustrazione nella quale ci si rischia di incappare è solo lo scotto da pagare per più di una scelta fatta con leggerezza, in un titolo da gustare con freddezza e ragionamento, senza il porto franco dei salvataggi rapidi, la cui unica barriera è una possente muraglia di dialoghi in inglese che, per chi ha una più che buona dimestichezza con la lingua, o è in cerca di un valido titolo strategico dalle venature ruolistiche e non ha paura di sforzarsi più del solito, potrà essere abbattuta con la stessa nonchalance del più forzuto dei Varl.

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Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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