The Unfinished Swan – La Recensione

The Unfinished Swan – La Recensione

Lo ameranno: gli amanti delle sperimentazioni videoludiche
Lo odieranno: i nemici delle fiabe
E’ simile a: un incrocio tra un FPS, un test di Rorschach e un’incantevole storia

Titolo: The Unfinished Swan
Piattaforma: PlayStation 3 (PSN)
Sviluppatore: Giant Sparrow
Publisher: Sony
Giocatori: 1
Lingua: Italiano 

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La misteriosa città teatro delle nostre avventure

L’attuale generazione di console, sempre più vicina al fotofinish, verrà ricordata per tanti elementi negativi: DLC, bug irrisolvibili, pass per il gioco online e in molti casi il gioco online stesso, orpello ormai considerato imprescindibile, in grado di bruciare preziosi fondi per la pur sempre fondamentale, e bistrattata, campagna in singolo. Fortunatamente ci son anche cose positive e forse una delle più piacevoli è la “rivincita dei nerds”, degli sviluppatori indipendenti, dei ragazzacci vestiti da skater, più che da dottoroni in giacca e cravatta.

L’intero panorama videoludico è ormai folgorato dal successo di Kickstarter, che ha dimostrato come non serva necessariamente un publisher alle spalle per produrre un videogame (buono o brutto che sia), anche se a chiedere dei fondi sono team che fino all’altro ieri non muovevano un dito se non si trattava di titoli AAA o giù di lì. C’è poi però un altro fenomeno, che potrei definire “semi-indie”: piccolissime software house, quasi a gestione famigliare, sui cui puntano i titani. Questo è certamente il caso di Giant Sparrow: team giovanissimo al debutto ma già “catturato” da Sony, pronta a concretizzare le loro folli idee e proseguire così la sua opera di mecenatismo verso titoli assolutamente originali e fuori dal comune.

Quest’immagine sembra tratta da un qualche vecchio film di E.E. Merhige

The Unfinished Swan è…semplice. E’ assurdo. E’ profondo. E’ quel pugno allo stomaco che ti spinge a dire “Ma cosa devo farci con una GeForce X666-Turbo Plus?” quando basta un concentrato di minimalismo, emozioni ed un’atmosfera fanciullesca in grado di rapire ed imprigionare, per davvero, in un altro mondo? I bambini sono il cardine di questo titolo: bambino è il protagonista, Monroe, al centro di una storia triste ma cosparsa di magia, breve come la metamorfosi di un bruco in una farfalla ma di uguale intensità. Bambino è ciò in cui verrà trasformato il giocatore: è infatti una nuova condizione, non è un “ritorno” all’infanzia, nella mia infanzia non potevo imbrattare i muri. Il nostro piccolo eroe invece, dovrà farlo per la sua sopravvivenza.

All’inizio vi sembrerà di trovarvi in una sorta di test di Rorschach interattivo: il nulla cosmico. Bianco, candido bianco ovunque. Toccando il pad (o, meglio ancora il Move, decisamente più comodo e divertente da usare in quest’occasione) per cercare di capire dove vi troviate, inizierete a premere quasi certamente la classica X (che vi permetterà di saltare) e i tasti dorsali. Una piccola sfera nera verrà “sparata” ed una macchia d’inchiostro imbratterà quello che si rivelerà essere un pavimento. Siamo soli, in una dimensione parallela, privati di qualsiasi senso, tranne il “sesto”, l’unico in grado di lasciarci addentrare nello strambo mondo di Unfinished Swan e di farci uscire indenni dallo stesso. Continuando a tappezzare le superfici intorno a noi d’inchiostro riusciremo a comprendere vagamente in che luogo ci troviamo, delineando pian piano i contorni e vedendo, se non la luce in fondo al tunnel, quanto meno uno spigolo che ci permetta di superare dei muri apparentemente invalicabili e proseguire il nostro peregrinare.

Follow the white rabb….ehm, the unfinished swan.

In ognuno dei 4 capitoli, questo particolare gameplay verrà applicato in vari modi, con l’inchiostro nero o con bolle d’acqua che solo temporaneamente rimarranno sulla superficie colpita, mentre in più di un’occasione ci saranno interruttori da attivare “bombardandoli” da lontano, o visionarie (quanto, purtroppo, brevissime) sezioni in cui dovremo improvvisarci “ingegneri dell’oblio” (capirete a cosa mi riferisco quando vi ci troverete immersi!). In alcuni livelli faranno la loro comparsa delle ombreggiature e dettagli sempre più nitidi e distinti, elementi legati alla buffa ed infantile trama, la quale dona ulteriori connotati da fiaba all’intero titolo grazie al suo essere tanto originale quanto semplice e coinvolgente, in cui un Re dalle potenti velleità artistiche stravolgerà le abitudini dei suoi sudditi a suon di vernice, pennello ed effetti prospettici. Elementi tipici dei puzzle game e dei platform faranno la loro comparsa, durante la nostra affannosa ricerca del cigno incompiuto (citato nel titolo), le cui impronte saranno spesso gli unici appigli visivi su cui affidare il nostro precario orientamento, così come strane suppellettili dorate legate a statue o a palazzi (come i baffi del Re, corone, ma anche maniglie, scale ed altro ancora).

Le rampicanti, uno dei pochi elementi colorati, utili per superare alcune zone

Tra salti assai pericolosi (ma tranquilli, non c’è Game Over, al massimo tornerete a qualche secondo prima della vostra “morte apparente”) e rampicanti da nutrire e far crescere per superare specifiche sezioni (forse davvero l’unico neo del titolo lo si riscontra proprio in alcune di queste sequenze, le quali risulteranno frustranti per via di una telecamera non precisissima), anche il vostro spirito avventuriero verrà messo a dura prova, così come la vostra materia grigia in divertenti puzzle ambientali. Degli accessori extra da sbloccare conquistando i palloncini disseminati nei livelli doneranno un ulteriore tocco di varietà, come un radar che vi aiuterà a trovarli, un idrante (utile per spararne in quantità industriale) o il Fermatempo, che vi permetterà di paralizzare le bolle lanciate, per poi rilasciarle a nostro piacimento. Ad impreziosire l’intero titolo, invece, ci pensano chicche sparse qua e là, come una raffinatissima easter egg (che verrà apprezzata dagli amanti di un particolare titolo anch’esso “foraggiato” dal colosso nipponico), insieme all’incredibile atmosfera di cui è permeato, col silenzio che regna sovrano nelle desolanti location; un silenzio smorzato, oltre che dalla splendida colonna sonora, quasi unicamente dalla voce del piccolo Monroe, i cui sforzi prendono suono similmente a quanto ascoltato nell’immortale capolavoro ICO, uno dei capostipiti dell’avanguardia videoludica, il quale condivide con Unfinished Swan un fanciullo come protagonista, immerso in situazioni ben più grandi di lui. Come detto però, non potremo “morire” ufficialmente: potremo al massimo cadere in acqua (cosa che ci riporterà al momento precedente del “tuffo”, voluto o meno), mentre in alcuni livelli ci saranno dei nemici che non potranno però essere sconfitti: essi appariranno infatti in alcune zone buie, in cui ci basterà stare sotto un fascio di luce per sopravvivere, pena un morte rapidissima quanto dolorosa.

In conclusione…

Unfinished Swan è quel gioco che non ti aspetti. Come Journey (per citare un’altra piccola gemma recensita su queste pagine), dovrete ancora una volta fare i conti con un prezzo, seppur contenuto (12,99 €), comunque superiore alla media dei titoli “arcade” di cui pullulano le piattaforme online di PS3 e Xbox 360 e con una longevità davvero molto bassa (salvo intoppi siamo sulle 3-4 ore, qualcosina in più se ci perderemo ad ammirare gli incredibili luoghi in cui ci troveremo, o vorremo trovare tutti i palloncini) ma che, come raramente accade, permette al gioco di non scadere nella noia e anzi, ne aumenta l’intensità. Un gameplay semplice ma appagante, una trama fiabesca quanto emozionale e una visione artistica fuori dal comune ci offre un titolo frutto di pura genialità, che arricchisce il palmarès di Sony nel campo della produzione di stampo indipendente con l’ennesima freccia nella propria faretra (essendo un’esclusiva PS3) di gemme videoludiche in grado di ammaliare i gamers assetati di nuove esperienze.  Per quanto non possa essere considerato “seminale” quanto altri illustri “colleghi”, la speranza è che questo sia solo il primo esperimento di Giant Sparrow e che il giovanissimo team sia pronto a regalarci nuove perle in futuro. Fuori dal comune, ricco di emozioni, semplice ma efficace, privo di longevità e adrenalina ma in grado di far tornare bambini, almeno per un po’, i burberi giocatori stufi delle sensazioni di plastica provocate dalla stragrande maggioranza delle produzioni odierne.

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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