Silent Hill: Downpour – La Recensione

Silent Hill: Downpour – La Recensione

Da oramai 13 anni le nebbiose lande della collina silente turbano i nostri sogni rendendoci di volta in volta protagonisti di incubi, paure, drammi interiori, tensioni e nevrosi di uomini comuni alle prese con eventi al limite del sovrannaturale.

Appunto l’umanità di questi personaggi è stata la chiave di successo di questa fortunatissima saga, una  umanità che da sempre ci travolge come un fiume in piena trasportandoci e spingendoci a vivere in prima persona le loro turbe e la ricerca della soluzione ad esse in quella che sembra essere un calderone di terrore e perdizione, ove le storie di migliaia di uomini si incrociano, in un terreno a metà tra il verosimile e l’inconscio, dove gli incubi peggiori si fondono ad una realtà che poi tanto migliore non sembra essere.

Ci troveremo dunque costretti a varcare la soglia della città silente… saranno le nostre paure all’altezza delle precedenti?

Lo Ameranno: Gli appassionati di Survival Horror psicologici e dei “mindgames”

Lo Odieranno: I fan accaniti di Resident Evil, gli amanti degli Hack and Slash.

E’ Simile a: Silent Hill 2-3, Obscure (il primo)

Titolo: Silent Hill: Downpour

Piattaforma: Xbox 360, Playstation 3

Sviluppatore: Vatra

Publisher: Konami

Giocatori: 1

Multiplayer: Non presente

Lingua: Inglese (Parlato), Italiano (Testi)

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Il primo Silent Hill, uscito per l’allora neonata Playstation nel lontano 1999, rappresentò una vera rivoluzione nel mondo del gaming: dotato di un gameplay semplice ed immediato, di un comparto tecnico di tutto rispetto per l’epoca e, non ultimo, di una trama a dir poco sublime, fece breccia in un mercato che mai aveva visto giochi con temi così maturi affacciarsi nella dimensione dell’home entertainment. Raccontando le tribolazioni di un padre di famiglia alla ricerca della propria figlia adottiva ci trascinò, in un vortice di eventi a metà strada tra il reale e l’inconscio, aggiungendo alla storyline una profondità di narrazione inedita per il periodo, in un viaggio attraverso le sofferenze ed i timori di un personaggio umano, troppo umano per essere solo un insieme di poligoni e textures. Il secondo ed il terzo episodio (recentemente rilasciati in una superba incarnazione in alta definizione) aggiunsero ulteriore carne al fuoco toccando, in particolar modo il primo dei due, picchi di eccellenza videoludica e di lirismo narrativo che resero assolutamente insufficiente la definizione di videogioco per descriverli. Dal quarto episodio in poi iniziò una parentesi qualitativa altalenante (tutt’ora aperta NdDix@n) che vide alternarsi titoli dall’indubbio spessore (Silent Hill 4: The Room, Silent Hill: Origins e Silent Hill: Shattered Memories) ad altri, come l’orrendo (e non orrorifico) Homecoming.

Con queste premesse ci avviciniamo all’ottavo episodio di questa serie amata, idolatrata e, ahinoi, molto controversa.

Murphy Pendleton: ecco a voi il protagonista di questo ennesimo tour nella Città Silente...

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STORYBOARD

“Quivi si va per la città Silente,
ov’è la dannata gente…” 

Cosa ci farà mai un postino nel bel mezzo di Silent Hill?

In Silent Hill Downpour vestiamo i panni di Murphy Pendleton, detenuto da svariati anni che, una volta sul bus che lo trasporterà in un istituto penitenziario di massima sicurezza, coinvolto in un incidente stradale si ritroverà a vagare per i boschi alla ricerca di riparo e di una eventuale fuga dai suoi carcerieri. Nulla è però come dovrebbe essere: il bosco infatti altro non è che la porta di accesso ad una pericolosa quanto misteriosa zona: Silent Hill entrerà di prepotenza nella vita di questo detenuto sconvolgendolo e portandolo a confrontarsi con tutte le sue paure interiori.

Cosa ci faceva in carcere? Quale oscuro segreto si nasconde nel suo passato e soprattutto… perchè un postino lo insegue e precede in ogni punto di Silent Hill? In un tripudio di citazioni, più o meno velate, dei primi fortunati episodi di questa serie ci troveremo, per l’ennesima volta, a scavare nella psiche di un personaggio per venire a capo della sua intricata storia personale, in un misto di senso di colpevolezza e voglia di redenzione che lo accompagnerà, come viatico verso la salvezza o la dannazione, fino alla fine della sua avventura.

Ed ecco a voi una screamer in tutta la sua bell... ahem... belligeranza!!!

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 GAMEPLAY

Benvenuti a SIlent Hill...avete fatto testamento si?

Il sistema di controllo, essendo Silent Hill: Downpour programmato utilizzando l’onnipresente Unreal Engine, vede lo stick analogico sinistro demandato ai movimenti di Murphy e quello destro alla rotazione della telecamera per meglio poter fronteggiare eventuali nemici nei paraggi. Alla croce direzionale è assegnato il compito di farci accedere all’inventario o di utilizzare, secondo sapienti shortcuts, oggetti di frequente utilizzo come armi da fuoco, kit di pronto soccorso o altri gadget che troveremo nel corso della nostra peregrinazione nella città silente. Il pulsante A ci permetterà di interagire con l’ambiente circostante, il tasto X verrà utilizzato per sferrare gli attacchi, Y per parare e B per scartare l’oggetto o l’arma equipaggiata in quel momento. Mediante la pressione del tasto RB Murphy aumenterà la sua velocità di movimento, correndo per evitare nemici, il grilletto sinistro (LT) permetterà di selezionare ed entrare in “Lock” con uno dei nostri oppositori e quello destro (RT) ci darà la possibilità di scagliare un’arma contro un nemico.

Ho come l'impressione che questa creatura mi farà male... tanto male!!!

Già da queste poche righe si desume l’attitudine tipicamente action dell’ennesima incarnazione di questo popolare franchise: i fan di vecchia data staranno sicuramente tremando al solo pensiero di trovarsi davanti ad un clone di Silent Hill: Homecoming, gioco in cui la vocazione esplorativa dei passati capitoli fu sacrificata in favore di un approccio follemente action che andò a snaturare in modo inconcepibile le meccaniche di gameplay cui fino ad allora erano stati abituati. Fortunatamente non è questo il caso: il team Vatra, memore dei feedback ricevuti dalla fanbase, ha saputo creare una meccanica ibrida combattimento-esplorazione più affine ad un survival horror psicologico qual’è Silent Hill.  Sfortunatamente però l’adozione dell’Unreal Engine ha portato si evidenti miglioramenti grafici ma, ahinoi, a causa di una pessima ottimizzazione delle meccaniche di ingaggio, ad una imprecisa e confusionaria gestione delle fasi di combattimento grazie alla quale è possibile subire colpi pure essendo in fase di parata e in lock con l’avversario di turno. Le fasi di combattimento non risultano mai avvincenti a causa di una meccanica ripetitività delle tecniche di ingaggio da parte dei nemici e anche a causa di una scarsezza degli stessi: basti pensare che in tutto il gioco ci sono solitamente cinque (si…avete capito bene…CINQUE) tipologie di avversari; una volta apprese le movenze degli stessi sarà praticamente impossibile morire anche a livello difficile (cui ho finito il gioco sin dal primo playthrough). Discorso differente vale per le due (si…solo due NdDix@n) bossfight presenti in tutto il gioco: questi due soggetti ci daranno molto filo da torcere e la schermata GAME OVER scorrerà molto più spesso del previsto! Ad aggiungere pepe a questa componente giunge la deteriorabilità delle armi: dopo un determinato numero di colpi un bastone, un martello o un piccone andrà in frantumi lasciandoci alla mercè del nostro nemico di turno e con l’ansia di procurarci, quanto prima, un’altro mezzo di uccisione di massa tra quelli copiosamente disponibili sulla mappa di gioco. Well done!!!

L'Unreal Engine si mostra in tutta la sua bellezza... o quasi... "-.-

Per quel che riguarda la fase esplorativa il gioco si allinea ai primi episodi della serie innestando su di una solida base qualche novità che risulta essere però ininfluente ai fini del gameplay, indirizzando la storia verso finali differenti (ne ho contati 5 in tutto… NdDix@n): è questo il caso delle scelte morali. Durante l’avventura incontreremo svariati personaggi con cui potremo interagire aumentando la nostra reputazione o cadendo nell’abisso della perdizione: è un peccato però che tali decisioni non vadano ad intaccare minimamente la rigida linearità della storyline. Altra novità riguarda la concezione “pseudo-Open World” della città di Silent Hill: a spezzare una monotonia dell’impianto di gioco che altrimenti avrebbe lasciato stecchito anche il più accanito dei fans giunge l’inserimento di una serie di missioni opzionali attivabili visitando determinati luoghi o raccogliendo oggetti specifici nelle locations che volta dopo volta visiteremo. Una gradevole aggiunta che però vedo come un bieco tentativo di allungare un brodo tra l’altro mal preparato.

Ecco il temibile OtherWorld: Pronti? Partenza..... VIA!!!

L’essenza stessa di Silenti Hill, l’Otherworld, fucina delle tensioni latenti all’interno di tutti coloro che entrano nella città silente, crogiuolo dei terrori inconsci degli avventori viene qui snaturato, in nome di un dinamismo cui tutto il gioco parrebbe improntato, ad un luogo da cui fuggire senza soluzione di continuità. Dal punto di vista del gameplay si tratterebbe anche di una divertente situazione ma, chiamandosi il gioco Silent Hill, non è concepibile ne ammissibile che uno degli elementi fondanti di questa agghiacciante cittadina sia stato ridotto ad una pista per centometristi invasati.

In piena tradizione Silent Hill ci troveremo davanti ad una serie di enigmi più o meno difficili a seconda del livello di difficoltà selezionato all’inizio del gioco: anche qui si nota una cronica mancanza di ispirazione del team Vatra. I riddles, per quanto ben realizzati, vengono ripetuti sine die all’interno del gioco risultando, alla fine, più una mera operazione matematica che non una reale sfida per le meningi.

Occhio che ti faccio un terzo buco in fronte... (Cit.)

Come precedentemente detto questo ennesimo viaggio a Silent Hill ci porterà in contatto con svariati comprimari, anche ben caratterizzati ma relegati, per qualche oscuro motivo, in un angolo del costrutto narrativo, svilendo personaggi evocativi e di impatto come Howard Blackwood (il postino, una delle figure più carismatiche di tutto il gioco) ed Anne-Marie Cunningham, guardia carceraria stranamente ossessionata dalla figura di Murphy: quello che manca a questo Silent Hill è la caratteristica introspezione che da sempre è stato marchio distintivo della serie e che tanto è riuscita a coinvolgere i fans nel corso degli anni. Davvero un peccato Vatra. Con queste premesse, pur essendo il gioco dotato di ben 5 finali alternativi, difficilmente i giocatori decideranno di fare un secondo playthrough: fattore rigiocabilità pari a zero!

L'Unreal Engine fa la sua (s)porca figura...

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GRAPHIC & SOUND

Silent Hill: Downpour è il primo episodio della serie programmato sfruttando l’Unreal Engine, il motore delle meraviglie che tante soddisfazioni ci ha dato con i vari Mass Effect e Gears Of War. 

Sfortunatamente, nonostante la duttilità del motore in oggetto, non ci troviamo al cospetto, rispettivamente ne della Bioware ne della Epic… e i risultati si vedono… purtroppo aggiungerei: ad una qualità grafica tutto sommato accettabile si contrappone una ottimizzazione del codice praticamente nulla. Anche in situazioni di schermo non affollato il motore grafico tentenna sensibilmente lasciando dietro se morti e feriti sotto forma di scatti e di freeze temporanei del gioco. Altro glitch grafico riguarda la nebbia volumetrica, fiore all’occhiello dell’Unreal Engine che lascia, una sorta di scia indirizzando la telecamera dal basso verso l’alto. I modelli grafici dei personaggi principali e dei boss sono ben realizzati: stucchevoli invece risultano i modelli poligonali dei personaggi secondari realizzati in modo approssimativo e tutt’altro che soddisfacente.

Riguardo le musiche, pur non potendo più fregiarsi della collaborazione di quel genio rispondente al nome di Akira Yamaoka, il comparto musicale di Silent Hill: Downpour risulta ben orchestrato garantendo un giusto livello di suspance nei momenti clou della narrazione. Da notare svariati riferimenti alla ost del secondo episodio mediante citazioni remixate da un dj che incontrerete nel corso del gioco. Well Done!

Ed ecco a voi uno dei tanti personaggi negligentemente trascurati...

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IN CONCLUSIONE

Silent Hill: Downpour rappresenta una ottima occasione, persa però nel peggiore dei modi. 

Una atmosfera orrorifica favolosa e di effetto cui si unisce una colonna sonora più che buona viene rovinata da una generale imperizia nella gestione delle basilari caratteristiche di un videogame: la passione del Team Vatra per il mondo di Silent Hill, passione che traspare da alcuni alti momenti di lirismo narrativo, non basta a sopperire croniche mancanze strutturali nel team.

Una labile (se non nulla) ottimizzazione del codice unita ad una trama solo accennata (e sfociante nella banalità più assoluta) ed a un combat system a dir poco approssimativo relegano questo gioco nel limbo della mediocrità: di certo non il peggior Silent Hill (quel titolo spetta di diritto ad Homecoming) ma una esperienza consigliata solo agli aficionados della serie.

Se cercate una esperienza realmente terrificante e ben realizzata volgete le vostre attenzioni verso la Silent Hill Hd Collection, altresì… passate oltre.

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Secondo Parere by Lorenzo “Daeran Angelfire” Frascaroli

La decisione di Konami di scegliere lo studio Vatra invece di Climax (responsabili dei due -stupendi aggiungerei- Silent Hill Origins e Shattered Memories) ci porta a giocare un titolo molto controverso.

Da una parte si può vedere la passione per il buon horror vecchia scuola, coronato da situazioni inquietanti, spaventi da salto sulla poltrona, e misteri intriganti. Dall’altra l’inesperienza della Software House ci mostra una giocabilità spesso frustrante, dei combattimenti imperfetti, e una trama altalenante. In definitiva il gioco merita sicuramente di essere giocato; molte spanne sopra l’orrendo Homecoming, mai ai livelli dei primi tre episodi, ma che in molte parti ci fà finalmente rivivere l’atmosfera malinconica della serie.

È un peccato per le varie imperfezioni presenti: questo Downpour avrebbe potuto entrare nel limbo dei Survival Horror di qualità, con musiche stupende e angoscianti e molti riferimenti agli episodi storici. L’esperienza di gioco è stata comunque soddisfacente, appassionante e un risultato sarà assicurato: incubi, come mai ne avete avuti.

L'Atari 2600 gli aprì una nuova prospettiva di vita; il PC, sin dagli arbori, fu la sua casa natale: dal 2008 è disperso nella wasteland alla ricerca di bamboline della Vault-Tec...

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