Journey – La Recensione

Journey – La Recensione

Lo ameranno: chi cerca la poesia nei pixels

Lo odieranno: chi ferisce più con la spada che con la penna (o la tastiera)

E’ simile a: quello splendido sogno dal quale ci si sveglia troppo presto

Titolo: Journey

Piattaforma: PlayStation 3 (PSN)

Sviluppatore: Thatgamecompany

Publisher: Sony

Giocatori: 1-2 (Coop)

Lingua: Italiano

Premessa: Journey è corto, cortissimo.

E’ uno dei titoli più brevi che mi sia mai capitato di portare a termine, e per breve intendo al di sotto delle 3 ore. Non ricordo però di aver mai provato un tale concentrato di emozioni e contatti col mondo onirico con giochi anche da oltre 100 ore di longevità. Se reputate un oltraggio spendere 12,99 € per un titolo dalla durata così breve, per un gioco assolutamente non convenzionale e senza granate da lanciare, ricordate pure quanto vi è costato il biglietto dell’ultimo museo in cui siete stati e per quanti brevi minuti vi siete fermati a guardare le opere d’arte contenute al suo interno, e se questo preambolo non vi ha convinto, potete anche terminare la lettura.

Thatgamecompany è uno di quei team avulsi dalle meccaniche del business, protetto dall’ala benevola di Sony e dei Santa Monica Studios, composto da dei cyber-bohemien che con soli 4 piccoli capolavori sono riusciti a colpire il cuore di giocatori da tutto il mondo, tanto i casual quanto gli hardcore gamers più scafati. Flower in particolare, con il suo stile unico, ma l’ultimo, dal recente debutto (è uscito il 7 Marzo per gli utenti PlayStation Plus e sarà disponibile per tutti dal 15 Marzo), Journey, riesce a trascendere il concetto di “videogame”, accartocciando con autorevole noncuranza anni di “comandamenti” e leggi non scritte, seguite a menadito da accademici e visionari, indistintamente.

Ricordate il detto “Non è la meta che conta, ma il viaggio”? Ebbene, il “journey” che ci troveremo ad affrontare è l’anima dell’intero titolo, un peregrinare per deserti, mari e montagne, senza una barra di salute di cui preoccuparci, combo da affilare, inventari da gestire, o pizzose quest da portare a termine. Basterà premere Start e ritrovarci nel deserto, sperduti, spaesati, confortati unicamente da punti neri tra le dune di sabbia cristallina che si riveleranno le nostre Stelle Polari: non avremo mappe o indicatori da seguire, solo il nostro istinto ci permetterà di andare avanti. Lo scarno tutorial ci mostrerà le poche e fondamentali azioni da svolgere, mentre il contatto con degli strani talismani fluttuanti ci lascerà intendere che anche un semplicissimo gesto come può essere un “salto”, è limitato, utile e preziosissimo. Solo “ricaricando” la nostra sciarpa potremo infatti spiccare un balzo, che accorcerà i nostri numerosi passi e ci permetterà di raggiungere glifi, muri “occulti” e pietre miliari, accompagnate da visioni e strane figure che, senza bisogno di parola alcuna, ci sveleranno il nostro destino.

Tramite il tasto O riprodurremo dei suoni e dei simboli, rilasciando una sorta di aura bianca, utile per scovare dei dipinti, vie di mezzo tra pitture rupestri e silhouette aliene, ma non solo: oltre a dar vita alle già citate pietre miliari, durante il nostro Viaggio, se connessi alla rete, ci troveremo, casualmente, dei compagni viandanti, con i quali potremo comunicare tramite queste auree “musicali” (i cui suoni produrranno note differenti e intonate tra loro). A contatto con essi, potremo ricaricare la sciarpa, così come scoprire insieme una modo per proseguire nell’avventura (ci salveremo la pelle a vicenda in più di un’occasione), e vi assicuro che, nei momenti in cui il compagno era offline o non era riuscito a stare al mio passo,  non vederlo più sullo schermo mi ha provocato una tristezza unica, ormai affezionato a quell’anonima figura che svolazzava liberamente, nonostante venisse subito rimpiazzato da qualche altro giocatore casuale, il cui nome verrà svelato unicamente al termine del viaggio.

La tristezza della separazione è bilanciata dalla pace del deserto, o dalla protezione generata dal contatto con le ataviche figure che ci appariranno sugli altari che troveremo, ma un costante senso di paranoia, desolazione e solitudine, ci accompagneranno lungo tutto il viaggio: perché ci troviamo lì? Torneremo mai a casa? Che fine faremo? Chi era quella figura dalle nostre stesse sembianze? Perché dobbiamo raggiungere quella montagna? Un turbine di forti emozioni accompagnate da musiche sublimi, atmosferiche e pacifiche, ma anche nervose ed asfissianti, lo stesso passo del nostro viandante verrà influenzato dalla sua/nostra condizione psico-fisica. Un viandante splendidamente realizzato, e con esso tutto il mondo che ci circonda: uno stile semplicissimo, coloratissimi disegni danzanti, un tuareg rosso e stilizzato che lascia una scia nella sabbia magmatica, la quale sembra inghiottirci da un momento all’altro. Colori surreali alternati a tramonti accecanti e ombre realmente in grado di ottenebrare rocce e dune, paesaggi mozzafiato che rendono Journey ancor di più un piacevole sogno.

Brevissimo ma estremamente intenso, ricchissimo di emozioni e di brillanti “enigmi”, giocabilità semplicissima ma estremamente efficace, tumultuosamente splendido, un delitto perderselo. Thatgamecompany, ce l’hai fatta di nuovo, ci hai fatto attendere tanto, troppo tempo, ma per una sublime ragione. Magico.

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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