Soul Calibur V – La Recensione

Soul Calibur V

 Uno dei più grandi meriti attribuibili a questa generazione videoludica è senz’altro quello di aver lanciato nell’olimpo degli e-sports un vastissimo numero di generi competitivi prima d’ora impensabili su console. Sarà merito del Mass Marketing o dei rinnovati servizi online a disposizione, fatto sta che un tempo pensare di giocare a First Person Shooter o Beat Em Up con un banale pad, era semplice utopia. Ed è proprio in questo solco generazionale fatto di blasonatissimi sparatutto e redivivi picchiaduro che va a collocarsi il nuovissimo capitolo di una delle saghe picchiaduro più apprezzate di sempre. Soul Calibur arriva oggi al suo sesto capitolo (forse non tutti sanno che prima di Soul Calibur vi era Soul Blade), desideroso tanto di rivalsa su un quarto capitolo sicuramente non al top, quanto di lanciare il guanto della sfida ai numerosi concorrenti 2D che si sono affacciati sulla scena di recente.

Lo ameranno: gli assidui del gioco online e della competizione

Lo odieranno: chiunque sia alla ricerca di una sfida lunga e articolata da affrontare in solitario

È simile a:  Soul calibur II

Titolo: Soul Calibur V

Piattaforma: Xbox 360/ PS3

Sviluppatore: Project Soul

Publisher: Namco Bandai

Giocatori: 1-2 Offline, 2-6 Online

Lingua : Italiano

Una storia di anime e spade

Desiderosi di effettuare un rilancio in grande stile, Project Soul e Namco hanno ben pensato di rinnovare Soul Calibur sia sul fronte ludico che su quello narrativo. Partendo da quest’ultimo, la particolarità che salta subito all’occhio è la scelta di trasportare il gioco ben 17 anni dopo gli eventi narrati nel precedente capitolo. Da sempre rinomata per la forte presenza scenica dei lottatori e per un comparto narrativo tale da far impallidire la maggior parte degli RPG di stampo orientale, Soul Calibur 5 vede ridimensionato drasticamente quest’aspetto, proponendo uno Story Mode talmente esile, tale da tagliar fuori più della metà del cast che abbiamo imparato ad amare in questi anni. Protagonista indiscusso delle vicende è  Patroklos Alexander, figlio di quella Sophitia Alexandra che ogni fan dovrebbe conoscere fin troppo bene. Senza neanche troppa fantasia, l’impavido paladino assetato di giustizia sarà chiamato a girovagare l’Europa in lungo e in largo alla ricerca della scomparsa sorella Pyrrha, rapita in giovane età dall’enigmatica Tira e destinata a divenire il prossimo “host” della celebre lama demoniaca, la Soul Edge. Se le premesse possono apparire tanto blande quanto già viste, la progressione  risulta  anche peggio. Alternando statiche sequenze disegnate e splendidi (seppur pochi) filmati in CG, la storia narrata appare decisamente forzata e poco credibile, la cui  pecca più grave è rappresentata dall’assoluta decontestualizzazione degli scontri. Abituati come eravamo a combattere in condizione estreme (avvelenamento, armi depotenziate, pareti esplosive, scontri sul ghiaccio ecc), la continua successione di semplici combattimenti privi di mordente e qualsiasi variante non può che portare presto alla noia, aggravato persino dalla quasi totale impossibilità di poter impersonare diversi personaggi (salvo due eccezioni). Fortunatamente, tale strazio dura soltanto 20 capitoli e il tutto può essere tranquillamente archiviato in un pomeriggio. E Poi? Poi nulla, vista anche l’assenza di una qualsivoglia intro o epilogo dei lottatori nella modalità Arcade. Un vero peccato se si pensa al carisma in grado di suscitare a prima vista le New Entries come Z.W.E.I. o Viola ridotti a semplici macchiette da sfondo.

Dopo aver finito lo story mode avrete ancora tantissimi interrogativi, tra cui il più grande "perchè Patroklos? perchè non è stato possibile utilizzare qualcun'altro?"

 

Il tempo fugge e non s’ arresta un’ ora

Superato il deludente impatto iniziale con lo Story Mode, il passo successivo è quello di dedicarsi all’allenamento attraverso l’apposita opzione, la Battaglia rapida, l’Arcade e la sua variante Anime Leggendarie (caratterizzata da un livello di difficoltà proibitivo). Fortunatamente da qui in poi le cose iniziano a migliorare. Una volta selezionata una delle suddette modalità, il gioco ci accoglie con una schermata di selezione del personaggio molto accattivante anche se aguzzando bene la vista è possibile osservare come il tempo non sia stato clemente con tutti i lottatori che avevamo imparato a conosere. Tornano gli iconici Nightmare, Siegfried, Mitsurugi, Voldo e Ivy, ma spariscono volti altrettanto importanti come Kilik, Taki e Xiangua, il cui retaggio, fortunatamente, non è andato completamente perduto. Desiderosi di cambiamento ma senza per questo penalizzare tutti quei giocatori cresciuti padroneggiando lo stile dei loro beniamini, Project Soul ha deciso di passare il testimone ai giovani Xiba, Natsu e Leixia, in tutto e per tutto successori dei sopracitati condottieri, in grado di raccogliere l’eredità degli illustri maestri e concedersi pure qualche novità per quanto riguarda l’esecuzione delle mosse. Per rimediare invece a quelle assenze rimaste ingiustificate (Taki, Yun Seong e Rock) arrivano in soccorso personaggi dagli stili totalmente nuovi come Z.W.E.I., Viola, le versioni rivedute e corrette di Patroklos e Pyrrha (ribattezzati rispettivamente “alfa” e “omega”) e LA guest star per eccellenza, signori e signore: Ezio Auditore da Firenze. Proprio su questi ultimi vale la pena spendere qualche parola in più, in quanto rappresentano un modo tutto nuovo di approcciarsi al gioco, potendo contare su uno stile fatto di rapidi assalti e attacchi a distanza (Ezio), la possibilità di poter attaccare in tandem grazie all’ausilio dello spirito lupino (Z.W.E.I.) e tendere trappole all’avversario semplicemente piazzando sul campo la propria sfera di cristallo (Viola). Nonostante sulle prime questi ultimi due non sembrino incisivi come i classici Nightmare e Siegfried (che siamo convinti riusciranno ancora una volta a dominare le classifiche vista l’incredibile potenza e gittata), siamo sicuri riserveranno non poche sorprese a chiunque abbia l’ardire di cimentarsi e apprenderne il funzionamento. Meno convincenti, invece, Alfa Patroklos e Pyrrha Omega, il primo a causa di un’eccessiva legnosità che ne caratterizza lo stile (con attacchi che prevedono costantemente il rinfodero dell’arma) mentre la seconda rappresenta solo una variante più aggressiva del personaggio di base. Infine, decisamente fuori luogo e totalmente inappropriata la presenza di ben tre (TRE!) personaggi mimo che, seppur con qualche piccola variazione sul tema, non aggiungono niente di più alla portata, anzi relegano a semplici comparse storici personaggi potenzialmente utilizzabili. Fortunatamente è sempre possibile ripiegare sul vastissimo Editor dei personaggi, che in questa nuova incarnazione raggiunge proporzioni veramente mastodontiche. Molto apprezzato anche nell’episodio precedente, la nuova modalità di creazione permette di sbizzarrirsi in lungo e in largo, con l’unica differenza che ora l’equipaggiamento non influisce più direttamente sulle statistiche. Seppur marginale, questa piccola introduzione consente di personalizzare ogni singolo aspetto del proprio lottatore, senza per questo rischiare di comprometterne la mobilità piuttosto che l’attacco o altri parametri, offrendo al giocatore un kit di creazione vasto e complesso in grado di poter realizzare sia il più grottesco dei manzi da battaglia che la più aggraziata e letale delle donzelle.

Kilik con una spada e un misterioso ragazzo scimmia con il suo bastone? Peccato che il gioco non si degni di fornirne la più ben che minima spiegazione a tutto ciò.

 

Lame critiche e novità audaci

Le novità continuano una volta scesi nell’arena, grazie all’introduzione di tutta una serie di nuove meccaniche sia offensive che difensive, mentre rimangono invariati i comandi di base, suddivisi nei classici colpi orizzontali, verticali e calci. Come da tradizione i colpi paralleli al terreno sono più ampi e permettono di colpire l’avversario in manovra d’accerchiamento, ma sono generalmente meno incisivi e di minor priorità rispetto a quelli verticali, più spesso in allungo e caratterizzati dalla capacità di “spezzare” l’attacco orizzontale dell’avversario. Infine i  calci rappresentano il giusto compromesso tra una potenza senz’altro minore e una maggiore rapidità d’esecuzione. Ad essere in parte rinnovato è, invece, la mobilità generale dei personaggi, ora in grado di eseguire un rapido spostamento laterale semplicemente col doppio tocco veloce verso l’alto o il basso, introduzione che insieme a una rinnovata velocità di gioco (più del quarto episodio e poco meno del secondo) portano gli scontri a un nuovo livello di mobilità, fatto di rapidi spostamenti e attacchi mordi e fuggi. Continuando sull’onda del rinnovamento e abbandonando completamente gli esperimenti poco felici ottenuti con la barra dell’anima (e le istant kill annesse) della scorsa edizione, Soul Calibur 5 inaugura un nuovo indicatore accanto a quello classico della vita, la “Barra Critica” (o “delle Super” per gli amici), la quale introduce tutta una serie di novità discretamente interessanti e in grado di stravolgere completamente il gameplay come lo abbiamo conosciuto sin’ora. Tale indicatore, una volta riempito, attaccando e difendendo, può essere adoperato per eseguire le cosiddette “Critical Edge” e “Brave Edge“. La prima, altro non è se non un particolare attacco tanto dannoso quanto spettacolare (con tanto di cut-scene animata in puro stile Street Figter IV) utilizzabile al costo di metà del proprio indicatore speciale. La seconda, invece, consiste nella ben più interessante possibilità di poter proseguire una combo grazie a dei colpi extra utilizzando solo un quarto della propria energia speciale. Interessanti novità riguardano anche il lato difensivo dei combattimenti, anch’esso ora succube della nuova barra speciale. Abbandonato a malincuore il sistema della parata a impatto tipico degli episodi precedenti (che prevedeva lo sbilanciamento dell’avversario effettuando una parata e contemporaneamente lo spostamento avanti o indietro), Soul Calibur V introduce la nuovissima “Guardia Reattiva” che consente di bloccare e allo stesso tempo contrattaccare qualsiasi tipo di attacco, indipendentemente dalla direzione o altezza. Di ben altra stoffa e senz’altro di più difficile padronanza è la “Guardia Perfetta”, in tutto e per tutto identico al sistema di Parry di Street Fighter III. Sostanzialmente si tratta di assorbire completamente l’impatto dei colpi avversari semplicemente premendo il tasto adibito alla guardia nel preciso istante in cui l’arma sta per colpire, permettendo al giocatore non solo di riempire il proprio indicatore speciale, ma anche di spezzare determinate combo anche una volta andato a segno il primo colpo. Senz’altro più facile a dirsi che non a farsi, la Guardia Perfetta rappresenta forse l’apice delle novità introdotte in quanto permette ai giocatori esperti di esibirsi in veri e propri numeri da maestro (chi si ricorda la mitica finale di Street Fighter dell’ EVO 04?). Nonostante sul fronte quantità nulla si possa recriminare nulla contro Soul Calibur V, è sul piano della qualità delle novità introdotte che la produzione tende a mostrare il fianco. Tecniche offensive come le sopracitate unite alla velocità di gioco aumentata hanno reso il gioco estremamente votato all’attacco e decisamente più “user-friendly” rispetto al passato. La riduzione del moveset dei vari personaggi, l’esecuzione delle tecniche speciali uguale per ogni personaggio (doppio quarto di giro in avanti più i tre tasti d’attacco), l’esecuzione totalmente automatizzata delle tecniche “Brave Edge” e della “Guardia Reattiva” (stranamente eseguibile semplicemente con i tre tasti d’attacco anch’essa) hanno infatti permesso di creare un gioco più accessibile per i neofiti, ma allo stesso tempo hanno appiattito la curva d’apprendimento e la profondità degli scontri. Nonostante questi piccoli appunti, comunque, è ancora troppo presto per potersi sbilanciare su un eventuale evoluzione del gaming competitivo, ma tanto basta a gettare qualche ombra sull’effettivo grado di sfida offerto dal gioco.

La maggiorparte delle tecniche sopra descritte iniziano tutte con un bagliore verde. Nightmare in particolare può contare su una Ultra tanto subdola quanto dannosa.

 

Transcending history and the world…

Uno Story Mode breve e poco ispirato, tutta una nuova serie di novità atte a rendere il gioco più fruibile e la possibilità di poter creare il proprio personalissimo combattente. Tutto ciò non poteva che essere teso alla trattazione dell’immancabile modalità online. Introdotta per la prima volta con l’episodio precedente, la possibilità di poter lanciare il guanto della sfida a tutto il mondo trova in qui in Soul Calibur V la sua massima espressione. In maniera diametralmente opposta a quanto abbiamo visto nell’ultimo arrivato della serie BlazBlue, l’ago della bilancia nel nuovo Soul Calibur propende in maniera quasi totale verso la componente multigiocatore. Per l’occasione Project Soul si è rimboccata le maniche ed è riuscita a mettere su un netcode sufficientemente solido e stabile, permettendosi pure di arricchire il tutto con una serie di trovate dal gusto tipicamente “social”: non solo lottatori personalizzati quindi, ma anche tutta una serie di avatar, titoli personalizzati e persino la possibilità di poter tracciare costantemente i movimenti di un massimo di tre giocatori grazie all’apposito registro dei rivali. Per quanto riguarda invece le modalità di gioco, tornano le classiche partite veloci e quelle classificate che non hanno certo bisogno di presentazioni, a differenza dell’interessantissima Global Colosseum. Vero e proprio fiore all’occhiello della produzione, il Colosseo si suddivide in una serie di lobby predefinite suddivise in base alle maggiori città del globo, al cui interno è possibile affrontare scontri casuali, classificati o semplicemente osservare e commentare le altrui sfide. Ovviamente il tempo impiegato in queste attività non sarà mai fine a se stesso, ma permette al giocatore di aumentare il proprio livello esperienza (da 1 a 99) e il proprio grado sfida (da E5 ad A1) con la possibilità di poter sfidare avversari sempre più forti e sbloccare nuovi elementi per l’editor. Alla luce di ciò, è facile intuire come la componente multyplayer sia stata la priorità più importante del team di sviluppo, strutturata in modo tale da mantenere sempre alto il tasso di sfida e l’interesse, grazie anche e soprattutto all’ottima risposta generale dei comandi durante gli scontri. Nonostante fosse impensabile escludere a prescindere ogni problema legato al ritardo degli imput online, Soul Calibur V prevede persino la possibilità di allenarsi tenendo conto della latenza che intercorre tra la pressione del tasto e la reazione del personaggio, permettendo così una maggiore fruizione dell’esperienza globale. Insomma, un’esperienza Multiplayer completa ed appagante. Eppure, nonostante tutto, permane qualche rammarico. L’assenza  totale di un’esperienza in singolo più lunga e appagante èinfatti  una lacuna fin troppo evidente, capace da sola di escludere completamente una fetta di giocatori appassionati cresciuti facendosi le ossa su esperienze come il  “Maestro D’armi” e le “Cronostorie della Spada” degli episodi precedenti. Non una dimenticanza in senso stretto, quindi, quanto più una precisa dichiarazione di intenti verso quei giocatori che fanno della competizione la propria ragion d’essere.

Cercare di ottenere la parata perfetta è una vera e propria sfida, soprattutto online. Meno male che anche in questo caso l'esaustivo e profondo Training Mode è in grado di offrire ampio margine di miglioramento

 

Barocchismi e tecnicismi

Fin’ora l’analisi ha portato ad analizzare svariati Pro e altrettanti Contro, legati a scelte di trama e gameplay audaci quanto discutibili. Tuttavia se c’è un aspetto sul quale non si discute, quello è proprio senz’altro il comparto tecnico. Fregiandosi come sempre di un motore grafico impeccabile, Soul Calibur V continua la tradizione di una serie da sempre nota per la maestosità dell’impianto visivo, potendo contare come sempre su modelli poligonali, texture e scenari di primissimo livello. Lontani dagli eccessi barocchi del quarto capitolo, è un piacere osservare come la generale resa artistica si sia fatta ora più sobria. Partendo dalla migliore integrazione di Ezio Auditore rispetto a Yoda e Darth Vader, si nota una generale tendenza a riprendere i tratti essenziali dei protagonisti con una Ivy più vestita(e meno prosperosa) e un Siegfried non più ammantato di ghiaccio. Certo personaggi come Voldo e Aeon Calcos rimangono decisamente sui generis, ma generalmente il Character Design pare aver trovato un equilibrio migliore che non in passato. Sussiste qualche dubbio relativo all’eccessiva lucidità dei personaggi e ai danni poco realistici alle arene, ma è veramente poca cosa se paragonato allo spettacolo che è in grado di offrire il motore di gioco una volta in movimento. Ottima performance anche per il comparto sonoro, come sempre in grado di incalzare i vari match grazie a un accompagnamento imponente e dinamico. nonostante non si registrino i picchi di alcuni celebri brani passati, l’accompagnamento acustico si lascia ascoltare con motivi che per certi versi ricordano i capolavori del cinema moderno del calibro dei Pirati dei Caraibi e il Signore degli Anelli.

Le nuove arene risultano tutte ottimamente caratterizzate. Peccato solo che il tempo per ammirarle sia relegato a quei secondi prima del fatidico "Fight!"

 

Il re è morto. Evviva il re!

Presentato sin da subito come un capitolo rivoluzionario all’interno della serie, l’operazione alla base di Soul Calibur V può dirsi sicuramente riuscita. “Audace” e “critico” non sono solo i due aggettivi assegnati alle nuove tecniche alla base del rinnovato equilibrio di gioco, sono una chiara dichiarazione d’intenti alla base di questo quinto capitolo. Audace perchè per la prima volta è possibile osservare uno svecchiamento quasi totale delle meccaniche alla base del gioco, non solo in termini ludici ma anche in ambito narrativo. Critico perchè comunque nonostante la necessità e la volontà di rinnovarne la linfa, qualcosa in in quest’opera di transizione è andato perduto, partendo dal background e il carisma dei personaggi fino ad arrivare ad alcune incomprensibili scelte a livello di gameplay. Paradossalmente, l’acquisto risulta più consigliato a chiunque non abbia mai avuto modo di incrociare le spade in passato e sia alla ricerca di un picchiaduro frenetico da giocare con gli amici e contro il mondo. Contrariamente, gli irriducibili conservatori, da sempre affezionati alle avventure in solitario dei propri eroi, troveranno un gioco “stuprato” e carente di quei capisaldi che da sempre hanno reso grande la serie. Tuttavia, in un panorama dove sin troppo spesso ci si adagia sugli allori protraendo fino allo sfinimento sempre la solita solfa, onore e gloria Soul Calibur per essere riuscito a reinventarsi la dove molti (compreso l’episodio precedente) avevano fallito!

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Secondo Parere
by Roberto “demon_rp” Pasanisi

Il primo impatto con il titolo come sempre risulta intriso dell’ancestrale lotta tra il bene ed il male, che qui si rispecchia nella reciproca e continua ricerca di due spade che anelano la distruzione della propria nemesi.
Il gameplay, a parte piccoli particolari tecnici, è rimasto bene o male invariato, come del resto è rimasto invariato quasi tutto il cast (cambiano alcune skin ma alla fine gli stili son sempre quelli). Apprezzabilissima la sezione per la creazione dei personaggi, profonda e completa in ogni aspetto.
La modalità Storia, anche se godibile, pecca sia in durata che come livello di sfida. Difficilmente infatti, anche se si è un giocatore alle prime armi, si potrà essere sconfitti più di due o tre volte nei vari incontri. La sezione Arcade invece rischia di soffrire del difetto diametralmente opposto. A livello di difficoltà alto, molto spesso ci si può ritrovare a dover combattere contro nemici che, appena subiscono un minimo danno, diventano divinità immortali in grado di parare ogni colpo e di schivare ogni singola presa ancor prima che il nostro cervello abbia pensato di volerla fare. Comprensibile per certi versi, ma sicuramente snervante per altri.
Si sente la mancanza di una modalità Arcade classica, dove poter seguire le vicende della trama dal punto di vista di ogni personaggio, ma ciò viene compensato da un migliore comparto online, privato dei difetti di cui soffriva il capitolo precedente.
Concludendo, nonostante piccole pecche, Soul Calibur V merita di poter essere annoverato tra i migliori picchiaduro del momento, sempre se si resiste dal dargli fuoco con l’accendino dopo il quarantaduesimo rematch contro Yoshimitsu, che dopo avervi permesso di togliergli il 96% della sua energia vitale, vi butta puntualmente fuori dal ring con un semplicissimo calcio. Solo una cosa mi lascia perplesso. Potrebbe essere un’impressione, forse perché più personaggi in alcune inquadrature sembrano stretchati in orizzontale, ma credo fortemente che Ivy sia ingrassata, e questo non va affatto bene…

Videogiocatore incallito, divoratore di film, seguace della via del Social: praticamente una vita passata a giocare, leggere e scrivere. A volte anche contemporaneamente.

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